"Non eravamo certo sposate con degli impiegati". La voce narrante di Karen Hill, alias Lorraine Bracco, che si alterna a quella del protagonista Henry Hill, che ha il volto di Ray Liotta, ci spiega bene il senso di Quei bravi ragazzi, il cult movie di Martin Scorsese che proprio 30 anni fa, il 9 settembre del 1990, veniva presentato al Festival di Venezia, dove vinse il Leone d'argento per la miglior regia. Tratto da Wiseguy, il libro di memorie di Nicholas Pileggi, autore della sceneggiatura insieme a Martin Scorsese, Quei bravi ragazzi riannoda il filo rosso sangue di Scorsese con il gangster movie, con le atmosfere di Mean Streets, dopo che, per tutti gli anni Ottanta (da Toro scatenato a Fuori orario, fino a L'ultima tentazione di Cristo, solo per citare alcuni titoli) aveva provato, spesso con successo, altre strade. Quei bravi ragazzi riannoda un filo che, nel cinema di Scorsese, ci avrebbe poi portato altri grandi titoli, come Casinò, The Departed, The Irishman (ma anche Gangs Of New York e The Wolf Of Wall Street, se volete, possono essere considerati gangster movie). Quei bravi ragazzi è stato presentato in versione restaurata a Bologna, per Venezia Classici, che quest'anno si è svolta al Cinema Ritrovato di Bologna, e il 10 settembre uscirà in Blu-ray, nella collana di Steelbook Titans Of Cult in edizione limitata (in 3 dischi: il film in formato 4K UHD e Blu-ray, e un bonus disc in Blu-ray).
Una storia raccontata in prima persona e dal basso
Ma torniamo a Karen e alla sua frase. "Non eravamo certo sposate con degli impiegati". C'è dentro un po' tutto il senso di questo gangster movie "anomalo" (così lo definisce Paolo Mereghetti). Quei bravi ragazzi è una storia raccontata in prima persona e dal basso, quella di dei "manovali" del crimine, che non diventeranno mai Padrini. Per loro quello del mafioso è un lavoro, da fare con impegno e sudore. Solo che, rispetto ad altri lavori normali, porta più soldi, e le cose te le guadagni in modo più veloce. Henry (Ray Liotta), il protagonista, lo capisce subito, e capisce che non vuole essere come il padre, che fatica tutto il giorno per pochi soldi. Lo capisce anche Karen (Lorraine Bracco), la moglie, che, dopo qualche ritrosia, ci dice chiaramente che quello del marito, in fondo, è un lavoro come un altro. Che però porta dei benefit non da poco: il fatto di non dover fare la fila per avere le cose, il fatto di alzare un dito e avere tutto. Guardate per quante volte Scorsese indugia sulle scene al club, in cui, all'arrivo di Henry, il suo tavolo viene preso e approntato in quattro e quattr'otto e portato sempre in prima fila, davanti al palco. Henry e Karen sono consapevoli di tutto questo. Tanto che, alla fine del film, è proprio Henry a dirci, violando la quarta parete e parlando direttamente con noi: "mi mancherà questa vita". E ancora, prima di salutarci: "Vivrò la mia vita come uno stronzo qualsiasi".
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Sparare alla gente era normale
Quei bravi ragazzi colpisce proprio per questo: per le esplosioni di violenza folli calate in un contesto di assoluta normalità. "Sparare alla gente era normale, niente di strano", sentiamo dire nel film. Perché, dopo un po', anche uccidere e occultare cadaveri diventa qualcosa di ordinario, di quotidiano. Per questo, in Quei bravi ragazzi, assistiamo a momenti surreali. Pensiamo alla scena in cui, dopo aver ucciso un uomo a sangue freddo, Tommy DeVito (Joe Pesci), Jimmy Conway (Robert De Niro) ed Henry, arrivati a casa della madre di Tommy per recuperare una pala per seppellire il cadavere, si fermano tranquillamente a pranzo da lei. Oppure al racconto della prima volta in carcere di Henry: per lui diventa un mondo a parte, e tutta l'esperienza, almeno per quello che ci racconta, si riduce ai lauti pasti cucinati e consumati con i compagni di cella, mafiosi come lui.
Quei veri mafiosi sul set
Quei bravi ragazzi funziona proprio perché riesce a raccontare tutto questo, con una ricostruzione vivida, che analizza l'ambiente della mafia italoamericana quasi in maniera scientifica, attraverso, gesti, vezzi, vizi, come se fosse un documentario. In questo funziona anche grazie alla ricostruzione, fatta di colori sgargianti, fogge e stoffe vistose e un po' volgari (guardate la scena del primo incontro tra Karen e le donne della magia a una dimostrazione di cosmetici). A proposito di accuratezza, per rendere tutto più reale Scorsese ingaggiò dei veri mafiosi per farli recitare sul set. Ma a farci sobbalzare è anche un montaggio (della fedelissima Thelma Shoonmaker e James Y. Kwei) serrato, con bruschi cambi di scenario, che ci fa notare ancora di più il contrasto - ma anche la continuità - tra vita di tutti i giorni e violenza criminale, e che è scandito dal susseguirsi di canzoni sempre perfette per le scene in cui sono inserite (da Mina a The Crystals, dai Rolling Stones ai Cream e Derek And The Dominoes, fino alla My Way nella versione stravolta di Sid Vicious). A proposito, gli Stones cantano Gimme Shelter (dammi protezione, una delle chiavi dell'affiliazione a un'associazione di stampo mafioso), che, oltre 15 anni dopo, aprirà The Departed - Il bene e il male. Come a legare due film molto diversi, ma in qualche modo vicini.
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Ray Liotta, Lorraine Bracco, Joe Pesci e Robert De Niro
Ma il merito di Martin Scorsese è anche quello di aver scelto e diretto un cast in stato di grazia. Ray Liotta, occhi blu taglienti e malati, capelli impomatati, è bellissimo, un Elvis con lo sguardo del Joker. Per il ruolo erano stati presi in considerazione anche Sean Penn e Tom Cruise, ma non riusciamo a immaginare Henry con un altro volto. Lorraine Bracco, nei panni della moglie Karen, dagli "occhi grandi come Liz Taylor", non è mai stata così affascinante (guardatela nella scena in cui sveglia Henry puntandogli una pistola in faccia, ripresa con una doppia soggettiva). Per Robert De Niro, l'istrione, il protagonista assoluto di film come Mean Streets, Taxi Driver, Toro scatenato, Re per una notte, stavolta Scorsese sceglie il ruolo di Jimmy Conway, un personaggio schivo, misurato, sempre sottotono. È anche per questo che Quei bravi ragazzi è un gangster movie "anomalo". E poi c'è lui, Joe Pesci, che vinse l'Oscar come miglior attore non protagonista, è la follia, la scheggia impazzita, capace di passare dal sorriso alla violenza. La sua scena cult è famosissima. "How am I funny?", "In che modo sono buffo? Buffo come un pagliaccio? In che senso buffo? Ti diverto?" dice il suo Tommy, in uno dei primi incontri, a Henry. La scena nacque da una vera esperienza capitata a Joe Pesci: da giovane, mentre lavorava in un ristorante, disse a un mafioso che gli sembrava buffo, e lui non la prese affatto bene. Pesci raccontò l'aneddoto a Martin Scorsese, che decise di metterla nel film, ma non in sceneggiatura. Così Ray Liotta, sul set, rimase davvero sorpreso, e la forza della scena è anche in questo. Molti dei dialoghi del film sono stati improvvisati sul set. E la stessa sceneggiatura è stata riscritta dopo che, durante le prove, gli attori avevano detto alcune battute a modo loro. È anche da questi particolari che si giudica un grande film. E Quei bravi ragazzi è un grande film.