"Siamo noi che dobbiamo entrare nel tempo, non possiamo tenerlo. Noi ce ne andremo, ma il tempo resterà" affermava Pino Daniele. E stando alla commozione o alle canzoni canticchiate sottovoce durante la proiezione di presentazione del documentario dedicato all'artista, il tempo della sua musica è rimasto cristallizzato in una nostalgica memoria collettiva dalla melodia blues. A due anni dalla sua scomparsa arriva in sala, il 20, 21 e 22 marzo grazie a Nexo Digital, Pino Daniele - Il tempo resterà, docu-film evento diretto da Giorgio Verdelli la cui anteprima è prevista il 19 marzo, giorno del compleanno del cantautore, al Teatro San Carlo di Napoli.
Tre giorni per permettere a chi ha amato e ama la sua musica di ricostruire il percorso artistico di Pino Daniele dagli anni '70 fino alle sue ultime esibizioni. Immagini inedite, live e testimonianze di amici e colleghi, in un documentario che s'illumina tutte le volte in cui l'uomo in blues compare sullo schermo. È il caso, ad esempio, di un filmato privato girato in casa di Massimo Troisi nel quale si vede il cantautore imbracciare la chitarra per presentare all'amico e regista Quando, brano scritto appositamente per la colonna sonora di Pensavo fosse amore invece era un calesse. Parentesi che ripagano il lavoro di Verdelli, caratterizzato da una cura formale ed una struttura narrativa carenti di audacia e dal respiro televisivo, il cui merito risiede nel rimarcare l'enorme talento artistico di Pino Daniele e dei suoi musicisti.
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"Lui ama, non lavora"
Co-protagonisti del documentario, insieme a Napoli, sono proprio James Senese, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso e Rino Zurzolo, i musicisti di Vai mò con i quali il cantautore partenopeo tornò a suonare nel 2008 esibendosi nel concerto, ormai storico, di Piazza del Plebiscito. "Dopo la nostra esperienza iniziale Pino ne ha avute molte altre, anche internazionali. Ma trent'anni dopo ha voluto riunirci per storicizzare quel momento" ricorda Tony Esposito. "La più grande emozione la provai durante i primi concerti. Nelle prime file vedevo ragazzi e ragazze che piangevano", ribatte poi James Senese, "La forza delle composizioni di Pino era uguale al sentimento che ci mettevamo nel suonarle. Avevamo già tutti una nostra storia professionale ma abbiamo deciso di seguirne una comune". Nel documentario, inoltre, c'è spazio anche per le testimonianze di altri colleghi del musicista, da Stefano Bollani a Massimo Ranieri, che hanno voluto omaggiare o raccontare il loro rapporto personale con la musica dell'artista. Come nel caso di Ezio Bosso che ha chiesto espressamente di poter partecipare al progetto. "Eravamo nella fase finale della lavorazione", ricorda il regista, "Quando ho ricevuto questa telefonata inaspettata e ci siamo precipitati a filmare".
"Esisto grazie a voi"
Un lavoro che nasce da "Unici", puntata del programma Rai dedicato a Daniele e del quale Giorgio Verdelli è stato autore. "Devo ringraziare la famiglia di Pino se ho potuto realizzare questo documentario", sottolinea il regista, "Ho avuto un assoluto sostegno da parte dei suoi figli che ci hanno aperto gli archivi. Conoscevo bene la prima parte del suo percorso artistico, dal 1972 al 1993, mentre Alessandro Daniele, consulente artistico e musicale, mi ha aiutato per la seconda. Ci siamo integrati". E proprio la musica, ascoltata o suonata da Pino, è il centro del documentario. "Ho scelto di utilizzare quasi tutti brani live perché quella di Pino Daniele è stata la più grande band italiana di tutti i tempi", continua Verdelli, "Tutti i pezzi sono montati in tonalità. Ho rispettato la loro musica scegliendo dal repertorio di alcuni concerti, come quelli di Pescara e Novi Ligure, perché mi piacevano molto quelle versioni. Ho evitato il troppo noto così come accenni biografici stretti. Il mio è stato un discorso improntato sulla musica che mi ha guidato durante l'intera lavorazione".
Ad accompagnare lo spettatore attraverso le varie tappe musicali che hanno scandito la carriera del musicista troviamo Claudio Amendola. "Ho iniziato a tremare di felicità quando Giorgio mi ha chiamato" racconta l'attore e regista romano, "Mi considero uno dei suoi più grandi fan. Da ragazzi facevamo il tifo per lui e la sua band. Come una squadra che ha sempre perso e che finalmente aveva fatto campagna acquisti. Quella loro nota blues per noi è stata una nota di orgoglio". Una scelta solo apparentemente inusuale quella voluta da Giorgio Verdelli e che si "risolve" proprio in virtù della capacità della musica del cantautore di oltrepassare qualsiasi confine geografico. "Nel '77 ero un'adolescente. Ricordo di aver messo, insieme ad alcuni amici, dei soldi in un jukebox a Fregene e quando è partita 'Na tazzulella 'e cafè siamo impazziti" continua emozionato Amendola, "Pino Daniele è l'artista del quale ho comprato più musicassette e cd nella mia vita! È stato un ponte per tutti i non napoletani. Un 'indiano' che ci ha raccontato odori e colori di Napoli".