Essere diversi non è mai semplice. Si è sempre in bilico tra due poli opposti: da una parte la fatica di non esser parte del coro, dell'essere una voce unica, dissonante, che emerge e spicca, nel bene e nel male; dall'altra si prova quella sensazione inebriante di non omologazione, di sentirsi liberi di essere se stessi, fuori dagli schemi e dalle prigioni della cosiddetta normalità.
E ci si sente inevitabilmente e incommensurabilmente soli. Perché la normalità, ce lo raccontava già Matheson con Io sono leggenda, è un concetto di maggioranza e nel non farne parte non possiamo che sentirci isolati.
Anche di questo parla Pluribus, la serie che è, ora che è finita la prima stagione possiamo dirlo, il nuovo capolavoro di Vince Gilligan. E c'è un'altra cosa che possiamo dire a ragion veduta, arrivati agli ultimi giorni di dicembre e con un'idea chiara e precisa di quello che è stato l'anno che sta finendo: non è solo il più grande successo di Apple TV, la serie più vista sulla piattaforma, ma anche la miglior serie del 2025. Un'opera che, come la sua Carol, spicca, emerge, urla con decisione la sua diversità e la sua volontà di lottare contro il conformismo di un mondo seriale tutto uguale. Per salvarci.
Carol, unica e sola
Il senso di Pluribus è tutto nelle primissime sequenze, in quella presentazione del nuovo romanzo di Carol Sturka in cui Gilligan sottolinea un punto: la protagonista è già unica e diversa dagli altri, ancor prima che il messaggio venga decodificato, che l'RNA si diffonda e renda tutti gli individui del pianeta collegati oltre che uniformati. Carol da una parte, il pubblico dall'altra, quasi sincronizzato nella sua adorazione della scrittrice, nell'attenzione, nelle reazione, nell'amore incondizionato. Come sarà per gli Altri una volta che l'umanità diventerà un'entità dalla mente condivisa, pronti ad amare la protagonista e far di tutto per la sua felicità. Carol era diversa dalla massa, unica, già da prima, e forse resta immune proprio per questo? Il messaggio è chiaro sin da subito: Carol è la nostra speranza di salvezza perché era già immune al conformismo e forse dovremmo imparare a esserlo tutti.
Superpotere o condanna? In finale della serie
Ma questo non viene senza conseguenze, senza conflitti o attriti. Ed ecco che il superpotere è anche una condanna: la Carol di una straordinaria Rhea Seehorn era e resta sola, anche se come scrittrice mascherava la sua natura per mantenere un certo contatto con il suo pubblico che dimostra di detestare. Come fa con gli Altri, che arriva a danneggiare per provare il suo punto, che manda via prima di rendersi conto di quanto la solitudine sia intollerabile portata all'estremo. Prima di capire che in fondo, anche gli Altri possono avere qualcosa da darle e che fare un passo verso di loro non serve solo a non sentirsi del tutto emarginata, ma anche a comprenderli e trovare una soluzione alla loro esistenza. Prima di capire come bilanciare i due opposti e far sì che di superpoteri si tratti, per il bene di un'umanità da salvare.
Gilligan e Apple TV come Carol: l'unica speranza
È tutto lì in questa prima stagione di Pluribus, nel capire come convivere con il conformismo dilagante, come riuscire non solo a restare se stessi e non uniformarsi a quel che non ci piace, ma anche scegliere come e quanto agire per cambiare ciò che non accettiamo. Il percorso di Carol è indicativa in questi primi nove episodi e riflette quello di Vince Gilligan in campo seriale: in un panorama di produzioni spesso sovrapponibili, che raramente puntano a stupire il pubblico quanto piuttosto a rassicurarlo, l'autore di Breaking Bad e Better Call Saul fa quello che sa fare meglio: crea qualcosa di nuovo, di diverso, di difficilmente incancellabile. Alla faccia dell'algoritmo e dell'AI che condanna apertamente nei titoli di coda di ogni episodio.
Carol come Gilligan, ma allargando il discorso anche come Apple TV che si pone come eccezione nel contesto delle piattaforme streaming, con una precisa linea editoriale che non (in)segue (non ne ha bisogno, va detto per correttezza) il pubblico ma costruisce un catalogo di qualità e valori produttivi elevati. Quello che fa Gilligan con Pluribus, senza seguire mai la strada facile ma mettendo in piedi un cammino intrigante e spiazzante, non scontato e non semplice, ma capace di conquistare il pubblico diventando la serie più vista su Apple TV. E con una seconda stagione ordinata sin dall'inizio, ancor prima di debuttare, non vediamo l'ora di essere stupiti e spiazzati ancora.