Come poteva aprirsi un documentario su Rocco Siffredi se non con un primo piano del membro del pornodivo sotto la doccia? Le doti fisiche di Siffredi sono note a tutti. Anche a chi il porno non lo bazzica, visto che l'attore abruzzese è un'icona mondiale del sesso. Oggi Siffredi, stanco di essere noto solo per le sue capacità amatorie, ha accettato di mettere a nudo per una volta non il suo corpo bensì la sua anima. Così si è affidato alle sapienti mani dei registi francesi Thierry Demaizière e Alban Teurlai, già autori di ritratti documentari su Karl Lagerfeld, Fabrice Luchini e Vincent Lindon, per mostrare la propria interiorità in un documentario-confessione in cui la star racconta gli ultimi tre anni di vita.
Lo sguardo si sposta più indietro nel tempo. La voce fuori campo di Rocco Siffredi ripercorre la propria storia familiare a partire dall'infanzia a Ortona. La vita in una famiglia modesta, penultimo di sei fratelli, con una madre affettuosa che lo sognava prete, la precoce scoperta del sesso e la presa di coscienza che il diavolo che aveva dentro i pantaloni non gli avrebbe permesso di passare una vita tranquilla. "Volevo essere quello che volevo essere. Volevo essere famoso", ammette l'attore. Questi propositi mal si sposano con la visione moralista di una famiglia del Sud che, di fronte al progetto di Rocco di fare il pornoattore, tenta di dissuaderlo in tutti i modi per poi isolarlo, impedendogli perfino di incontrare i nipoti. Solo la madre gli resta accanto nonostante tutto, cercando di non ostacolare la volontà del figlio e di amarlo nonostante la sua ossessione per il porno.
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La solitudine del porno
Rocco è un documentario elegante e patinato nella forma, ma doloroso nei contenuti. Siffredi viene mostrato nelle molteplici vesti di figlio, marito, padre di famiglia, attore e produttore porno. Dietro l'apparente sfrenatezza sessuale, si respira l'amarezza che accompagna l'attività del protagonista, roso da un sottile ma inesorabile senso di colpa nei confronti della moglie che lo aspetta a casa. Lo spazio dedicato al set, dove vediamo Siffredi intento a creare pellicole insieme al cugino Gabriele, suo cameraman e fotografo di scena, occupa la maggior parte del film. Siffredi mette in chiaro fin da subito che far sesso con le donne, tante donne diverse, è la cosa che ama di più al mondo. Così sceglie personalmente le attrici che lo affiancheranno e instaura con loro un rapporto di seduzione estrema, saggiandone le doti e i desideri per capire fino a che punto sono pronte a spingersi.
Che l'industria del porno non sia una passeggiata è chiaro a tutti ma il modo in cui viene dipinto il mestiere della pornostar, in Rocco, è disturbante. Siffredi si sofferma a lungo con le sue partner e dai dialoghi emerge la loro completa disponibilità a farsi sottomettere. Dietro l'entusiasmo quasi forzato vediamo donne chiamate a prestazioni estreme, doloranti, provate fisicamente e mentalmente da un lavoro sfiancante e usurante. Ragazze giovanissime, perlopiù straniere, pronte a tutto pur di guadagnare cifre importanti usando il proprio corpo. Alcune di loro ammettono apertamente di essere affette da perversioni, di non riuscire a eccitarsi senza provare dolore, e il quadro generale che ne emerge è impressionante. La scelta dei registi di non concentrarsi unicamente sulla figura di Rocco, ma di spaziare dipingendo vari aspetti dell'universo lavorativo in cui l'attore si muove, ci permette di comprendere a fondo un ambiente circondato da una curiosità morbosa, che al suo interno contiene stanchezza e dolore.
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Atto finale
Rocco Siffredi persona e personaggio. Che la spontaneità non sia la virtù primaria di Rocco ce lo lascia intendere il tono enfatico della voice over che accompagna la visione del suo membro nell'incipit del film. Pur dichiarando di non voler magnificare se stesso ma di ricercare solo la verità, il carisma di Siffredi lo pone sempre inevitabilmente al centro della scena e il pornodivo non si accontenta di essere se stesso ma decide di "interpretare" se stesso. Questo non accade solo sui set porno ma anche nei rari momenti in cui lo vediamo in famiglia, nei dialoghi con la moglie, con i figli e nelle turbolente discussioni col cugino. La personalità debordante dell'attore non ci risparmia un certo autocompiacimento, favorito anche dallo scelte registiche di Thierry Demaizière e Alban Teurlai.
Nell'ultima parte del documentario l'esaltazione del personaggio Rocco Siffredi raggiunge l'apice con la decisione del divo di girare un ultimo porno prima di abbandonare l'attività. Per la sua uscita di scena, Rocco decide di fare le cose in grande e mette in piedi una scenografia ricca di riferimenti cristologici, definendo l'opera la sua "ultima cena". Per l'occasione vediamo in azione anche due guest star come Kelly Rafford, leggendaria pornodiva inglese considerata l'alter ego femminile di Siffredi, e James Deen. Tra broccati rossi, donne nude, cinghie, croci da trascinare sulle spalle e orge, l'ultimo atto della carriera di Siffredi si consuma davanti agli occhi degli spettatori. Che poi l'attore nella realtà ci abbia già ripensato, lasciandosi aperta la possibilità di tornare sul set non appena ne avrà voglia, è un semplice dettaglio. La passione secondo Rocco è andata in scena. Il dio del sesso si è palesato in tutta la sua potenza e, come alla fine di una pièce teatrale, il sipario si chiude sulla sua performance.
Movieplayer.it
3.5/5