Recensione Piano 17 (2005)

Metti un buon soggetto di genere, buoni registi, dei bravi, giovani e volenterosi attori, una coraggiosa casa di distribuzione e un investimento minimo, senza troppi rischi per nessuno, ed ecco un film piccolo ma ottimo.

Piano 17 - Operazione autoprodursi

Non nutrivano grandissime aspettative per il nuovo film dei Manetti Bros, girato durante l'estate a Roma e distribuito dalla Moviemax, e invece...
Invece ecco un film italiano di cui essere, per tante ragioni, orgogliosi. Innanzi tutto per i metodi produttivi: ovvero un' autoproduzione che non sfigura affatto di fronte a progetti più dispendiosi. Piano 17, oltre ad essere il piano a cui dovrebbe recarsi l'ascensore del film che inesorabilmente si blocca con una bomba a bordo, è infatti anche una strategia. Falliti tutti i piani dall'uno al sedici, ecco il diciassettesimo piano che i Manetti Bros. ed i loro compagni d'avventura sembrano saper attuare molto bene. Nell'odierno panorama produttivo e cinematografico il piano 17, quello che paga e appaga di più, l'ultima risorsa e la più coraggiosa, è l'autoproduzione.

Metti un buon soggetto di genere che tenga ben d'occhio alcuni degli insegnamenti di Hitchcock, dei buoni registi, dei bravi, giovani e volenterosi attori, una coraggiosa casa di distribuzione e, per ognuno, un investimento minimo, senza troppi rischi per nessuno, ed ecco un film piccolo ma ottimo. Ottima la sceneggiatura, affatto scontata. Ottimi davvero i dialoghi, affatto banali, cosa sempre più rara al cinema. Ottima la tensione, che non cala mai, anche grazie ad un montaggio intelligente e coinvolgente. Ottimo l'intreccio che non lascia nulla al caso e che lascia collegare tutti i fili con naturalezza e sorpresa. Ottimi i personaggi, finalmente non tagliati con l'accetta, sfaccettati, credibili, intriganti: delle simpatiche carogne molto ben interpretate. Un attore per tutti: Giampaolo Morelli, protagonista del film, che figura anche tra gli sceneggiatori ed i produttori. Il tutto arricchito dall'amichevole partecipazione di Massimo Ghini, in un ruolo breve ma intenso, e da un simpatico e godibile cammeo di Valerio Mastandrea
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Vorremmo nominarli tutti, in realtà, gli interpreti del film e di ognuno vorremmo ricordare un segno, un particolare, per rievocare una scena, perché tanti sono bravi e ogni scena, per qualche ragione, merita d'esser ricordata: i significativi sguardi di Giuseppe Soleri alla fermata dell'autobus, quel modo che ha Elisabetta Rocchetti di fumare una sigaretta sulla terrazza dell'ufficio mentre parla con lo stronzo, le simpatiche ire di Borgia (Antonino Iuorio), gli sguardi mefistofelici di Enrico Silvestrin, il bel dialogo tra Morelli e Ghini, le due facce di Morelli, quella dei sorriseti beffardi col chewingum sempre in bocca e quella dello zio affettuoso e del fratello devoto.

Piacevole conferma insomma quella dei Manetti Bros. A cinque anni da Zora la Vampira e dalla sceneggiatura di Il segreto del giaguaro e dopo molta tv Antonio e Marco si ripresentano con un film piacevole e coraggioso che si muove con compiutezza nel cinema di genere, non esente da difetti e problemi ma godibilissimo nel suo complesso. I riferimenti sono tanti ed anche ambiziosi, ma non lo paragoneremo a nessuno di essi: né a Collateral, né a Scarface, per non generare aspettative fuorvianti e perché possiate esser voi a cogliere i rimandi, volontari o meno, di quest'operazione che speriamo, oltre ad avere un successo meritato, faccia fiorire altre ed altre iniziative di questo genere, per un cinema italiano sempre meno immobile, sempre più attivo, sempre meno stanco, più fiducioso e giovane e soprattutto coraggioso.