Recensione Tres bodas de más (2013)

Il film si rivela fantasioso, a tratti parodistico a tratti sarcastico, nel prendere di mira molte delle idiosincrazie della moderna vita sentimentale.

Matrimoni, Europe e pregiudizi

Cominciamo col dire che gli Europe, in Spagna, non sono mai passati di moda. Indizio di tale assunto è la colonna sonora della scoppiettante commedia matrimoniale Tres Bodas de Mas. Sorta di Quattro matrimoni e un funerale senza funerale condito con un pizzico di Harry, ti presento Sally, il film di Javier Ruiz Caldera vede protagonista una biologa imbranata e occhialuta che non riesce a tenersi un uomo per più di un paio d'anni. Tutti i suoi ex - surfisti, trans e amanti del 'lo famo strano' - la piantano all'improvviso per poi trovare, subito dopo, l'anima gemella da impalmare. D'altronde non si può dire che Ruth non ci metta del suo. La sua smania di trovare marito è tale da spingerla ad annullarsi per il compagno mettendo in secondo piano gusti, personalità e ambizioni. Tra una festa di matrimonio e l'altra, però, l'uomo giusto potrebbe essere dietro l'angolo. L'importante è saperlo riconoscere.

Javier Ruiz Caldera fa tesoro di un filmografia sterminata sul tema della bruttina intellettuale e sognatrice alla ricerca del principe azzurro confezionando una pellicola che attinge agli elementi classici del genere. A tratti Tres Bodas De Mas ricorda, nel look, certi prodotti adolescenziali anni '90, ma il regista sa produrre guizzi di creatività che mantengono alto l'interesse nei confronti delle vicissitudini sentimentali dell'incorreggibile Ruth. Caldera fa sfoggio di una certa sottocultura tipicamente femminile, quella da fotoromanzo o rivista teen per intenderci, riuscendo a rendere con discreta verosimiglianza il punto di vista di un certo tipo di donne incapaci di stare sole. Di conseguenza il film si rivela fantasioso, a tratti parodistico a tratti sarcastico, nel prendere di mira molte delle idiosincrazie della moderna vita sentimentale (imperdibile il finale freudiano ambientato 25 anni prima). Non manca lo spazio per gag più classiche, equivoci, scambi di persona e momenti slapstick. Il regista non si tira indietro neppure quando c'è da valicare il confine del grottesco. La matrice spagnola, più colorita e sanguigna, si fa sentire nei riferimenti corporali e nelle gag a sfondo sessuale.
Alcuni di questi frammenti potrebbero essere percepiti dal pubblico italiano come cadute di stile poco in linea col tono complessivo lieve e spiritoso, ma anche in questi casi la risata è comunque assicurata. Caldera gioca facile grazie alla presenza della sua protagonista Inma Cuesta. Physique du role ideale, Inma è graziosa senza essere appariscente, è in grado di mutare aspetto a seconda delle situazioni che la vedono coinvolta ed è dotata di una notevole carica di autoironia. La sua Ruth è impegnata e scatenata, romantica e disinibita. Un'antieroina moderna che lotta per affermarsi sul piano lavorativo, ma che sa uscire a testa alta anche dalle situazioni più imbarazzanti. Al suo fianco troviamo una madre vulcanica e debordante interpretata da Rossy De Palma, asimmetrica musa di Pedro Almodovar, e una galleria di buffi personaggi maschili in cui spiccano i riccioli angelici e il sorriso irresistibile di Martiño Rivas. Qualche soluzione narrativa 'facile' e un finale non troppo a sorpresa non rovinano il godimento di una pellicola divertente e senza pretese, ma che non disdegna, tra tante situazioni improbabili, di lanciare qualche messaggio di political correctness. Scene cult e scult? Non c'è che l'imbarazzo della scelta, ma, in una soundtrack ricca di hit commerciali, a noi piace ricordare i viaggi in macchina in cui Ruth canta a squarciagola Carrie degli Europe. I nostalgici degli anni '80 non potranno non emozionarsi.

Movieplayer.it

3.0/5