La poesia degli umili, il calore della solidarietà, l'incanto del circo. Dopo la gelida compostezza di Uomini di Dio, Xavier Beauvois cambia rotta ponendosi un obiettivo assai ambizioso: raccontare l'incresciosa vicenda del trafugamento della salma di Chaplin usando lo stesso poetico linguaggio che ha reso immortale l'opera del divo inglese. Per far ciò, Beavois si addentra in un territorio spinoso creando una commistione di linguaggi e stili che mescola commedia amara a sfondo sociale, ricostruzione cronachistica e squarci lirici sul mondo del circo.
Con un tono che oscilla tra il mesto e il surreale, il regista inaugura Il prezzo della gloria focalizzandosi sui due stralunati protagonisti della vicenda: Eddy, nullafacente appena uscito di prigione dopo aver scontato una condanna per furto, e Osman, padre di famiglia con una moglie in ospedale, una figlia costretta a crescere troppo in fretta, tanti problemi economici e una rigida morale che gli impone di tendere la mano all'amico irresponsabile accogliendolo in casa sua. A interpretare i due derelitti sono Benoît Poelvoorde e Roschdy Zem, entrambi volti assai noti per chi bazzica il cinema francese, che mettono al servizio dello script le loro caratteristiche fisiche e recitative complementari.
Tempi moderni
La seriosità di Roschdy Zem fa da controcanto alla verve di Poelvoorde in un lavoro che, al di là della patina umoristica, presenta delle problematicità. L'ambizione di Xavier Beauvois lo spinge a lasciar trasparire possibili fughe narrative che il film, però, non intraprende mai. La commedia si snoda in maniera lineare concedendo spazi limitati alla risata e abbozzando atmosfere e situazioni potenzialmente interessanti senza mai approfondirle. Irrisolte le due principali figure femminili interpretate da Nadine Labaki, che interpreta la moglie di Osman costretta in un letto d'ospedale, agente drammatico della vicenda, e Chiara Mastroianni che incarna, invece, l'aspetto più favolistico nei panni di una bella direttrice di circo che ingaggerà Eddy come clown.
Nel tentativo di rivestire di una patina autoriale Il prezzo della gloria, Beauvois si concede fughe improvvise con la sua macchina da presa esplorando le acque cristalline del Lago Lemano o attardandosi in ralenty onirici volti a sottolineare la magia dello spettacolo circense. Questi guizzi si inseriscono in una pellicola dall'andamento lineare in cui a spiccare è soprattutto l'uso insistito delle musiche, a tratti debordanti, composte da Michel Legrand alternate alle melodie, riarrangiate, di Luci della città e Luci della ribalta.
L'eredità di un artista
L'altro protagonista de Il prezzo della gloria, insieme agli sconclusionati Eddy e Osman, è proprio Charles Chaplin. O meglio, la sua salma. Nel Natale 1977 l'attore si spense nella sua lussuosa residenza svizzera, buen retiro nel Cantone di Vaud. Tre mesi dopo la salma venne trafugata da due emigranti male in arnese che decisero di chiedere un riscatto scatenando una caccia al ladro senza precedenti. Xavier Beauvois trasfigura ad hoc la vicenda mantenendone inalterati gli aspetti più gustosi per piegare i fatti a fini artistici col benestare degli eredi di Chaplin. Vediamo così Eddy e Osman impegnati in improbabili telefonate contraffatte con la famiglia Chaplin e assistiamo alla discesa in campo dell'impassibile segretario interpretato da Peter Coyote, tra i momenti più divertenti del film. Il prezzo della gloria ci permette di gettare uno sguardo nella vera magione Chaplin, usata per le riprese, nel cimitero in cui l'artista fu sepolto, ma anche nel tribunale dove furono giudicati i veri ladri, mentre a incarnare la moglie dell'artista, Oona Chaplin, è la nipote Dolores. Un gioco di specchi che non può non richiamare alla mente l'essenza stessa del cinema. Seppur con tutti i difetti del caso, The Price of Fame riproduce un pizzico di quella magia e anche se non riesce mai a decollare, in uno struggente monologo finale pronunciato dall'avvocato difensore di Eddy e Osman, ci ricorda che la nostra fragilità è la stessa del goffo operaio di Tempi moderni, del clochard innamorato di Luci della ribalta o del vagabondo affamato de La febbre dell'oro. Di quella straordinaria galleria di creature deboli e impacciate che incarnano i limiti e i difetti che ci rendono umani.
Conclusioni
Una commedia dalle grandi ambizioni a cui non sempre corrisponde una pari lucidità. Si ride a tratti ricordando la vicenda del furto della salma di Chaplin tra cronaca e fiaba.
Movieplayer.it
2.5/5