I tedeschi negli ultimi anni hanno dimostrato di saper proporre dei prodotti seriali diversi e di qualità (Dark, Babylon Berlin, Das Boot), ma come spiegheremo nella recensione di Paradiso, la nuova serie tedesca Sky Original dal 23 agosto in esclusiva su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW, con tutti gli episodi subito disponibili, e a partire dalle 21.15 maratona in tv, non tutte le serie riescono col buco.
Paradiso, Purgatorio o Inferno?
Tratta dal bestseller "Funeral For A Dog" di Thomas Pletzinger e prodotta da Flare Entertainment per Sky Studios, Paradiso è una co-produzione internazionale che coinvolge anche l'Italia: fin dal titolo - che si riferisce a un angolo di mondo, così come a una barca che porta dei segreti con sé - e fin dalla sigla, italianissima a sorpresa. Gli otto episodi del serial però, almeno dai quattro visti in anteprima, sono un confuso e confusionario mix di generi e toni del racconto che sviluppa due linee temporali parallele. Al centro del racconto ambientato nel passato l'amicizia intensa tra tre ragazzi poi diventati adulti: Felix Blaumeiser (Daniel Sträßer), Mark Svensson (Friedrich Mücke) e Tuuli (Alina Tomnikov), che si conoscono nelle favelas colombiane per poi viaggiare attraverso il globo, fino alla Finlandi, paese d'origine di lei, e al Lago d'Orta in Italia. Quest'ultimo luogo sarà scenario del "presente" della storia raccontata (il 2010), quando Tuuli va a trovare Mark oramai eremita sull'isola del lago che ha messo la loro storia per iscritto ("Astroland") creando un bestseller, di cui ora si attende un suo secondo libro (il "Funeral for a dog" che ha ispirato il serial). Con Tuuli c'è il giornalista Daniel Mandelkern (Albrecht Schuch) che vorrebbe scoprire di più sulla loro vera storia e sul sequel.
Un'amicizia particolare
Fin dal primo episodio, la storia e i piani temporali appaiono poco chiari allo spettatore, e anche con poco appeal di effettivi colpi di scena che si snoderanno, mentre gli interpreti non sembrano molto coinvolti in quanto accade ai personaggi. Paradiso vuole essere un sofisticato racconto sull'amore e sul senso di colpa ai giorni nostri, che mescola azione, romanticismo e filosofia, ma che purtroppo alla fine non riesce a centrare per davvero nessuno di questi obiettivi. Racconta bene invece l'amicizia a tre al centro del racconto: ambigua, intensa, sbilanciata, vendicativa, ricordando quella di The dreamers - I sognatori, ben messa in scena grazie alla chimica dei tre interpreti. Paradiso vorrebbe anche affrontare l'elaborazione del lutto attraverso due morti molto diverse tra loro, e anche qui ottiene l'effetto sperato solo in parte. L'altro aspetto riuscito della co-produzione, invece, è la valorizzazione degli scenari mozzafiato e diversissimi che propone: dalla violenza e l'intensità delle favelas brasiliane, all'energia caotica di New York, fino alla quiete del Lago di Lugano e ai paesaggi ghiacciati della Finlandia, che corrispondono a una colonna sonora variegata e che è specchio delle varie culture mostrate nello show.
Un'attenzione alla messa in scena e alle scenografie quasi ancestrale, valorizzate dalla regia di David Dietl e Barbara Albert e dalla fotografia di Frank Griebe, per mettere gli uomini di fronte all'immensità dell'universo. L'amicizia particolare tra i tre amici si complica ovviamente perché nell'equazione si inseriscono altri personaggi, non solo il giornalista ma anche la moglie di quest'ultimo, Elizabeth (Anne Ratte-Polle) e la compagna di Mark nel 2010 in Italia, Kiki (Ina Geraldine Guy). Un triangolo amoroso (poi pentagono) estremamente pericoloso e pronto a portare alla luce segreti inconfessabili - ma anche in parte prevedibili - dal passato dei protagonisti. Il viaggio nel passato si concluderà con quel fatidico 11 settembre a New York, inserendo ancora una volta la storia dei conflitti del mondo in questo racconto, e sbilanciandolo ancora una volta.
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Paradiso con le stesse perplessità con cui l’abbiamo iniziata, almeno dai quattro episodi visti. Una narrazione che valorizza gli ambienti della co-produzione internazionale e l’amicizia al centro della storia ma si perde nei generi, sottogeneri e tematiche filosofiche che vorrebbe affrontare, insieme alle due linee temporali del racconto, poco chiare inizialmente.
Perché ci piace
- La chimica fra i tre interpreti protagonisti per raccontare quest’amicizia particolare che travalica gli anni e i continenti.
- La valorizzazione di regia e fotografia degli scenari mozzafiato che fanno da sfondo alla storia raccontata.
Cosa non va
- La confusione nel mescolare generi e tematiche da parte degli sceneggiatori, così come le due linee temporali del racconto.
- L’interpretazione poco convincente degli attori.
- Alcuni colpi di scena sono davvero prevedibili e non provocano quel pathos narrativo che vorrebbero.