Una vita particolare
La panchina è più importante della squadra titolare. Lo dice uno degli zii della sterminata famiglia di Ernesto quando, durante il canonico momento delle candeline, intima al nipote di turno di declamare la formazione della loro squadra del cuore per intero e non solo riferendosi a quei fortunati che vanno in campo la domenica. Ed è proprio dalla panchina che arriva Ernesto, uno che alle rovesciate del numero dieci, preferisce i silenziosi tormenti del mediano. Studente poco diligente, condannato dal padre a lavorare per lui come tappezziere, si innamora di Angela durante una ristrutturazione a casa di Paolo Villaggio. La sposa e per obbedire alla volontà della di lei famiglia, si fa assumere come cuoco in un asilo. Nel frattempo Moro viene ucciso dalle Brigate Rosse. Qualche tempo dopo l'Italia vince i Mondiali in Spagna ed Ernesto decide di lasciare i fornelli per fare il trasportatore. Assume Giacinto, l'amico di una vita, il ragazzino che non gli passava mai la palla, colui che lo introduce nei giri che contano. Dopo qualche anno di relativa tranquillità, infatti, Giacinto molla Ernesto per fare carriera in una non meglio identificata ditta affiliata ai rampanti socialisti. Gli anni '80 lasciano il posto a quelli del Miracolo economico, le tangenti passano, i garofani rossi non sono più di moda, sostituiti dal sorriso rassicurante di Silvio Berlusconi.
Punta in alto Giovanni Veronesi per il suo ritorno alla regia, un film, L'ultima ruota del carro, che vuole essere un omaggio sentito e sincero alla grande commedia italiana, reso da un autore che in quell'humus è cresciuto, che quei modelli li conosce a menadito, senza pretendere di esserne l'unico erede; anche perché il cinema di Veronesi è soprattutto arte dell'intrattenimento e non della riflessione. Diciamo subito che rispetto a tutta la sua ultima produzione, questo lavoro si segnala per una profondità diversa. Non crediamo si tratti solo di una coincidenza legata al fatto di raccontare la vera storia di un protagonista minore degli ultimi decenni italiani, il tuttofare Ernesto Fioretti, anche sceneggiatore del film; c'è un modo nuovo da parte del toscano nell'affrontare il materiale narrativo a disposizione, una volontà sfacciata di fare tutto per bene, per dimostrare di essere finalmente un artista maturo. Libero dall'oppressione del dover essere il re del box office, Veronesi segue l'istinto e gioca le sue carte al meglio. Pur senza strafare, la pellicola riesce ad essere compatta, divertente, ben amalgamata, in una parola, efficace. Ideato per narrare la storia recente della nostra nazione, attraverso lo sguardo di uno che non è mai contato niente, il racconto diventa subito personale e lascia solo un piccolo spazio a quei momenti chiave, che non accompagnano, anzi quasi disturbano l'evoluzione di Ernesto. Se un difetto c'è in questo film è forse l'eccesso di generosità da parte di Veronesi nei confronti del suo eroe, una simpatia assoluta, che assume quasi i contorni della venerazione e che forse cancella tutti i lati ombrosi di quest'uomo di buon cuore, per metterne in risalto quelli luminosi. Che Ernesto sia un puro, un inconsapevole protagonista della storia italiana, il regista toscano lo sottolinea per tutto il film e non permette mai che lo spettatore si allontani da lui; è un'impostazione che personalmente non ci convince fino in fondo, ma su cui possiamo sorvolare in virtù di una sceneggiatura brillante e senza cadute di ritmo, con interpreti tutti all'altezza. La naturalezza delle recitazione, la capacità di far risuonare la vera voce dei personaggi, quasi non ci fossero mediazioni, è davvero merce rara oggi e di questo va dato il merito totale al regista e agli attori, in primis a Elio Germano, supportato alla perfezione da Ricky Memphis.
Movieplayer.it
3.0/5