Le morti di Piazza Fontana, il convoglio dell'Italicus saltato in aria, la bomba di Piazza della Loggia o le lancette della stazione di Bologna ferme alle 10:25 di quel 2 agosto 1980. La storia del nostro Paese, anche solo considerando l'arco temporale che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale arriva fino ai giorni nostri, è attraversata da una lunga scia di sangue contraddistinta dal sangue di vittime innocenti, la cui unica colpa è stata quella di trovarsi nel luogo sbagliato in anni contraddistinti dalla cosiddetta strategia della tensione e che, a distanza di decenni, non ha ancora avuto la giustizia dovuta, affossata da processi interminabili, segreti, depistaggi e coperture di facciata che rendono così simili tra di loro quelle stesse stragi delle quali continuiamo a celebrare ricorrenze che scandiscono il dolore di chi è rimasto e l'imbarazzante assenza della verità, riempita da discorsi e cerimonie ufficiali. Negli stessi giorni in cui in sala troviamo La macchinazione, pellicola con la quale David Grieco racconta una realtà ben diversa da quella ufficiale che da quarant'anni circonda l'omicidio di Pier Paolo Pasolini - ipotizzando la morte del poeta come conseguenza del suo scomodo lavoro d'inchiesta durante gli anni di piombo - un altro cineasta, Renzo Martinelli, fa rivivere sul grande schermo una delle pagine più intricate della storia italiana del secondo dopoguerra. Si tratta di Ustica, pellicola frutto del lavoro documentale del regista durato oltre tre anni e focalizzato nel tentativo di "isolare" la verità sulla strage aerea avvenuta la sera del 27 giugno 1980 che costò la vita ad ottantuno civili, le cui cause rimangono nebulose da oltre vent'anni.
Per farlo mischia la realtà degli avvenimenti storici con la finzione cinematografica utilizzando le figure di tre personaggi, pedine necessarie per ricostruire quella rete di inganni, prove rubate, piste investigative valide ma volutamente insabbiate o morti sospette che hanno contraddistinto da subito la strage di Ustica, andando ad aggiungersi alla lunga lista di tragedie irrisolte che hanno punteggiato la nostra storia. Valja (Lubna Azabal), una pilota d'elicottero che per prima si reca a Timpa delle Magare, in Calabria, sul luogo dell'impatto del MiG libico che seguiva il DC-9 con a bordo i cilivi, sposata con Corrado di Acquaformosa (Marco Leonardi), deputato del Parlamento italiano chiamato a far luce sulla strage come membro della commissione d'inchiesta istituita all'indomani della tragedia le cui strade s'incrociano con quelle di Roberta Bellodi (Caterina Murino), giornalista siciliana che ha perso la giovane figlia imbarcata insieme alle altre vittime su quell'aereo della compagnia ITAVIA che s'inabisserà, a seguito dell'impatto in volo, nelle acque della "Fossa del Tirreno".
"Una moglie americana e un'amante libica"
La pellicola, attraverso il privato dei suoi protagonisti, ricompone il puzzle cronologico di eventi scaturiti dopo l'intercettazione, sul suolo italiano, dell'aereo da caccia - di fabbricazione russa ma libico d'appartenenza - il cui ordine di abbattimento immediato avrebbe invece causato la morte degli oltre ottanta civili partiti dall'aeroporto di Bologna per non atterrare mai in quello di Palermo dove era previsto l'atterraggio a pochi minuti dall'incidente che lo fece inabissare nel Mar Tirreno, tra l'Isola di Ponza e quella di Ustica. "Sul piano finanziario è stata una vera impresa titanica. Ci sono stati imprenditori, amici e Regioni che hanno creduto nel progetto, finanziandolo, ma ho dovuto racimolare soldi in giro per l'Europa per sostenere il film. Una difficoltà non solo monetaria ma anche documentale, di ricerca", racconta il regista, "Ho avuto la fortuna di incontrare, quattro anni fa, il giudice Rosario Priore che mi diede un dischetto contenente le 5000 pagine della sua sentenza. Sono subito andato nelle redazioni dei giornali per recuperare gli articoli relativi ai primi giorni successivi alla tragedia ed ho verificato come anche Tg1 e Tg2 parlassero apertamente di collisione in volo. M sono chiesto come mai una verità del genere sia stata poi velocemente insabbiata. In settant'anni di vita repubblicana non c'è un solo episodio stragistico sul quale possiamo dire con certezza di conoscere la verità".
Ustica, nonostante i difetti rintracciabili in quella parte di sceneggiatura e regia maggiormente focalizzate sull'aspetto umano e puramente emotivo della tragedia, ha il pregio di riuscire a tratteggiare con lucidità narrativa anche i passaggi più oscuri della vicenda, facendo affiorare tutte le reti di alleanze politico/finanziarie che hanno contribuito all'impedimento dell'affermazione della verità e che Martinelli ricompone con la necessaria chiarezza, a partire proprio dal doppio gioco dell'Italia, stretta tra l'alleato a stelle e strisce e le opportune amicizie libiche convenienti sul versante economico. "Ho semplicemente riannodato i fili di un lavoro logico basato sui documenti e ho cercato di trasformare quel materiale in drammaturgia", prosegue il cineasta, "Mentre lavoravo al film, ad esempio, ho ricevuto una mail da un padre palermitano, che mi ha raccontato la sua storia legata alla morte della figlia, passeggera del DC9, e l'ho trasformato nel personaggio di Caterina Murino per questioni puramente drammaturgiche come è accaduto anche per il personaggio dell'elicotterista o del parlamentare. Molte delle frasi del film, però, sono reali e sono state pronunciate da diverse persone che ho incontrato".
"Una verità univoca"
Per Martinelli la verità di quella sera del 27 giugno 1980 combacia proprio con le ipotesi fatte da stampa e televisione nei giorni immediatamente successivi al disastro aereo: le morti di Ustica sarebbero state causate dall'impatto del DC-9 dell'ITAVIA con uno dei due caccia americani decollati per abbattere l'MiG libico accodato all'aereo civile per non essere intercettato dai radar. "Quella del film è un'ipotesi univoca dato che né la teoria del missile, della bomba nel bagno di coda dell'aereo o quella del cedimento strutturale reggono e lo affermo dopo aver attentamente analizzato e studiato, documenti alla mano, le tre ipotesi più accreditate in questi anni" sentenzia il regista che durante la conferenza stampa ha approfondito la sua tesi dando ulteriori spiegazioni su quello che verosimilmente è accaduto in quel tratto di cielo quella sera d'estate, raccontando anche delle difficoltà incontrare nel coinvolgere i più giovani alla vicenda, in una società "basata sull'hic et nunc e immersa nei propri telefoni", poco incline ad approfondire il passato: "Per le persone, specialmente i giovani, oggi, Ustica è preistoria. Decidere di fare un film come questo è la scelta di un incosciente come me. Ma si tratta della mia passione, della mia natura che mi porta ad appassionarmi alla storia e alla verità manipolata, e a farlo tramite uno strumento che conosco molto da vicino, il cinema".
Dello stesso pensiero anche due delle protagoniste femminili, Caterina Murino e Federica Martinelli, che nel film interpretano rispettivamente il ruolo della giornalista Roberta Bellodi e di sua sorella Franca. "Sono nata solo tre anni prima della strage ma nella mia infanzia associavo ad Ustica il sinonimo di tragedia senza, in realtà, conoscerlo così bene. Le prove evidenziate nel film sono così chiare che mi risulta davvero difficile non crederci e non rimanere basiti" commenta l'attrice di adozione francese alla quale si accoda la giovane interprete figlia d'arte: "Io, invece, non ero nata e per la mia generazione è qualcosa di molto indistinto. Con questo film ho vissuto in casa il processo di documentazione e anche per me il contenuto delle carte appare molto lampante".