Di serie tv tratte da film, che erano a loro volta tratti da romanzi, ne è piena la programmazione. Ultimo esempio in ordine di tempo è Presunto innocente, miniserie con protagonista un nome importante del grande schermo, Jake Gyllenhaal, che ha prodotto lo show insieme a J.J. Abrams su un'idea do David E. Kelley.
Un cast stellare che coincide con un importante precedente: l'omonimo bestseller di Scott Turow è infatti già diventato un lungometraggio nel 1990, diretto da Alan J. Pakula con Harrison Ford protagonista. Come se la saranno cavata in questo nuovo adattamento? Scopritelo nella nostra recensione.
Presunto innocente, i segreti di Jake Gyllenhaal
Presunto innocente rispecchia il plot del romanzo e del film: il vice procuratore capo Rusty Sabich (Gyllenhaal) diviene il sospettato numero uno nel brutale omicidio di una sua collega, Carolyn Polhemus (Renate Reinsve). Il tutto, mentre atroci segreti vengono rapidamente alla luce e il nucleo familiare si sgretola. A partire dal rapporto con la moglie Barbara (che bello ritrovare Ruth Negga). L'ufficio del procuratore di Chicago viene quindi invaso dallo scandalo, proprio nel mezzo di una campagna elettorale per la rielezione del suo direttore. L'ossessione, il sesso, la politica, il potere e l'amore si mescolano in un turbinio di colpi di scena.
La scrittura di David E. Kelley
Si dice spesso che vita sentimentale e vita lavorativa dovrebbero rimanere separate, come in un'altra serie, Scissione, ma altrettanto spesso, soprattutto nella finzione narrativa, sappiamo che questo non accade. È ciò che succede alla vita di Rusty Sabich, i cui mondi collidono irrimediabilmente, con tutti gli indizi che sembrano dirci quanto l'uomo appaia effettivamente colpevole. Quale sarà la verità? Questa la domanda che percorre gli otto episodi della miniserie, e che lo spettatore è portato a farsi insieme agli altri personaggi: non solo i familiari del protagonista, ma anche i colleghi di lavoro, tanto quelli che lo vorrebbero incastrare (per un proprio tornaconto politico), quanto quelli che lo vogliono difendere ed aiutare in un'aula di tribunale. David E. Kelley si conferma non solo un maestro dei Legal Drama, ma anche un eccezionale autore nel mescolare il genere alle storie sentimentali e personali dei personaggi. Allo stesso tempo però in questo caso la scrittura sembra calcare un po' troppo la mano, facendo andare in overacting il cast, a partire proprio da Gyllenhaal, tra urla ed esagerazioni comprensibili visto quanto accade ai loro personaggi ma pur sempre esasperate.
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Dubbi etici e un protagonista respingente: dentro la tana del mostro
Attraverso l'invasiva regia di Anne Sewitsky e Greg Yaitanes (come se noi spettatori fossimo lì a ficcare il naso), in accordo con un montaggio sincopato e psichedelico, la serie mostra continuamente i pensieri e ricordi di Rusty, che si mescolano e confondono. Una messa in scena che non ci fa comprendere immediatamente cosa sia reale e cosa no, aumentando i nostri dubbi riguardo la presunta innocenza (appunto). Forse, anche in questo aspetto si esagera, alterando troppo le immagini, per uno spettatore che finisce per avere il "mal di mare". Anche perché si tratta di un protagonista profondamente respingente, che dietro l'aura da marito, vice procuratore e padre di famiglia, nasconde un segreto dopo l'altro, tanto da sembrare troppi per una vita intera.
Le indagini portano al processo, ma la parte interessante è piuttosto il percorso per arrivarvi. Con un dilemma: l'attesa per il procedimento legale è essa stessa il procedimento legale? Tanti i dubbi etici e morali a cui porta Presunto innocente: quanto davvero conosciamo la persona con cui abbiamo deciso di condividere una vita intera? E i nostri amici più cari? Quando finisce l'attrazione e inizia l'ossessione? Qual è il confine tra sesso e amore? E quello fra possessione e dipendenza affettiva e fisica?
Un cast per una sfida ambiziosa
Non è solo Jake Gyllenhaal a rubare la scena in Presunto innocente ma anche il resto degli interpreti fa la propria parte: Barbara è dolce e agguerrita, mentre le sue certezze vengono messe sottosopra; c'è la coppia di amici che sceglie di stare dalla parte dell'accusato ma allo stesso tempo lo guarda con circospezione (un grande Bill Camp e una sempre ottima Elizabeth Marvel); la coppia dell'ufficio della procura, composta da Tommy Molto (un Peter Sarsgaard trasformista dopo che era stato un killer in The Killing) e lo strafottente e passivo-aggressivo Nico Della Guardia (O-T Fagbenle, forse il più sorprendente del cast nel tono e nel modo di fare), che invece hanno bisogno di un colpevole a tutti i costi.
Senza dimenticare la combattuta terapista di famiglia, Liz Rush (Lily Rabe che passa anche lei dall'altra parte della barricata dopo Asylum) o la detective zelante Rigo (Nana Mensah). Kelley con questa storia vuole quindi ricordarci soprattutto quanto l'aspetto giudiziario sia legato a doppio filo con quello istituzionale, e quanto gli interessi della politica, che è pur sempre rappresentata da esseri umani, coincidano con quelli della giustizia. Quale delle due prevarrà in questa storia?
Conclusioni
Presunto innocente, ultimo adattamento del romanzo omonimo dopo il film del 1990, vede Jake Gyllenhaal prendere i panni che furono di Harrison Ford nella miniserie in otto episodi: carisma e fascino ci sono tutti, ma eccede nella recitazione, così come il resto del cast, pur ottimo e ben selezionato, e anche la regia e il montaggio risultano un po’ troppo faticosamente dinamici da seguire. Si tratta però di un interessante legal drama che solo David E. Kelley poteva scrivere, mescolando giustizia e politica, pubblico e privato, professione e famiglia, per mostrare quanto i confini che ci costruiamo da soli, fin troppo spesso diventino labili, e a volte possano rivelarsi anche pericolosi.
Perché ci piace
- L’ambiguità di fondo del protagonista.
- I dilemmi morali ed etici che la miniserie mette sul piatto della bilancia.
- Il crime che si sviluppa man mano, pieno di colpi di scena.
- Un ottimo cast…
Cosa non va
- …che però pecca di overacting.
- Regia e montaggio sono validi ma forse un po’ troppo psichedelici e sincopati.