Settant'anni appena compiuti ed ancora tante storie da raccontare del suo passato, Pupi Avati ci racconta del suo nuovo film (già in post-produzione) che a tempo di record e solo due mesi dopo l'uscita nelle sale de Il papà di Giovanna fa già parlare di sé. Il regista de La casa dalle finestre che ridono ha infatti appena finito di girare nella sua Bologna Gli amici del bar Margherita (titolo svelato da pochi giorni camuffato per evitare fughe di notizie con il titolo civetta Nel tepore del ballo), una commedia sentimentale in cui rievoca sentimenti, emozioni e ricordi della sua giovinezza. Un cambio di registro per Avati, un film corale che riunisce tutti gli attori cari al regista che l'hanno accompagnato nella sua straordinaria e prolifica carriera di regista e sceneggiatore, volti noti e meno noti e anche qualche new entry femminile ad arricchire un cast capitanato dal grande Gianni Cavina e da Diego Abatantuono di cui fanno parte anche Neri Marcoré, Katia Ricciarelli, Luisa Ranieri, Luigi Lo Cascio, Laura Chiatti, Fabio De Luigi e la new entry assoluta al suo debutto il giovane Pierpaolo Zizzi che nel film interpreta Taddeo, il regista all'età 18 anni.
Un film assai autobiografico quello del maestro bolognese la cui idea nella mente del regista nacque dopo un sogno bizzarro in cui il fattorino del fornaio passava di fronte al bar (ora divenuto una tavola calda per impiegati) gridando "abbasso i busoni!" (busone in bolognese significa omosessuale). Da lì è nata l'idea di ricostruire la società maschilista di allora. Il film riapre con tono marcatamente nostalgico ma anche assai spensierato la saracinesca del passato insieme a quella del bar Margherita, il bar proprio di fronte alla casa in cui è cresciuto ed attorno al quale gravitava una curiosa fauna umana, una sorta di santuario del maschilismo che avrebbe tanto voluto frequentare ma che invece è stato costretto ad osservare dal di fuori. Ambientato nel 1954, il film ha un tono decisamente goliardico, almeno da quel che abbiamo visto dal breve teaser che il regista ci ha portato dalla post-produzione, ed è musicato dal grande Lucio Dalla, buon amico di Avati nonché suo idolo e quasi coetaneo.
Prodotto da Raicinema e distribuito da 01Distribution Gli amici del bar Margherita sarà nelle sale a partire da venerdì 3 aprile, sentite cosa ci hanno raccontato i protagonisti durante la conferenza stampa.
Che Italia racconta ne Gli amici del bar Margherita?
Pupi Avati: In questo film racconto un'infinità di suggestioni di quando ero giovane ma che non riguardano solo il 1954 bensì tutta la mia adolescenza. Racconto un mondo al quale avrei voluto appartenere quando avevo 15 anni, un'epoca in cui le giovinezze venivano sperperate con un atteggiamento di grande disinvoltura. Lo ammetto: vivo una nostalgia crescente nei confronti di quel periodo storico, vorrei tanto tornare indietro, anche solo per tre giorni, ad avere 18 anni e a vivere in quella casa di fronte al bar Margherita. E' una sorta di 'come eravamo' che esorcizza la preoccupazione per il futuro dei giovani e mi rigenera come autore.
Perché l'esigenza di tornare dietro la macchina da presa così in fretta dopo Il papà di Giovanna?
Pupi Avati: L'età rende più prolifici, la porzione di vita che hai davanti si assottiglia sempre di più ed hai come la sensazione di non aver detto ancora tutto quel che volevi dire, sento di aver ancora tante storie da raccontare. E poi avevo l'esigenza di spostare il tiro su un argomento più frivolo, mi sono lasciato sedurre da qualcosa di completamente diverso rispetto all'ultimo film, avevo voglia di raccontare la goliardia sfrenata di quegli anni, per me è una forma di igiene mentale cambiare registro tra un film e l'altro.
Dall'affetto con cui parla di questo film e dalla spensieratezza che traspare dal video che ci avete mostrato sembra quasi che questo film rappresenti il suo Amarcord...
Pupi Avati: Ho sempre parlato molto di me stesso nei miei film mentre stavolta qui parli anche degli altri, di quei modelli a cui mi sono ispirato e a cui avrei voluto appartenere mentre ne ero del tutto escluso. Quelli della combriccola del bar Margherita non erano poi così amici tra loro ma io avrei voluto comunque farne parte. Di solito questi aspetti si raccontano con cupezza e troppa malinconia, mi sembrava inutile rendere le cose troppo serie, mi divertiva scherzarci su, e spero che si diverta anche il pubblico.
Che uomini erano gli amici del bar Margherita?
Pupi Avati: Gli amici del bar avevano delle regole ferree di appartenenza, quasi un codice d'onore che nessuno poteva infrangere: niente donne né bambini dentro al bar, orari tardi, nessuna donna doveva venir prima del bar e degli amici e cose di questo genere. Riassumevano un atteggiamento così arcaico e lontano da cui però non mi vergogno di provenire. Erano degli uomini che nei confronti delle donne avevano un atteggiamento di diffidenza e di difficoltà, la donna era pur sempre il loro oggetto del desiderio ma con molte riserve su certi argomenti, quasi un elemento perturbativo del loro ambiente.
Perché hai scelto Lucio Dalla per le musiche ed hai scelto di abbandonare per una volta Riz Ortolani?
Pupi Avati: Con Lucio abbiamo condiviso le stesse emozioni in quegli anni, gli stessi ambienti. Con lui ho avuto un rapporto molto complicato perché con la sua arte mi ha letteralmente rovinato la giovinezza, ha rabbuiato tutti i miei sogni con il suo immenso talento. Poi siamo tornati ad essere amici, quando io ho imparato a suonare il clarinetto, un po' il mio strumento di vendetta. Ne ho parlato prima con Riz e anche lui concordava con me sul fatto che nessuno meglio di Lucio avrebbe potuto fare le musiche di un film come questo.
Come sono cambiati i giovani da cinquant'anni a questa parte?
Pupi Avati: Ai miei tempi i giovani erano del tutto ignorati dalla società, quelli della mia generazione sono cresciuti nell'indifferenza per questo si cercava di attirare l'attenzione degli adulti con atteggiamenti e look stravaganti, si diffondeva un atteggiamento molto deresponsabilizzato. Oggi è tutto il contrario, facciamo di tutto per impedire ai ragazzi di sperare nel futuro, i giovani per colpa nostra nascono rinunciatari prima di aver tentato, sono privi di prospettive, e tutto ciò è terrificante.
Come si sente a questo punto della carriera?
Pupi Avati: Come disse Picasso: "ci vogliono molti anni per diventare giovani". In questo momento mi sento molto libero, disinvolto come mai prima d'ora nei confronti del mezzo cinematografico che è entrato nella mia vita quasi per caso. Purtroppo neanche alla mia età posso sottrarmi alla legge dell'incasso, sei sicuro di poter continuare a fare il tuo lavoro solo se dopo il weekend ti arriva la telefonata miracolosa. La nostra libertà creativa è quasi ridotta a zero. Io sono fortunato sotto un certo punto di vista, perché il mio pubblico mi viene a vedere a prescindere, magari non è troppo numeroso ma esiste e c'è e non mi ha mai abbandonato.
Cosa significa per voi attori 'rientrare' o 'entrare' nel mondo di Pupi Avati?
Luigi Lo Cascio: Pensando a Pupi Avati i miei punti di riferimento sono più che altro televisivi, ripenso per esempio a Jazz Band (serie in 3 puntate del 1978) e mi reputo già fortunato ad aver avuto la possibilità di recitare in un suo film. Il mio personaggio è un po' pazzo, uno che si butta dalla Torre degli Asinelli con paracadute e che si lancia con la macchina negli incroci a tutta velocità, poi solo successivamente vengo a scoprire che è un erotomane e lì mi sono detto "cavolo, stavolta Pupi ci ha azzeccato!".
Diego Abatantuono: C'è sempre qualcosa da imparare quando si lavora con Pupi Avati. Mi ha scelto per questo film perché sa che io sono cresciuto nei bar a Milano, e vedo il bar un po' come una metafora della vita. Le cose che so fare oggi le ho imparate al bar. Cosa? Giocare a biliardo. So fare solo quello! (ride) Mi ricordo quando con Iannacci e Faletti andavamo al bar e poi a vedere le partite allo stadio. Ora il bar si è spostato a casa mia, vediamo le partite insieme e giochiamo alla Playstation. Pensate a quanto sono stato contento quando Pupi mi ha offerto il ruolo del leader del gruppetto.
Laura Chiatti: Nel film interpreto un'entreneuse,di spero che Pupi mi abbia scelto per altri motivi e non come nel caso di Luigi Lo Cascio ispirandosi alla persona! Scherzo, sono stata molto orgogliosa di partecipare a questo film, sono stata adottata dal gruppo e mi sono sentita molto coccolata. All'inizio ero un po' preoccupata perché pensavo che Pupi fosse un po' burbero e scostante invece l'ho adorato.