Se avete ancora qualche dubbio sulla validità delle web series, consigliamo di mettere da parte tutte le vostre incertezze e vi prescriviamo l'assunzione quotidiana di The Pills, sketch comedy surreal-grottesca che racconta con umorismo e cattiveria attimi di vita, epifanie quotidiane, piccole e grandi tragedie di un gruppo di ragazzi in lotta per la propria sopravvivenza, abituati a dissacrare i nefasti luoghi comuni dei "giovani". Abbiamo incontrato i tre autori-attori Luca Vecchi, Matteo Corradini e Luigi Di Capua che al Roma Fiction Festival hanno presentato la seconda stagione, distribuita dalla Tao Due di Pietro Valsecchi. Previsti 28 episodi da dieci minuti, 12 per il web e 24 per la TV, ovvero Italia 1.
Con quasi tre milioni di visualizzazioni su Youtube, 23mila su Facebook e oltre 1300 su Twitter possiamo dire che il pubblico ve lo siete conquistati eccome. Com'è nato il vostro sodalizio?
Luca Vecchi: Era semplicemente un gioco tra amici, ognuno contribuiva al rilancio dello sketch dell'altro. Poi un giorno mi hanno regalato un blocchetto e ho cominciato ad appuntare le storie che mi venivano in mente; era un workshop, alla serialità non ci pensavamo proprio.
Luigi Di Capua: Le idee venivano fuori informalmente, magari eravamo dispersi in montagna, ci raccontavamo cazzate davanti al fuoco, si scriveva e si iniziava a girare.
Matteo Corradini: La cosa però stava crescendo velocemente e grazie all'incontro con Matteo Rovere e Pietro Valsecchi siamo riusciti ad adottare uno spirito produttivo. Come dire, stiamo acquisendo una certa serietà, ma senza rinunciare alla nostra natura, cerchiamo di far coesistere le due cose.
Pietro, come sei arrivato a loro? Pietro Valsecchi: Mi sono stati suggeriti da Checco Zalone che ha insistito affinché vedessi i loro filmati su You Tube. Li ho cercati, ho incontrato Matteo e ho scoperto che stavano girando la seconda stagione di The Pills; sono talmente freschi, veloci e dinamici che ho subito pensato di fare un film con loro, sarà una specie di Ecce Bombo trent'anni dopo.
Il web deve possedere una grande forza se riesce a 'rinvigorire' il cinema...Il web ti dà la possibilità di sperimentare è un grande bacino in cui puoi trovare molte cose; al momento però non ti ripaga di nulla, anzi ci mangia, e basta dire che per I soliti Idioti ho avuto circa cinquecento mila download illegali. Eppure, ci dobbiamo nutrire di nuovi linguaggi, senza dimenticare, però, che è fondamentale costruire una storia che possa arrivare a molti. Sì, internet ci salverà, mentre il cinema morirà. Se avessimo avuto la possibilità di vedere su internet Cesare deve morire dei Fratelli Taviani, il film avrebbe avuto un riscontro maggiore di quello avuto in sala, dov'è stato distribuito male.
Il fatto di arrivare in TV ha cambiato in qualche modo il vostro modo di scrivere? Luigi Di Capua: In realtà quando abbiamo iniziato a scrivere non sapevamo quale sarebbe stata la destinazione dei nostri lavori; l'unica limitazione che si siamo imposti è quella relativa ai marchi, ma abbiamo trovato il modo di aggirare l'ostacolo.
E' cambiata secondo voi la percezione e l'importanza delle web series?
Matteo Corradini: Rispondo dicendo di sì, ma a tutti quelli che fanno le web series dico di uscire da internet, di oltrepassare i suoi confini.
Luca Vecchi: E' bello che la tecnologia sia accessibile a tutti, ma può anche essere limitante.
Matteo Rovere: Web series è una definizione che non ha senso, o meglio, che indica solo lo spazio in cui certi lavori vengono proposti. Un tempo il biglietto da visita di un cineasta era il cortometraggio, magari il classico corto festivaliero che veniva visto da un centinaio di persone, oggi grazie alle web series ti confronti subito con il pubblico. Loro sono già preparatissimi, sono stati buttati in un sistema che gli ha dato subito un riscontro. E' la fortuna di questa generazione di filmaker.