Siamo andati sul set di Romulus con grande curiosità, ne siamo tornati carichi di stupore: quello che abbiamo visto dà l'idea di una produzione di altissimo livello, "la più ambiziosa e complessa" della nostra serialità, come confermato dalle parole di Riccardo Tozzi e la sua Cattleya, così come da Nils Hartman di Sky che ne sottolinea "l'apertura internazionale, che capita nel momento in cui sono stati annunciati gli Sky Studios, supportati da Comcast e vero power up produttivo con l'intenzione di raddoppiare gli investimenti nel settore nei prossimi cinque anni". Uno sforzo che ci è apparso evidente una volta messo piede sul set della serie, catapultati in un'altra epoca, travolti da stupore e fascino per le strutture del villaggio ricostruito sin nel più piccolo dettaglio, per confrontarci e lasciarci guidare dal cast tecnico e incontrare i tre giovani protagonisti di questa storia di sopravvivenza: Andrea Arcangeli, Marianna Fontana e Francesco Di Napoli. Ma prima di entrare nel vivo di questa nostra anteprima di Romulus, facciamo un passo indietro e spendiamo qualche parola per introdurre questa produzione.
Cos'è Romulus?
Romulus è una serie originale Sky prodotta da Sky, Cattleya, Groenlandia e distribuita da ITV, composta da dieci episodi da cinquanta minuti, le cui riprese sono in corso da inizio giugno, e dureranno per 28 settimane fino all'autunno, nell'area selvaggia di proprietà di Cinecittà che si estende dietro il parco a tema Cinecittà World. È lo stesso Matteo Rovere a guidare la produzione in veste di showrunner, oltre che regista insieme a Michele Alhaique e Enrico Maria Artale, per raccontare "l'origine del potere di Roma" e il processo che ha portato alla definizione della leggenda sulla sua creazione. Non è un caso la presenza di Rovere, al suo esordio nella regia televisiva, perché è ovvio il suo legame con il film che ha portato nelle sale all'inizio di quest'anno, Il primo re: "In realtà," ha raccontato il regista, "la serie nasce prima del film, dall'essermi avvicinato a questa materia insieme allo sceneggiatore Filippo Gravino."
L'origine del mito
Ci si muove nell'ambito del medesimo periodo storico di riferimento, confermando la scelta di girare in protolatino, ma oltre a questo "non condivide grandi legami col film, ci interessava il tema della costituzione del potere, quel momento della storia in cui qualcosa è cambiato e in cui l'ordine politico dell'occidente ha subito una modifica radicale." Insomma se il film raccontava una leggenda, Romulus cerca di raccontare la genesi di quella storia, "quei movimenti tra le trenta tribù latine del Lazio," ci spiega Rovere, "che genereranno quella che diventerà la leggenda di Romolo e Remo." Più volte a Matteo Rovere era stato proposto di fare TV, ma aveva sempre rifiutato perché voleva fare qualcosa "che fosse stimolante e sfruttasse lo spazio che la serialità offre nello sviluppo dell'orizzontalità della storia." Una sfida, come accennato in apertura, per la quale il film è stato una grande palestra, propedeutica al lavoro più complesso che li aspettava: "è stato tutto più difficile per gestire la tenuta del racconto orizzontale e per la realizzazione di scene che lette sulla carta ci spaventavano."
Un grande lavoro che è stato portato avanti sfruttando il talento del regista de Il primo re, ma con grande condivisione di intenti, come sottolineato con orgoglio da entrambi i registi che stanno affiancando Rovere in questo lavoro, con i quali è stato necessario "condividere uno stile unitario e definito insieme", con due set che in molti casi hanno lavorato in parallelo. "C'è stato un clima di scambio che porterà a grandi risultati" ha detto orgoglioso Michele Alhaique, a cui ha fatto eco Enrico Maria Artale: "di solito quando sei coinvolto in una serie devi solo andare sul set e fare il tuo lavoro, qui invece abbiamo partecipato a ogni fase della produzione e abbiamo avuto il tempo per entrare nel suo immaginario e capire quello che avremmo dovuto fare."
La ricostruzione storica
Romulus è ambientato otto secoli prima di Cristo, in un contesto ambientale per il quale è stato fatto uno scouting di mesi per individuare le giuste location, come ci ha raccontato lo scenografo Tonino Zera, già vincitore di un David di Donatello per La pazza gioia. Un lungo lavoro di ricerca, tra difficoltà e vincoli ambientali, che li ha condotti nella già citata area alle spalle di Cinecittà World, dove è stato eretto sia il villaggio che abbiamo potuto ammirare, sia il tempio di Veste che si erge sulla collina adiacente e visibile dal set principale. Un lavoro svolto in un paio di mesi, "nonostante le piogge di maggio ci abbiano rallentati", dopo sei o sette mesi di preparazione tra bozze e progetti, per dare vita a una scenografia che ha un sapore autentico, lungo oltre 400 metri e composto da una ventina di strutture di vario tipo, dalle abitazioni più elaborate all'imponente sezione di cinta muraria e i recinti per gli animali, attraversate dalla via sacra punteggiata di bracieri che rappresentano suggestivi punti luce da usare nel corso delle riprese.
Un'attenzione per i dettagli che si ritrova anche nei costumi di Valentina Taviani, tutti riprodotti da zero e, come le scenografie e gli interni delle diverse strutture, pensati per adattarsi ai protagonisti della storia. Il tutto con in mente quella "ricerca della verità, fatta con grandissimo rigore scientifico" di cui ci ha parlato anche il produttore Riccardo Tozzi e dalla quale deriva la dose di violenza e sessualità che contribuisce al realismo di un mondo primitivo e brutale. "Lo spettatore," spiega Rovere, "è affascinato dal realismo e vogliamo portarlo in una mondo reale a 360 gradi." Non sarà quindi una serie edulcorata, d'altra parte "se scegli di fare un determinato tipo di racconto," continua Nils Hartman, "devi farlo fino in fondo con coerenza", pur rispettosi dello spettatore: "l'importante" aggiunge infatti Tozzi, "è che la violenza non sia strumentalizzata o forzata. E nel raccontare un mondo così primario, ne cogliamo anche la sua purezza."
La contemporaneità nei personaggi di Romulus
Non per questo la sua storia appare lontana dal pubblico di oggi. "La serie è contemporanea," sottolinea Enrico Maria Artale, "perché i sentimenti che provano i protagonisti sono universali" e il tema della prima stagione è il loro passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Per i tre personaggi di Romulus, i tre principali attraverso gli occhi dei quali viviamo la storia, è infatti previsto un arco narrativo che subisce un'evoluzione nel corso dei primi dieci episodi: Andrea Arcangeli è Iemos, Francesco Di Napoli è Wiros e Marianna Fontana è la giovane vestale Ilia. Tre giovani interpreti, coetanei, che hanno consolidato il proprio rapporto sul set di Romulus: "non solo colleghi, ma amici" ci dice la Fontana e le fa eco Di Napoli parlando di "fratellanza anche nella realtà". Per loro una grande difficoltà è stata, come ci si può immaginare, la lingua, che pure si è tentato di rendere più accessibile per lo spettatore attento, non tanto per il tanto lavoro necessario per memorizzare il complesso testo della serie, ma nell'imparare a renderlo naturale e spontaneo, nel far proprio un modo di parlare così distante, nel trovare l'equilibrio tra arcaicità e naturalezza.
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Tre protagonisti con provenienze completamente diversi: "Iemos è un principe che viene spodestato" racconta Rovere "e dovrà cercare di riconquistare il suo trono senza sapere se sarà quello il suo destino. Ilia è una vestale nella quale si concentra un tema fortissimo della serie che è il rapporto con la religione, incarnato in un femminile dirompente che muove i fili della storia in una maniera unica. Wiros è invece un orfano, uno schiavo che viene dall'Avelia, da una città che è ai margini dell'Impero." Proprio per queste caratteristiche, Francesco Di Napoli non nasconde l'immedesimazione col proprio personaggio, "per le paure che riesce a superare." Per tutti e tre è previsto un percorso che li porterà ad avere un ruolo importante nella fondazione di questo nuovo ordine che è Roma, ma non sono gli unici interpreti della serie, per un cast ricco e articolato che vede la presenza anche di Giovanni Buselli, Silvia Calderoni, Sergio Romano, Demetra Avincola, Massimiliano Rossi, Ivana Lotito, Gabriel Montesi e Vanessa Scalera.
Dal passato al futuro
Quando si scrive una serie, ci si immagina solitamente un arco narrativo da sviluppare su più stagioni e Romulus non fa eccezione da questo punto di vista. "Con gli sceneggiatori" ha anticipato Matteo Rovere "c'è un'idea di racconto esteso, ma incrociamo le dita e speriamo di poter riuscire a fare altre stagioni." A guardare quanto fatto dal punto di vista produttivo, ad ammirare i set, il villaggio ricostruito, le mura di cinta e il tempio nei loro tanti, autentici dettagli, non possiamo che condividere la speranza dell'autore de Il primo re e incrociare le dita per poter avere l'opportunità di immergerci nell'antichità del Lazio e del nostro paese per un periodo più lungo dei dieci episodi della prima stagione. Ma per ora restiamo in attesa di accogliere Romulus su Sky nel prossimo futuro e restiamo sintonizzati per quanto di buono gli Sky Studio potranno proporre di qui in avanti, con la speranza di proseguire su un cammino di serialità italiana dal sapore internazionale sempre più forte, come quello che sembra proporre già questa produzione.
Le foto in questo articolo sono di Francesca Fago.