La potenza di uno sguardo, la forza della luce, il mistero che avvolge le persone, di cui non conosceremo mai veramente i pensieri e i sentimenti: Pablo Larrain in soli sette film, girati nell'arco di dieci anni, dall'esordio Fuga (2006) a Jackie (2016), presentato in Concorso alla 73esima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, ha dimostrato di essere un autore unico e pieno di talento, grazie alle sue figure umane complesse e solitarie, spesso immerse in una natura silente, o in un ambiente chiuso, che definisce e amplifica la loro essenza, personaggi universali e allo stesso tempo straordinari.
Autore che unisce in modo magistrale la bellezza dell'immagine all'intreccio, usando il montaggio come il ritmo di una poesia, Larrain ha dedicato gran parte del suo percorso a realizzare Neruda, film che prende spunto dalla vita incredibile del poeta Pablo Neruda, interpretato da Luis Gnecco, per parlare di altro, del suo paese, il Cile, del mistero della vita umana, del significato dell'arte, di cosa vuol dire raccontare storie. Nel film, nelle sale italiane dal 13 ottobre, c'è anche Gael García Bernal, che con Larrain ha già lavorato in No - I giorni dell'arcobaleno (2012), nel ruolo di Oscar Peluchoneau, poliziotto che dà la caccia al poeta.
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Abbiamo incontrato Larrain a Roma, in occasione dell'anteprima italiana di Neruda, dove ci ha spiegato come in realtà non avesse intenzione di fare un film sulla vita di Pablo Neruda, ma sul suo universo: "Non si può separare l'essere poeta da Neruda" ci ha detto, continuando: "Neruda vedeva il mondo attraverso gli occhi della poesia, era un poeta sempre: quando cucinava, faceva l'amore, beveva vino, faceva politica, il diplomatico, il collezionista... E tutti questi suoi aspetti sono allo stesso tempo parti del vero Neruda. Con la sua opera ha definito il Cile e la nostra lingua, quindi non potevo fare un film biografico su Neruda, ma sul suo universo".
In una scena del film, un personaggio chiama a gran voce Pablo, che è anche il nome del regista: gli abbiamo chiesto se in quel momento il Pablo che viene chiamato è proprio lui: "È una coincidenza interessante" ha risposto ridendo, continuando: "Ancora di più perché ho scoperto che il vero nome di Neruda è Ricardo Reyes, ma ha cambiato il suo nome in Pablo, che è un nome popolare in Cile, ma non così diffuso. Personalmente non ho mai amato molto il mio nome, per il suono. Ma la coincidenza è interessante senza dubbio".
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Impossibile non notare nei film di Larrain l'attenzione per la natura, in particolare l'acqua: in molti dei suoi film, come Il club, Jackie e anche Neruda, i dialoghi dal significato più importante vengono fatti vicino all'acqua. Fatto non casuale, come ci ha spiegato il regista: "L'acqua è l'elemento più misterioso della Terra. Non so lei, mai io non sono la tessa persona quando sono in barca o vicino al mare e quando invece sono al chiuso. L'acqua e la natura ti trasformano. Inoltre l'acqua ha un elemento psicologico interessante: quindi cerco di stare vicino all'acqua a volte perché crea diverse reazioni negli esseri umani".
In Neruda l'uso della luce è interessante: c'è grande sfoggio di lens flare, che in genere siamo abituati a vedere soprattutto in un altro genere di film, come la fantascienza, una scelta che il regista ci ha spiegato in modo quasi filosofico: "Ho usato il lens flare per il sole: se togli il sole non c'è cinema. Se togli il sole non c'è il mondo, non c'è vita, non c'è tempo. Viviamo attraverso il tempo e ciò che ci dà il ritmo è il sole. Quindi perché evitarlo? Perché nasconderlo alla telecamera? Se vedi il sole è benvenuto: è luce e tempo. E ricorda: il cinema è tempo, nient'altro".
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