Dopo aver interpretato la giornalista e attivista Gloria Steinem in Mrs. America, Rose Byrne torna in tv con un altro ruolo che esplora l'evoluzione femminile. In Physical, serie in 10 episodi creata da Annie Weisman, disponibile su Apple TV+ dal 18 giugno, è invece Sheila Rubin, ex femminista e studentessa di Berkeley che ha abbandonato gli studi di genere e la danza per sposarsi e costruire una famiglia.
A quarant'anni Sheila è una bomba di insoddisfazione pronta a esplodere: il senso di frustrazione la porta a diventare ossessionata per il proprio peso, che controlla non mangiando, finendo per sviluppare un disturbo alimentare. Le lezioni di aerobica sono l'unico momento in cui è felice: in quella stanza con gli specchi alle pareti, stanca e sudata sente di avere il controllo di se stessa.
Siamo negli anni '80 e l'industria del benessere sta per esplodere. Così come i sentimenti autodistuttivi di Sheila, di cui possiamo sentire i terribili pensieri. Abbiamo parlato della serie, che mette al suo centro il copro delle donne, con la sua protagonista, Rose Byrne, qui a una delle migliori prove della sua carriera.
Physical e la rabbia
Come hai usato la rabbia di Sheila? Può essere un'emozione distruttiva, ma in questo caso è la fonte della sua forza.
Quando incontriamo Sheila è un momento cruciale della sua vita: è un momento di rottura. Questa serie è ambientata 40 anni fa e con Annie Weisman, che ha creato e scritto la serie, abbiamo parlato molto di come nelle donne di allora cose come la rabbia, la fame, il desiderio sessuale fossero considerate non attraenti. Dovevano nascondere queste pulsioni. Sheila è proprio l'esempio perfetto di qualcuno che ha seppellito talmente tante cose dentro di sé da ammalarsi.
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Cosa hai pensato quando hai letto la sceneggiatura la prima volta?
Mi ha preso, intrigato, messo a disagio ma anche fatto ridere. Annie Weisman è volata a Toronto, dove stavo girando Mrs. America, e abbiamo avuto una lunga conversazione. Non facevo una serie tv con un personaggio fisso dai tempi di Damages, che risale al 2007. So quanto impegno e tempo richieda, gli orari sono molto rigidi. La storia mi ha conquistato e ho detto sì.
Physical: dark humor
I pensieri di Sheila, che possiamo sentire, oggi potrebbero descrivere il nostro rapporto con i social media, in particolare Instagram. Come ci hai lavorato?
Mi hanno messo a disagio! È un personaggio che mette a disagio: ha un rapporto molto duro con la condizione umana. Sheila quando la conosciamo è molto malata. Ma la sua situazione evolve e, nonostante sia molto dura con se stessa e con gli altri, alla fine riusciamo a capirla. E questo succede per tutti i personaggi: Annie ha descritto una rosa di diversi comportamenti umani inclini al compromesso. È molto onesta nel descrivere le persone: per questo è divertente. Anche se a volte la serie è davvero cupa.
L'umorismo di Sheila è davvero dark: come è stato sorridere fuori e dentro invece essere così cattiva?
È tutta una questione di apparenze: all'esterno sembra perfetta, invece dietro la superficie c'è una persona estremamente distruttiva. È intrappolata in un matrimonio disfunzionale e la maternità non le dà soddisfazione. Non vede un futuro, è bloccata. Nonostante negli anni '70 fosse una femminista: ha studiato a Berkeley, era un'attivista. Eppure si è ritagliata un ruolo da non protagonista nella sua vita. Cerca quindi di trovare una via di uscita e la sua è l'aerobica. È una fuga divertente, ma è quella di Sheila.
Definiresti Sheila una villain?
Per Annie è una storia molto personale: è stata lei il mio punto di riferimento. Sheila è un'antieroina: mente, scava dei buchi sempre più grossi dentro di sé, a volte si sente inutile. Come per ogni villain, dipende tutto se fai il tifo per loro o no: il confine tra capirli e disprezzarli è sottile. In un personaggio femminile questo è ancora più difficile: ancora oggi queste caratteristiche in una donna non ci piacciono. È stato molto interessante interpretarla.
Physical e il femminismo
Dopo Mrs. America hai girato Physical: cosa hai capito del movimento femminista girando queste due serie?
In effetti sembra quasi che io lo stia seguendo quasi in ordine cronologico. È come se queste serie fossero legate: Mrs. America parla del movimento femminista negli anni '70 e Sheila è figlia di quel movimento. Quando la incontriamo però si è disfatto: Reagan è diventato presidente. Quella degli anni '80 è una generazione edonista, che ha pensato soprattutto a se stessa. Mrs. America mi ha insegnato molte cose: pensavo di conoscere il femminismo e la storia, invece abbiamo dimenticato come il movimento abbia influenzato le donne dell'epoca. Negli anni '80 invece tutto si è fermato: le donne erano frustrate e stavano cercando di capire come poter partecipare alla conversazione, come poter ottenere un posto di potere. La cosa cruciale era l'indipendenza economica: a quale prezzo? Hanno dovuto mettere in discussione tutti i loro valori.
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Il corpo delle donne è il fulcro della serie: quanto è importante parlarne e con il giusto sguardo?
Sì la serie parla di questo. Un altro tema è il desiderio di essere visti e allo stesso tempo di non esserlo. La serie parla della complessità del corpo delle donne. La serie lo esplora e ce lo mostra: attraverso le lezioni di aerobica e nella sua trasformazione, in particolare attraverso il personaggio di Bunny, interpretata da Della Saba, che è la forza giovane della serie. È una donna d'affari coraggiosa e sexy. Annie teneva molto a cominciare questa conversazione: ognuno di noi può avere un rapporto davvero difficile e distruttivo con il proprio corpo. È una cosa precedente ai social media: forse il rapporto complicato che abbiamo oggi con i nostri corpi è cominciato proprio negli anni '80. Molte donne in quegli anni hanno fatto successo proprio sfruttando il rapporto con il corpo, come Jenny Craig. Era un modo per diventare indipendenti economicamente. L'industria del benessere è diventata un impero. Oggi è saturo. Allora l'esercizio fisico era un lusso, non era qualcosa che si fa normalmente. Oggi lo possono fare tutti.
Come ti sei avvicinata alla recitazione?
Un amico di mia sorella faceva parte di una compagnia teatrale, che esiste ancora in Australia, e lei mi ci ha portato. Ha solo sei anni più di me e quando mi ha portato lì quel mondo mi è piaciuto. Ormai la recitazione fa parte di chi sono. Quando ero piccola ero timida e recitare mi ha aiutato a trovare fiducia in me stessa. Cercavo anche dispersamente attenzione. Entrambe queste cose hanno contribuito a farmi amare la recitazione. Avevo otto anni e mi ricordo che mi sono divertita moltissimo.