Recensione Tormented (2011)

Il regista nipponico sembra essere uno dei pochi, non solo nell'ambito del cinema asiatico, ad aver intuito le potenzialità reali del 3D, e ad usare questa tecnologia in modo conseguente.

Nelle profondità del J-Horror

Il piccolo Daigo ha una situazione familiare che definire difficile è poco: sua madre è morta dandolo alla luce, suo padre disegnatore si è rinchiuso nel suo mondo di immagini e favole, e la sua sorellastra Keiko, nata da un precedente matrimonio del padre, è muta a causa di un trauma infantile. Daigo è inoltre tormentato dall'immagine di un misterioso coniglio, che inizia a perseguitarlo dopo l'uccisione da parte sua di un povero coniglietto agonizzante nel cortile della scuola. Da allora, intorno al ragazzino iniziano a succedere le cose più strane: un film visto al cinema sembra prendere misteriosamente vita e invadere la realtà, un sogno ricorrente assume toni sempre più realistici, e sembra mettere in pericolo la stessa vita del ragazzino e di sua sorella. La chiave del mistero sta forse nel passato della famiglia, e negli oscuri labirinti di una mente sconvolta da un evento drammatico.

C'è da fare un plauso a Takashi Shimizu, per un film come questo Tormented. Un plauso principalmente perché il regista nipponico sembra essere uno dei pochi, non solo nell'ambito del cinema asiatico, ad aver intuito le potenzialità reali del 3D, e ad usare questa tecnologia in modo conseguente. Tecnologia impostagli dalla produzione per il precedente The Shock Labyrinth: Extreme 3D, ma poi abbracciata con entusiasmo dal regista di Ju-On: Rancore, ed usata in modo espressivo e intelligente già in quella pellicola. Qui, il lavoro sulla profondità di Shimizu viene portato ulteriormente avanti, e siamo di fronte a uno dei pochissimi casi in cui si possa dire, realmente, che senza la tecnologia stereoscopica non saremmo di fronte allo stesso film. L'immersione nell'universo altro generato dai sogni e dagli incubi dei due protagonisti è esaltata dalla profondità, dal gusto barocco di alcune scenografie, da espedienti visivi (come quello metacinematografico in cui i due ragazzi assistono alla proiezione del precedente film del regista) per una volta utilizzati in modo non gratuito. La dimensione favolistica espressa dal film si fonde bene con l'uso del 3D, conferendo al film una notevole suggestione visiva.
I pregi di Tormented non si fermano tuttavia qui: pur appartenendo di diritto al filone del J-Horror (e pagando inevitabilmente qualcosa all'armamentario degli espedienti per spaventare che da Ringu in poi infestano l'horror asiatico) il film di Shimizu aggiunge al filone una dimensione, appunto, da fiaba che cita e rielabora, in chiave dark, la storia disneyana de La sirenetta. Una scelta che si sposa bene con le fantasiose e cupe scenografie, e con un'atmosfera in cui la paura si fonde sovente con un insolito, potente senso di meraviglia. La stessa scelta, operata dalla sceneggiatura, di porre a metà film una rivelazione che normalmente, nel genere, verrebbe invece riservata al finale, permette a Shimizu di operare un rovesciamento di prospettive e di approfondire ulteriormente la storia da un diverso punto di vista. Una scelta che, insieme all'introduzione dei toni fiabeschi e quasi fantasy, introduce nel genere delle crepe che potrebbero forse preludere a una sua auspicabile evoluzione.
Oltre a questo, chi cerca da Tormented degli spaventi non rimarrà certo deluso: anche sul versante puramente horror, il regista sembra essere decisamente in forma, e anche in questo aspetto l'uso della stereoscopia rappresenta un importante valore aggiunto. Spaventi, quelli espressi dal film che per una volta si avvalgono di una sceneggiatura scritta bene, e di un gusto visivo che sembra aver riacquistato freschezza e capacità di inquietare. Che un simile risultato potesse venire dal regista che ha riproposto fino alla nausea la stessa storia nei vari Ju-On, è certo una sorpresa, che però accogliamo in modo assolutamente positivo.

Movieplayer.it

4.0/5