Recensione Roll Bounce (2005)

Una delicata commedia di formazione. Un gustoso tuffo nel mondo della disco music anni '70. L'occasione di vedere un film con protagonisti afroamericani che non rubano, non spacciano crack e non dicono mai "motherfucker".

Rotelle del sabato sera

Nell'estate del 1978, a Chicago, il jam skating è di gran voga. Sulle piste di parquet delle discoteche del South Side, Xavier, meglio conosciuto come X, e la sua combriccola prendono le misure a un mondo difficile al ritmo della disco music. Tutto rigorosamente su otto ruote. E' il pattinaggio infatti l'arte in cui cercano di distinguersi inseguendo un sogno di emancipazione e di rivalsa che li porterà a scontrarsi con i più forti pattinatori dei quartieri alti, fra cui l'inarrivabile e bellissimo Sweetness.

Xavier sta attraversando una difficile crisi adolescenziale, in seguito alla scomparsa della madre. Diviso fra l'attaccamento alla sua famiglia e la voglia di affrontare il mondo a testa alta, scoprirà che neanche il suo colossale papà, un gigante buono dal sorriso triste, potrà più garantirgli le certezze che ha smarrito. Ognuno col suo carico di inquietudini, X e i suoi amici affronteranno la sfida finale a colpi di rotelle che li consacreranno signori della pista attraverso una sorta di tenero e _incantato _percorso iniziatico alla vita.

Malcolm D. Lee racconta "una storia ambientata in un periodo in cui i ragazzi potevano ancora rimanere tali, nel senso di mantenere un'innocenza autentica", con un tocco decisamente felice, sfruttando "l'opportunità di raccontare una storia meravigliosa sulla famiglia, l'amicizia, i rapporti umani e le difficoltà di crescere, e allo stesso tempo facendo conoscere al pubblico il mondo del pattinaggio come non era mai stato mostrato prima". Lo fa rielaborando con mano delicata e personale il ricco repertorio di stereotipi messi a disposizione dal cinema, dalla musica, da tutta quella cultura disco che ancora mantiene intatto il suo fascino.

L'immaginario anni '70 è sfruttato e sviscerato in molti dei suoi aspetti più esaltanti e nostalgici: i pantaloni a zampa d'elefante, le improbabili capigliature afro, i globi rotanti rivestiti di specchi, i colori acidi dei vestiti e delle carte da parati; ma soprattutto quella indimenticabile ondata di soul e funky (un continuo susseguirsi di hits, Earth Wind & Fire, Kool & The Gang, Chic e chi più ne ha più ne metta) che ancora a distanza di trenta anni continua a far agitare i corpi al suono di ogni nota.

In mezzo tanta quasi filologica grazia è apprezzabile, in quasi tutto il film, l'aver lasciato le drammatiche esperienze adolescenziali in qualche modo sullo sfondo, rinunciando a voler caratterizzare tutti i personaggi "a tutto tondo". Nella sua programmatica e gentile modestia, Roll Bounce si fa ammirare per quello che è, una commedia di formazione semplice ed educata, un gradevole spaccato di un'epoca immortalata in dozzine di pellicole, ma da un'angolatura peculiare e tutto sommato sorprendente.

Il sempre bravo James Muro (lo ricordiamo per i bellissimi panorami di Terra di confine, firmati come direttore della fotografia, ma anche per una impressionante serie di collaborazioni con registi del calibro di Michael Mann, Martin Scorsese, James Cameron, Oliver Stone, in veste di operatore di steadycam) fa un lavoro superbo, sia a livello di luci, reinventando una patina che sembra uscire dritto dritto da un telefilm dell'epoca che di movimenti e tecniche di ripresa, riuscendo a rendere in maniera coinvolgente e plastica, ma senza indulgere in confusionari artifici ipercinetici, un'attività abbastanza lontana dai canoni odierni della spettacolarità come il pattinaggio a rotelle. Rimarcabile anche come tutto il cast ci metta del suo, limitando al massimo l'uso delle controfigure nelle scene di danza.