Palazzo di giustizia, la regista: “Il tribunale è un posto che intimorisce”

La nostra intervista a Chiara Bellosi, regista di Palazzo di giustizia, il film presentato al Festival di Berlino e alla Festa di Roma, dal 22 Ottobre nelle sale italiane.

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Palazzo di Giustizia: una scena del film

Il tribunale di una grande città, un reato e un'udienza che si svolge secondo i suoi rigidi e freddi rituali. Fuori dall'aula, però, la vita scorre con impulsi e bisogni concreti, umani e liberi. Su questo si sofferma la regista Chiara Bellosi in Palazzo di giustizia, il film presentato allo scorso Festival di Berlino e poi nella sezione Alice nella città della Festa di Roma, finalmente in sala dal 22 ottobre dopo il rinvio dalla data precedente di fine marzo. 
La regista racconta il microcosmo che si viene a creare negli ampi corridoio che intimoriscono, mettendo al centro due giovanissime protagonista legate all'udienza che si svolge dietro la porta chiusa dell'aula di tribunale.

La genesi e l'ispirazione

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Palazzo di Giustizia: un'immagine del film

Ma com'è nata l'idea per Palazzo di giustizia? Ce lo ha raccontato la stessa Chiara Bellosi mesi fa in quel di Berlino, spiegandoci come l'idea iniziale fosse legata a un progetto per un documentario alla Wiseman. "L'idea era di entrare nel tribunale e indagare le persone che lo frequentano in una giornata" ha detto la regista, che ha sottolineato come il tribunale sia "un posto che intimorisce, fa paura, con questi spazi enormi e quell'architettura affascinante, che è statalista e in cui le persone vengono schiacciate." La Bellosi ricorda come vi passasse molto tempo, "seduta sulle panche, al bar, nei cortili, in mezzo alle storie che si muovevano intorno. Sentivo un carico umano molto forte" ma qualcosa mancava: la storia da raccontare.

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Palazzo di Giustizia: un momento del film

Poi qualcosa è successo: "in uno dei posti più spaventosi in attesa di un verdetto, nell'atrio, c'era una cattedra abbandonata con sopra una bambina che giocava con una madre molto giovane. Appartenevano a una famiglia rom e aspettavano una sentenza. Vedere questa bambina mi ha permesso di trovare il filo della storia, è arrivata la luce." Quell'immagine non le ha comunicato direttamente la storia che avrebbe raccontato, ma "lo sguardo che mi avrebbe dovuto accompagnare", uno sguardo ad altezza di bambino, con dei bisogni "molto concreti e primitivi" come mangiare, giocare, stanchezza.

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Il cuore della storia

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Palazzo di Giustizia: una sequenza del film

Se "in aula nessuno è completamente innocente, nessuno completamente colpevole, entrambi mossi da un bisogno ed entrambi in errore", nei corridoi nessuna delle due parti sa come si ricomporrà la propria famiglia. "Le protagoniste erano per me Domenica e Luce, loro costituivano il cuore della storia", mentre meno interessante era arrivare alla risoluzione del dibattimento in corso. Accanto a loro la figura di Angelina interpretata da Daphne Scoccia, che ne parla come di "un ruolo molto importante, perché finalmente mi sento cresciuta. A differenza degli esordi, è un personaggio completamente diverso: sono partita come una ragazzina scapestrata in carcere e sono arrivata a fare una madre."

Il lavoro sul set

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Palazzo di Giustizia: una scena del film

La giovane attrice ha descritto anche il bellissimo rapporto creatosi sul set con le altre attrici, a cominciare da Bianca Leonardi che interpreta la piccola Luce: "con Bianca c'è stato un rapporto molto naturale, semplice. Abbiamo provato tanto, ci siamo conosciute, siamo andate a pranzo insieme. Si è creata una famiglia e mi sono sentita subito una sorella maggiore, oltre che madre. Anche questo mi ha fatto evolvere, sia a livello professionale che personale." Un tipo di lavoro fondamentale per sostenere la volontà di Chiara Bellosi di "raccontare delle persone" e parlando delle protagoniste più giovani ricorda la frase di una scrittrice americana che recita: "generazioni crescono ancora una volta cercando di diventare foresta", spiegando come fosse quella frase a girarle in testa.

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Palazzo di Giustizia: una foto del film

Se questo pensiero l'ha accompagnata nel corso della costruzione della storia, molto di questa esperienza le resta anche ora che il film è pronto e si sottopone al giudizio del pubblico. "La cosa che più mi ha colpito" ricorda ripensando al periodo della lavorazione "sono le parole di vari avvocati e vari magistrati, compresi quelli della corte di cassazione, che dicevano che nei tribunali non si fa la giustizia, si applica la legge, che è un'altra cosa dalla giustizia. È la realtà, ma a me suonava molto forte."