Orgasm Inc.: il caso OneTaste, la recensione: il piacere della sofferenza

La recensione di Orgasm Inc.: il caso OneTaste, ossia quanto la vendita del piacere può finire per infliggere una montagna di dolore.

Orgasm Inc.: il caso OneTaste, la recensione: il piacere della sofferenza

Realizzare un buon documentario è un po' come raggiungere l'orgasmo: facile a primo acchito e apparentemente realizzabile sul piano teorico, ecco farsi sempre più complicato su quello pratico.

Come sottolineeremo in questa recensione di Orgasm Inc: il caso OneTaste, il docu-film firmato da Sarah Gibson e Sloane Klevin segue fedelmente i canoni dettati dai già acclamati documentari firmati Netflix per tracciare, senza l'ausilio di nessuna voce narrante, lo scoppio e susseguente declino di una fabbrica del sogno erotico tramutatasi in setta di mille incubi e traumi. Senza edulcorazioni, ma innestando negli intervalli dei propri raccordi di montaggio una galleria di immagini ora di archivio, adesso recuperati dallo spazio-web, il percorso tracciato dagli autori è un sentiero dove l'eccitazione lascia ben presto spazio all'angoscia; la libido muta la propria natura per travestirsi di dolore, sofferenza, in una giostra continua tra traumi recuperati e inflitti, un andirivieni mnemonico dove l'orgasmo non è più sintomo di piacere, ma espediente di violenze, cicatrici fisiche e interiori, ferite dell'anima e del corpo.

Orgasm Inc.: il caso Onetaste, la trama

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, una scena del film

Nata nel polo tecnologico di San Francisco e osannata dalle principali testate di salute e benessere come un percorso di realizzazione personale, OneTaste era una società dedicata alla sessualità che ha raggiunto la fama mondiale insegnando una pratica detta "meditazione orgasmica". Questo documentario investigativo svela la verità sull'organizzazione e sulla sua controversa ed enigmatica leader tramite 15 anni di riprese inedite e interviste con ex membri.

Fate l'amore con il dolore

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, un'inquadratura del film

Non c'è purificazione, né catarsi in Orgasm Inc.: il caso OneTaste. Nessun implemento del piacere, o stimolazione dell'eccitazione. Il documentario diretto da Sarah Gibson e Sloane Klevin è un'involuzione delle emozioni umane. Aperto il sipario sul palcoscenico allestito da Nicole Daedone, quello che viene presentato allo spettatore è un open-space del sesso; una fabbrica dell'orgasmo perduto e ora recuperato, dominata e maestra dallo sguardo attento e dalle mani sapienti, quasi magiche, della stessa fondatrice. Ma più i minuti passano, più il sogno si tramuta in incubo, e il rosso della passione si incupisce, fino a trasformarsi in nero di funesto dolore. Nessuna salita in paradiso, ma solo tortuosa discesa negli inferi di un universo sfruttante le debolezze di adepti fomentati di desiderio e bruciati dal fuoco del trauma. Un sentiero entro cui incamminarsi in punta di piedi, guidati dalle testimonianze di chi quella selva oscura l'ha attraversata in prima persona. Nessuna mediazione di un qualsiasi narratore in voice-over; sono queste anime spezzate, corpi sospinti dalla dolce lussuria, ma finiti nel cerchio infernale di sensazioni lascive e tormenti fisici e psicologici, a farsi adesso guide privilegiate di questa improvvisa caduta nel baratro del sesso.

Testimoni di passioni e cicatrici

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, una sequenza del film

Con gli occhi rivolti verso la cinepresa, membri e docenti, manager e ospiti privilegiati del celebre OneTaste, si lasciano trascinare dall'onda del ricordo, senza censure, ma colmi di dolore. Chi direttamente, o chi facendosi portavoce di famigliari impauriti da eventuali ritorsioni, ognuno degli intervistati apre il proprio cuore e i cassetti dei propri ricordi per condividere esperienze passate tra le mura di quegli spazi intimi dove il divertimento ha lasciato ben presto spazio all'ossessione e alla paura. E se la forza della parola non fosse abbastanza per colpire a sufficienza il proprio pubblico, ecco che a farsi largo è adesso una galleria infinita di materiale audiovisivo pronta a enfatizzare, in un'alternanza continua di filmati privati, servizi televisivi e immagini prese in prestito da internet, la portata empatica e sentimentale di ogni più piccola testimonianza.

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, una scena del documentario

Già perché Orgasm Inc., pullula - forse fin troppo - di foto e videoclip. Una scelta compiuta probabilmente per avvalorare la veridicità di ogni ricordo trasmesso, o testimonianza estrapolata, ma che, a lungo andare, finisce per sacrificare la presenza scenica e la ripresa diretta sui volti dei propri testimoni. Ne consegue un netto depotenziamento del processo di immedesimazione da compiersi tra gli intervistati e gli spettatori; il pubblico coglie e assimila la carica disarmante di ogni evento narrato, ma se privato della forza di uno sguardo, risulta alquanto difficile condividere e interiorizzare totalmente la portata affettiva di quanto raccontato. La stessa fotografia, un po' troppo accesa per un racconto colmo di ombre e squarci di oscuro dolore, lima la freccia pronta a colpire al cuore lo spettatore, finendo per scheggiarlo, ma senza distruggerlo.

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Venditrice di piacere, portatrice di sofferenze

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, un'immagine

Burattinaia di corpi altrui e manipolatrice di menti fragili, Nicole Daedone ha saputo agire con intelligenza, imbastendo con alacrità disarmante la propria terra promessa di orgasmi illusori e sensualità fittizia. La donna sapeva su quali modelli rifarsi, quali punti toccare per vendere sogni e sfruttare il desiderio sessuale. Una compravendita dove a uscirne vincitore è un senso della violenza esaltata in tutte le sue forme, dove anche lo stupro viene elogiato a componente erotica; un dare e avere innestato e mai veramente sentito, che la Daeodone prende in prestito da Scientology e da mille altre sette anche di stampo religioso, per costruire il proprio tempio personale; una costruzione che i registi seguono con attenzione, narrandone ogni singolo tassello con fare oggettivo così da permettere a ogni spettatore di formare un giudizio del tutto personale. Eppure, in questa composizione narrativa qualcosa stona nella sua versione italiana.

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, una foto del film

Lo scarto tra il doppiaggio delle testimonianze inedite e dirette, e la versione lasciata in originale dei video di archivio, crea un senso di disorientamento, soprattutto negli spettatori poco avvezzi alla comprensione della lingua inglese. È uno switch continuo tra parti doppiate e altre semplicemente sottotitolate, la versione italiana proposta da Netflix; un passaggio linguistico che impone al proprio pubblico di mettere in pausa il processo di immedesimazione così da poter leggere i sottotitoli che scorrono sullo schermo. Una decisione che limita il totale coinvolgimento spettatoriale nei meandri della storia, impedendogli di apprezzare pienamente i colpi di scena che compongono tante tessere audiovisive di uno spettacolo dell'eros tramutatosi in circo dell'orrore.

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Orgasm Inc.: il caso OneTaste, un'immagine del documentario

Eros e Thanatos; lussuria e violenza; c'è un vortice nefasto che prende e avvolge il mondo di OneTaste e della sua leader, Nicole Daedone. Un vortice che Orgasm Inc.: il caso OneTaste ha inseguito, incapsulato e restituito con un'oggettività di impatto a un pubblico più o meno conscio di dinamiche interne di una fabbrica dell'erotismo tramutatasi in inferno del dolore. Un dolore inflitto, e mai veramente superato, che al godimento del corpo porta solo sofferenza dell'anima.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Orgasm Inc.: il caso OneTaste sottolineando come il documentario rilasciato su Netflix intenda seguire passo dopo passo l'ascesa e la disfatta fisica e psicologica di chi, nella speranza di un po' di passione, si è ritrovato pedina di una setta a sfondo sessuale. Una violenza che i registi riescono a restituire con oggettività e semplicità, dando vita a una giostra umana piegata, ma non distrutta, dal peso di un erotismo tramutato in violenza.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • L'assenza di un narratore esterno.
  • L'impiego di un materiale audiovisivo capace di enfatizzare la portata emotiva delle testimonianze.
  • Il racconto di casi così poco conosciuti al pubblico su scala mondiale.

Cosa non va

  • La fotografia un po' troppo accesa.
  • Le poche riprese immortalanti gli sguardi e i volti degli intervistati.
  • La versione italiana, con parti doppiate e altre lasciate in originale, seppure sottotitolate.