Tra il ritardo degli attori protagonisti, a causa di uno dei tanti scioperi che nei giorni scorsi ha immobilizzato la capitale, e le espressioni colorite del regista Alex Infascelli ha preso il via la conferenza di Piccoli crimini coniugali. La diatriba amorosa di una coppia di coniugi alle prese con un'amnesia temporanea o presunta tale, vecchi rancori e nuove insicurezze non ha entusiasmato particolarmente i giornalisti presenti. Ma Sergio Castellitto e Margherita Buy hanno difeso a spada tratta la loro scelta di girare un film così atipico, senza alcuna garanzia di successo, né di guadagno. Infascelli, dal canto suo, ci ha tenuto a precisare che, nonostante il parallelo con la serie tv In Treatment, le riprese del film tratto dal best-seller di Eric-Emmanuel Schmitt sono terminate prima.
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L'amore ai tempi del rancore
Quando si domanda a Sergio Castellitto di descrivere uno dei suoi ruoli, a prescindere dalla qualità del film, non si può non rimanere affascinati dalla sua dialettica, dalla ricchezza del suo linguaggio e dalla passione con cui la esprime. Anche nel caso di Piccoli crimini coniugali non è stato da meno. "Esistono molti modi per definire questo racconto: l'amore ai tempi del rancore, del rimpianto, del non accontentarsi del fatto che l'amore sia finito. Questa coppia è come reduce da una guerra, si ritrova in questa casa che ha le sembianze di un mausoleo, quasi a rappresentare la tomba del loro amore. Forse è un ospedale, forse la casa degli orrori di un luna park, forse la Casa del Grande Fratello. È raggelante. Noi siamo stati gli attori giusti perché non abbiamo rinunciato a quel gelo pur consentendo un disgelo, una sostanziale umanità. Mi sento di dire che si è trattata di una bellissima performance recitativa e di regia. Piccoli crimini coniugali è un thriller coniugale, un'indagine su un uomo che assume degli atteggiamenti ancestralmente più femminili e viceversa. Magari faremo un sequel". E aggiunge: "Ci vuole coraggio a produrre un film del genere, non sulla cupezza ma sulla drammaticità delle relazioni umane oggi in un cinema italiano disseminato di film comici deprimenti. Perché si dovrebbe vedere questo film? Perché negli affari di questa coppia ci sono quelli di tutti noi".
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La coppia, le maschere e il patibolo quotidiano
Reduce dal successo del documentario S Is for Stanley, Infascelli non poteva che dedicarsi ad una materia altrettanto stimolante. "Chiunque faccia il mio mestiere sa che ha la possibilità di studiare gli argomenti, approfondirli, metterli in scena e osservarli direttamente, un po' come si fa con gli animali. In questo caso l'occasione era ghiotta perché sono pochi i testi che raccontano la coppia in modo così teatrale. Siamo abituati ad un cinema che tende al naturalismo o al fantastico. In ogni relazione amorosa si scelgono dei personaggi che nel corso del tempo diventano nostri co-autori e co-abitanti nelle nostre case. Durante le nostre relazioni dobbiamo scegliere quale maschera indossare. Questo testo aveva molto a che vedere con il mio modo di vedere la coppia".
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Oltre alla regia e al montaggio il cineasta romano ha curato anche delle musiche del film, suoni molto ritmati, quasi tribali. "La percussione che si sente all'inizio per me simboleggia il battito del cuore, le ossa che si rompono, le porte che sbattono. I tamburi somigliano a quelli di guerra, quasi accompagnassimo la coppia al suo patibolo quotidiano".
L'anti Bergman
Infascelli è ovviamente soddisfatto per essere riuscito a coinvolgere nel progetto due attori del calibro di Margherita Buy e Sergio Castellitto. "Di Margherita conosciamo il suo essere psicotico, il suo essere una foglia al vento e invece è una roccia. Sergio sembra forte e invece è un uomo tenero. Da grandi attori quali sono mi hanno guidato nella loro direzione. Spesso sul set le gerarchie si perdono e con loro invece questi limiti sono stati chiari da subito". La Buy, con la solita aria stralunata, si è detta felice di interpretare "un personaggio tanto complesso e affascinante, una donna con delle velleità artistiche alle quali ha rinunciato per stare vicina ad un marito che ama e dal quale teme di essere abbandonata". Altro elemento essenziale di questo film realizzato in soli 14 giorni è senz'altro la claustrofobia, legata alla coppia e alla sua solitudine. "Mi sono innamorato della teatralità di questo film, che anche quella di cui sentiamo l'esigenza quotidianamente, quasi sperassimo di avere sempre un pubblico dinanzi al quale esibirci", ha dichiarato Infascelli, "la rappresentazione per me era il modo più puro per non cedere alla tentazione di riprodurre la realtà. Mi piacerebbe essere considerato un anti Ingmar Bergman".