Recensione La bestia nel cuore (2005)

La bellezza di alcune sequenze fa perdonare un'eccessiva lunghezza, causata da alcuni rallentamenti di ritmo nella parte centrale del film.

Ritorno all'infanzia

La bestia nel cuore è quel sentimento di rabbia che si cela nei meandri più profondi della nostra anima e cova per anni fino a deflagrare improvvisamene. Il dolore che si nasconde in Sabina, giovane doppiatrice che conduce una vita apparentemente serena insieme al compagno Franco, risale ad un trauma subito durante l'infanzia che la sua memoria di bambina ferita ha completamente rimosso, ma che riemerge prepotentemente dal subconscio nel momento in cui Sabina scopre di essere incinta. Un confuso incubo notturno si trasforma allora in duplice viaggio: il primo, fisico, conduce la protagonista fino in Virginia per incontrare il fratello che si è gettato alle spalle l'Italia e tutti i brutti ricordi che essa contiene, l'altro, interiore, servirà a portare alla luce tutto il rimosso così da affrontare apertamente ogni trauma subito. Il percorso maieutico di Sabina coinvolgerà anche tutte le persone che le sono vicine mutando per sempre il corso delle loro esistenze.

Film corale che raccoglie "la meglio gioventù" del nostro cinema italiano, La bestia nel cuore è tratto dall'ultimo romanzo della regista Cristina Comencini che, per la prima volta, decide di adattare un proprio libro per il grande schermo, apportando, ovviamente, i necessari stravolgimenti di linguaggio.
Il film affronta il tema della pedofilia e delle molestie familiari con grande pudore ed una certa maturità registica; i toni si mantengono sempre adeguati alle situazioni e la pesantezza del dramma viene stemperata grazie ai brevi siparietti comici della grandissima Angela Finocchiaro ed all'esilarante parodia di una fiction che Alessio Boni (nei panni di Franco, compagno di Sabina) accetta, a malincuore, di interpretare. La bellezza di alcune sequenze, tra cui quella d'apertura nel cimitero, l'incubo rivelatore, le fughe lungo il buio corridoio della casa dell'infanzia e il drammatico confronto tra Sabina e il fratello sotto i lampi dei fuochi d'artificio, fanno perdonare un'eccessiva lunghezza, causata da alcuni rallentamenti di ritmo nella parte centrale del film.

All'interno del cast, ben diretto e molto affiatato, spicca Giovanna Mezzogiorno in una prova attoriale più asciutta ed equilibrata rispetto al suo solito. Luigi Lo Cascio, nei panni del fratello emigrato negli USA, risulta forse un po' troppo ingessato nello sforzo di dar vita ad un uomo traumatizzato che non riesce a superare, né ad esternare i propri traumi. Tra i vari ruoli sicuramente il più complesso è quello della cieca Emilia, per interpretare la quale è stata chiamata Stefania Rocca che cerca di dare credibilità ad una giovane donna omosessuale che ha perso la vista da dieci anni, ma si sforza di essere autosufficiente e indipendente. Nei panni del compagno di Sabina, Alessio Boni, forse il più incolore del cast che si limita a svolgere diligentemente il compito affidatogli senza variare mai registro interpretativo.

Movieplayer.it

3.0/5