Piedone - Uno sbirro a Napoli, intervista agli autori: “Abbiamo attualizzato l’icona e le sue storie”

Un lavoro di attualizzazione importante, partendo dal cult di Bud Spencer per realizzare la serie moderna che vediamo su Sky Cinema e NOW. Ce ne parlano gli autori, da Peppe Fiore a Giuseppe Pedersoli, fino al regista Alessio Maria Federici.

Alessio Maria Federico con Salvatore Esposito sul set di Piedon

Entriamo nella stanza della nostra intervista agli autori di Piedone - Uno sbirro a Napoli ed esprimiamo subito la nostra sorpresa, mentre aspettiamo che tutto sia pronto per registrare. Sorpresa e un pizzico di stupore, non perché non credessimo nelle capacità dei nomi coinvolti, dal regista Alessio Maria Federici allo sceneggiatore Peppe Fiore passando per Giuseppe Pedersoli, figlio di Bud Spencer, ma perché l'avevamo considerata un'operazione rischiosa e delicata sin dall'annuncio.

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Salvatore Esposito sul set della serie Sky

Eppure il team di Sky Studios, con Wildside e Titanus, è riuscito in un'impresa non da poco: realizzare una serie moderna, un crime con una spruzzata di commedia, impreziosita dal nome di Piedone e non semplice remake di quello che è stato un mito, un simbolo. Una serie in quattro episodi, praticamente quattro film, che trovate su Sky Cinema e in streaming solo su NOW.

Attualizzare il mito di Piedone

Punto di partenza della nostra chiacchierata proprio il mito di Piedone, un'icona che ha accompagnato la generazione di chi scrive e quelle successive: "l'esigenza da cui siamo partiti tutti" ci ha detto Peppe Fiore, "è stata quella di attualizzare. Sarebbe stato stupido e irrealistico raccontare un poliziotto che colpiva gli avversari con pesci suggerati, che non sanguinava, a cui non venivano lividi, non venivano bernoccoli e si rialzava come se nulla fosse." Un supereroe, nel senso che diamo oggi al termine, come ci ha detto anche Salvatore Esposito che lo interpreta nella serie.

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Salvatore Esposito è Vincenzo Palmieri

"Nel contempo avevamo la necessità di raccontare una fisicità, una modalità di rapportarsi con il mondo che fosse consimile, quindi, tra virgolette, abbiamo preso tutto quello che si poteva prendere, l'umanità di Piedone, il contesto di una città trasversale, ricca di contrasti" per modernizzare il concept di partenza. Nella scrittura, così come nella regia, come ci ha detto Federici: "ho distaccato volutamente tutta la modalità di ripresa, tutto lo stile di ripresa rispetto a quello che c'è di action, per cercare di dare una spettacolarità che fosse leggermente più moderna, ma abbastanza simile a quello che avevamo visto."

Un nuovo protagonista

Un lavoro specifico è stato fatto sul protagonista, ovviamente. "Quando realizziamo serie originali, quelle che partiamo da zero, partiamo sempre dal protagonista, dalla sua costruzione. Qui ci siamo basati sul mondo dei valori del Piedone originale: da una parte l'umanità, dall'altra i silenzi, questa sua vena blues che fa parte del personaggio originale, ma allo stesso tempo una enorme empatia, sia verso le vittime dei crimini che in qualche modo anche l'umanità multiforme che abita e che vive la città. Quindi anche questo suo saper avere a che fare con tutti, mettendosi alla pari."

Ciò fatto, però, è stato importante il passo successivo: "ce ne siamo dimenticati" ci ha detto Peppe Fiore, "ci siamo concentrati sul costruire dei gialli che fossero solidi, delle storie che funzionassero, dentro le quali quel mondo di valori del Piedone originale potessero muoversi attraverso il nostro Vincenzo Palmieri."

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Salvatore Esposito con Silvia D'Amico in una scena di Piedone

E questa transizione non ha infastidito il figlio Giuseppe Pedersoli: "Paradossalmente io ho sofferto meno di tutti gli altri la transizione dal vecchio Piedone di Bud Spencer al nuovo personaggio dell'Ispettore Palmieri a Napoli oggi. Primo perché Salvatore Esposito ha le capacità di essere protagonista indipendentemente da qualsiasi richiamo ad altri film, ad altre atmosfere. Secondo perché invece il taglio della serie, sia nella regia, nell'atmosfera, nella fotografia, nell'ambientazione, danno una visione molto attuale, molto diversa da quella degli originali e quindi diciamo che il richiamo a Piedone è un valore aggiunto, ma la serie funziona anche a prescindere da quello."

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Muoversi nella Napoli di oggi

Ci si muove ovviamente a Napoli, ma non è la città da cartolina che vediamo altrove, né quella della criminalità che è spesso raccontata. C'è un'attenzione ai dettagli che Alessio Maria Federici ci spiega: "Ho passato dai 25 ai 32 anni a raccontare l'Italia con la 500, la Vespa, il mandolino, i panni stesi e l'inquadratura della pizza che sollevi il strancio e fila. E questa roba mi ha aiutato, da un punto di vista prettamente tecnico, anche a capire l'importanza dell'inquadratura all'interno del racconto, a contestualizzare con delle immagini giuste quello che stai raccontando." E questo gli ha permesso di prendere la distanza da quelle logiche, ma di saperle sfruttare per mettere in scena quello che più gli interessa: "Io devo impaginare le emozioni che racconto."

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Salvatore Esposito nella Napoli della serie

E per farlo ci si è dovuti allontanare dai panorami più classici della città: "È una città così ricca di contrasti che raccontarla attraverso lo stereotipo toglieva in realtà quello che è il nostro quarto protagonista, cioè la città di Napoli. È stata veramente piacevole inquadrarla la mattina senza trucco, aprendo la finestra e di colpo, boom, questa è la luce e questo è."

Questione di format

Piedone - Uno sbirro a Napoli ha il format consolidato di molte delle produzioni Sky Studios, dal BarLume a Petra, di episodi che sono dei film. È stata una scelta presente sin dall'inizio? "È stato uno dei punti di partenza" ha spiegato Peppe Fiore, "perché ovviamente il formato condiziona in maniera radicale poi il tipo di scrittura che tu metti in campo sulla serie. E noi siamo grandi fan di questo formato perché ti permette di esplorare molto."

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Fabio Balsamo e Salvatore Esposito

Un approccio alla scrittura che Federici ha fatto suo anche nella messa in scena, dando importanza a un approccio cinematografico per la serie. "Una volta letti tutti i copioni, ho deciso di approcciarla come se fosse un film di 320 minuti, perché la storia orizzontale ha un suo peso e spessore e il racconto è concentrato in un intervallo di tempo molto corto e ben definito. Ci ha permesso di non entrare in quelle che sono le dinamiche di routine della serialità, con un cappello introduttivo, un corpo o svolgimento, con delle dinamiche di definizione dei personaggi che ogni volta portano via molto tempo. Avevamo un contesto unico che ci accompagnava per 320 minuti e la forza della storia orizzontale di Palmieri."