I legami di sangue sono impossibili da sciogliere: per quanto si cerchi di elevarsi e valutare il mondo attraverso la lente della razionalità, le relazioni con i nostri consanguinei, sia che siano presenti, sia assenti, influenzano inevitabilmente la nostra vita e la nostra formazione. È per questo che quando Maureen (Kristen Stewart) perde improvvisamente, per infarto, il fratello gemello - con cui condivide non solo il DNA ma anche la stessa malformazione cardiaca e l'insolita capacità di percepire delle presenze -, il suo mondo cade a pezzi, così come la sua anima, frantumata in tanti riflessi di se stessa, che non restituiscono più un'immagine chiara e univoca.
Personal shopper di Kyra, una celebrità che non vede quasi mai, Maureen è confusa dal mondo sfavillante della sua datrice di lavoro e la solitudine in cui vive, un buio interiore che contrasta con il luccichio degli abiti costosi che sfiora soltanto. Più Maureen compra abiti e gioielli per Kyra, più la sua identità vacilla: indossare i vestiti di un'altra non aiuta, restituendole un'immagine che ancora una volta è diversa da sé.
Il suo smarrimento prende il sopravvento quando crede di percepire la presenza del fratello: nello stesso momento un mittente sconosciuto comincia a tempestarla di messaggi sul cellulare, mettendo a dura prova il suo cuore già malandato. Chi è che la sta contattando? Il fratello dall'aldilà? Qualcuno che sta facendo uno scherzo macabro? O un pericoloso killer?
Assayas tra thriller, fantasmi e perdite d'identità
Come già nel precedente film, Sils Maria, in cui Kristen Stewart è l'assistente personale di un'attrice famosa interpretata da Juliette Binoche, in Personal Shopper il regista Olivier Assayas racconta una storia di ricerca d'identità, in cui l'io della protagonista è sfuggente e riflesso in diverse superfici, che siano vetri, specchi o schermi di cellulari, che non si limita a seguire semplicemente la protagonista, ma diventa in prima persona un'ulteriore immagine di lei. Thriller psicologico, horror, dramma, la pellicola stessa ha un'identità complessa e multiforme, che non prende mai una direzione precisa, proprio come Maureen, finendo per chiedersi insieme alla sua protagonista: "Sono io?", in un gioco di specchi in cui la totale libertà creativa è l'unica presenza davvero certa.
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Affascinante ed interessante nelle intenzioni, nella realizzazione il film non è purtroppo all'altezza delle proprie ambizioni, soprattutto a causa di un finale confuso e frettoloso, che inanella una serie di scene involontariamente comiche ("il fantasma" che prende l'ascensore, il bicchiere), nonostante diverse sequenze siano invece di grande impatto (su tutte quella della vestizione della protagonista).
L'interessante percorso di Kristen Stewart
Contrariamente a quanto dicono i suoi numerosi detrattori, Kristen Stewart, alla seconda prova con Assayas, è uno dei punti di forza della pellicola: il film infatti finisce per essere tutto su di lei, sulla sua fisicità, sui suoi gesti nervosi e sugli occhi appesantiti da occhiaie profonde. Ancora non totalmente libera dal suo personaggio pubblico, che ogni tanto si intravede attraverso i gesti di Maureen, l'attrice americana è ormai ben lontana dall'inespressività di Twilight, che ha sostituito con una ricerca sincera di ruoli e sentimenti complessi, realizzando forse la sua migliore interpretazione fino ad ora. E non era facile, visto che per gran parte del film l'attrice ha come interlocutore solo lo schermo di uno smartphone.
Movieplayer.it
2.5/5