L'appuntamento del martedì con Parole di Cinema al Napoli Film Festival è dedicato a Passione, di John Turturro: un film che l'attore statunitense ha girato con un limitatissimo budget, animato dalla curiosità di indagare lo spirito e il modo di vivere italiani, quelli delle sue origini. E farlo in una città aperta, viva, pulsante come Napoli è senz'altro stata una scelta azzeccata per il regista, come è evidente dalla gioia con cui si perde per i vicoli del centro storico, con cui si lascia coinvolgere in una danza con un artista di strada, ma soprattutto dal modo in cui si abbandona fiducioso al potere narrativo della musica che, tra spezzoni di repertorio e rivisitazioni contemporanee, ripercorre la storia della città, anche nei suoi momenti più bui, come l'epidemia di colera o l'occupazione americana, senza mai mettere in secondo piano il suo spirito passionale e leggero. Parlare di Napoli senza cantare la città, nei suoi drammi e nelle sue grandezze, nelle sue tragedie e nella sua grande ironia, sarebbe farle un torto troppo grande, e questo Turturro, sebbene non napoletano, deve averlo capito da subito, a giudicare dall'attenzione con cui ha alternato novità e tradizione, profondità e spensieratezza, per trasmetterci le sue stesse, intense e contraddittorie sensazioni nel procedere del proprio percorso di scoperta. Abbiamo discusso del film, della sua realizzazione e dell'atmosfera magica in cui è nato con due degli interpreti che hanno contribuito a trasporre in immagini e suoni l'anima più autentica di Napoli: Pietra Montecorvino e Peppe Servillo.
Pietra Montecorvino: Questo film è di altissimo livello, sia dal punto di vista interpretativo che perché ha saputo rendere la vita della strada, il senso di una città come Napoli, delle persone che la popolano e la fanno vivere.
Il film ha una forte carica emozionale, che passa molto bene attraverso le interpretazioni degli artisti coinvolti.
Peppe Servillo: Qui emerge il valore importantissimo del repertorio, soprattutto perché, con una tradizione simile, era facile adagiarvisi. Invece si è creato un gioco di sponda, grazie al punto di vista offerto da un artista statunitense, che è servito molto anche a noi per guardare alla nostra storia in una maniera nuova, che ha trasmesso emozioni anch'esse nuove.
Pietra Montecorvino: E' stata la cosa più semplice del mondo, non abbiamo mai avuto un problema. Tutto il cast è sempre stato disponibile, Napoli si è dimostrata la città che tutti sogniamo. La scena in cui io canto Zazà al mercato non è stata nemmeno preparata, nessuno ha pensato di fermare il traffico, nessuno ha avvisato che avremmo girato, anche perché sarebbe stato praticamente impossibile intervenire in quel luogo. E il risultato è stato naturalissimo, come lo sono solo le cose vere e belle. Ci si stupisce nel vederlo, perché è evidente il suo essere nato senza affanni. Noi abbiamo vissuto questa esperienza così, con poesia, soprattutto perché abbiamo avuto a che fare con persone sensibili ma di spessore. C'era il rischio che questo progetto, come tanti su Napoli, potesse essere difficile da realizzare, ma il risultato è stato un film molto bello.
Peppe Servillo: Io avevo già un piccolo precedente correlato a questo film, perché poco tempo prima avevo fatto un disco, in collaborazione con Mìsia, in cui erano inserite canzoni della tradizione di vari paesi, e noi avevamo ovviamente scelto di interpretare dei pezzi legati alla nostra cultura. Turturro lo ha ascoltato e così ci ha invitati a partecipare al film. E' vero, come Pietra anche io credo che la sua forza sia stata l'essere nato senza affanni. Ad esempio il nostro brano è stato girato tutto in una mattinata, in maniera perfettamente conseguente. Certo la partitura scritta è stata importante e ha dettato la linea interpretativa. Non si può dire che questo film abbia esaurito il racconto su Napoli, ma si è trattato di un frammento sobrio ed elegante, in cui John non si è mai posto al di sopra degli altri: è una persona molto umile. Purtroppo altri artisti molto importanti non si è riusciti ad inserirli, ma il film non si proponeva di essere un censimento della canzone napoletana.
Pietra Montecorvino: La questione non è chi sia dentro e chi sia fuori, la questione è la magia che si è venuta a creare. L'arte è magica, e si compone con facilità quando non ci si affanna troppo, come in questo caso. Come si dice qui, "non t'affaticà, che fa male": noi siamo sempre stati tutti disponibili, abbiamo messo il cuore per Napoli, siamo stati veri.
Come è sorta nel regista l'idea di realizzare questo film?
Pietra Montecorvino: Napoli è famosa per la facilità con cui scatena la passione della gente. E poi Napoli è sempre un business, è sempre in vendita.
Peppe Servillo: Per John era molto importante riscoprire le proprie origini italiane, così come per tanti altri discendenti di italiani all'estero. La ricerca di un'appartenenza, la curiosità per la sua cultura d'origine, anche se mi sembra di ricordare che la sua famiglia venga dalla Puglia, si avverte senza pesantezza nel film, nei suoi intermezzi parlati, e sono sempre inserzioni intelligenti, mai pesanti.
Pietra Montecorvino: Sia io che Peppe volevamo raccontare una Napoli diversa da quella già nota. Una Napoli non tanto rivisitata, ma filtrata attraverso il nostro modo di essere.
Peppe Servillo: Ripercorrere in modo personale la tradizione è necessario, perché la tradizione va vissuta tradendola anche un po'. Ma sempre mantenendo un grande cuore e un grande rispetto, rischiando con la carne e il sangue. La tradizione classica trasmette molta autorevolezza, e forse saremmo stati meno credibili se avessimo cercato di ripercorrerla senza metterci qualcosa di nostro.
Pietra Montecorvino: Io la tradizione me la sono mangiata, e la sto "cacciando" dallo stomaco!
Quali sono state le vostre reazioni alla proposta di Turturro?
Peppe Servillo: Io ho detto subito di si, perché avevo sempre cercato l'occasione di avvicinarmi al vero cuore di Napoli. Io sono un napoletano della provincia, e come artista ero ansioso di guadagnare un repertorio così importante, che sto ripercorrendo tuttora. Avevo la curiosità di immergermi in questo mondo e in questa cultura, la necessità di confrontarmi con la tradizione senza falsi pudori.
Pietra Montecorvino: La prima volta che sono andata a cena con John avevo bevuto un bicchiere di troppo, alla fine ero seduta in braccio a lui e siamo finiti dentro ad un acquario! Lui aveva tutti i pesci addosso, e mi sono detta "adesso non mi vorrà mai più vedere!". Invece non si è posto proprio il problema, forse perché è americano e certe cose non lo sconvolgono più di tanto, anzi ha detto "voglio lei assolutamente". Non è stata quella l'unica volta in cui l'ho bagnato, perché evidentemente ha portato bene!
Come avete scelto le canzoni da interpretare?
Pietra Montecorvino: Senz'altro Turturro si è basato su quelli che sapeva essere i nostri cavalli di battaglia, e quindi è andato sul sicuro.
Peppe Servillo: Ha adottato un criterio secondo il quale testimoniare Napoli, che era quello di assecondare la sua varietà: tutti conoscono la sua vena sentimentale, anche un po' piagnona, ma è stato giusto inserire anche delle parti umoristiche.
Come si racconta, musicalmente e cinematograficamente, una città come Napoli?
Pietra Montecorvino: Ci sono tantissimi modi per farlo: John Turturro ne ha scelto uno, Enzo Gragnaniello un altro, Massimo Troisi un altro ancora. Per raccontare Napoli ognuno ha il suo modo, perché Napoli è tutto.
Peppe Servillo: Anche i registi non napoletani hanno ognuno un proprio linguaggio e una loro interpretazione.
Pietra Montecorvino: E poi c'è Totò, che ha deciso di raccontarlo con tutte le sue mosse e mossette.
Peppe Servillo: Ma John ci ha dato una chiave particolare, per noi è stato un vantaggio poter vedere la città dagli occhi di un altro, perché ci ha permesso di vincere con facilità il pudore di raccontarsi, di raccontare una tradizione così bella e importante. Da soli non credo che ce l'avremmo fatta.
Peppe Servillo: Certamente i non napoletani sono più legati ai luoghi comuni sulla città. Turturro senz'altro ha affrontato questo aspetto, ma non ci è cascato. E' un rischio a cui ruotano tutti intorno, ma che lui ha evitato bene.
Pietra Montecorvino: Turturro non ce l'aveva proprio in mente, la cosiddetta "cartolina". Quello che voleva esprimere erano le emozioni che provava via via che avanzava nella scoperta della città. E Napoli è un luogo che di materiale ne offre tanto, è fortunato ad aver trovato una città così piena di arte e di vita. E poi aveva un atteggiamento completamente libero, che si vede anche da alcune scene, come quella degli uccellini che prendono il volo. Questo messaggio di libertà è bellissimo, perché significa che tutti possono appropriarsi di qualcosa, ma l'importante è farlo con sentimento: prima Napoli non la conosceva, adesso anche Turturro è napoletano.
Quanto è forte il pericolo di smarrire la propria identità come artista, nel confrontarsi con una tradizione così importante?
Peppe Servillo: Quando ti confronti con qualcosa di così bello, la tua identità la ricerchi al suo interno. Ma il rischio di perdersi c'è, anche perché spesso la canzone napoletana è davvero troppo ricca. Quando riesci a sovrapporre te stesso a una letteratura così importante, allora puoi raccontare tanto. La città è sempre presente nelle canzoni napoletane, che hanno anche un valore contemporaneo, anche se sono state scritte magari cinquanta o sessant'anni fa, e la nostra interpretazione deve continuare a testimoniarlo.
Pietra Montecorvino: L'importante è riuscire a trovare un sistema per farle proprie.
Peppe Servillo: Anche scegliendo con cosa cimentarsi, ad esempio a me non è mai piaciuta la canzone urlata.
Pietra Montecorvino: Io amo sempre mettere il mio stile personale in quello che canto, coniugare il classico con un arrangiamento nuovo.
Come è stato accolto il film negli altri Paesi?
Pietra Montecorvino: Molto bene, io ho girato il mondo con questo film. Sono stata in Malesia l'anno scorso, quest'anno in India, e devo dire che il film è sempre piaciuto molto.
Peppe Servillo: Anche io ho seguito il film, e credo che il film piaccia al pubblico straniero perché vi riconosce la cartolina, il luogo comune che non è messo del tutto da parte, evitato in assoluto per partito preso, ma vi scopre anche una Napoli diversa, mai vista da altre parti. Perché Napoli è una vera città contemporanea, non un museo.
Pietra Montecorvino: Io tra poco con Armando Pugliese rifarò una commedia di Eduardo, figuratevi cosa ne verrà fuori! Questo per dire che Napoli è sempre rivista, sempre moderna, perché Napoli vive e pulsa incessantemente.