Era tra i titoli più attesi di (fine) estate 2021, e possiamo dire che nel complesso non ha deluso le aspettative. Come spiegheremo in questa recensione di Only Murders In The Building, la nuova serie Star Original disponibile dal 31 agosto con i primi tre episodi e poi con appuntamento settimanale su Disney+ si dimostra un piacevole e intelligente intrattenimento che vuole riflettere sulla passione sempre più frequente per le storie criminali.
TRUE CRIME ADDICTED
È proprio da un irresistibile assunto di base che partono le premesse di questa nuova serie. Cosa accadrebbe se tre appassionati di true crime si trovassero invischiati in un omicidio vero e proprio? L'idea è venuta a Steve Martin (anche protagonista), Dan Fogelman (il creatore di This Is Us ma che aveva già fatto ridere con Vicini del terzo tipo e Galavant) e John Hoffman. L'improbabile (e sorprendente) trio di aficionados è composto da Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez, che interpretano tre abitanti del condominio al centro della storia. Tre estranei, tutti e tre appassionati di storie criminali e di un podcast in particolare sul tema - quello tenuto dalla "guru del crime" Cinda (Tina Fey) - si ritrovano a conoscersi grazie a questa passione comune e poi vengono improvvisamente coinvolti in un delitto. L'assassinio di Tim Kono, che abitava in un appartamento nel loro stabile nell'Upper East Side, l'Arconia. I tre allora decidono di improvvisarsi detective, data la propria "esperienza" nel campo, e scoprire il colpevole, visto che la polizia sembra voler archiviare presto il caso.
La serie vuole riflettere in chiave ironica proprio sulla passione da sempre esistita (Chicago docet), ma ultimamente tornata in auge, delle persone per le storie criminali, possibilmente sanguinolente, e del rapporto morboso che abbiamo a volte con la morte e col voler essere gli eroi della storia. Tutti e tre i protagonisti hanno un background personale doloroso alle spalle e soprattutto un rapporto con la morte: chi colpisce di più è sicuramente la Mabel di Selena Gomez, data la giovane età. Eppure l'incontro-scontro generazionale con il Charles di Martin e l'Oliver di Short è delizioso e, una volta ingranata la marcia, diverte per le dinamiche assolutamente riconoscibili e spassose all'interno del palazzo. Come il portiere impiccione, o una veglia che si trasforma in una sorta di riunione di condominio. D'altronde chi di noi, soprattutto se appassionato di gialli, non ha mai sognato di interpretare almeno una volta il ruolo del detective?
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UN MODERNO CLUEDO
Nello spirito del giallo classico da colpo di scena, più che nel procedurale-investigativo, si muove Only Murders in the Building, con una serie di plot twist e cliffhanger a fine episodio ideali per l'appuntamento settimanale. Una comedy deliziosamente vecchio stampo - complice la scrittura di veterani della commedia come Martin e Short, la cui chimica in scena è innegabile - che riflette tra le righe anche sulla (ri)scoperta recente dei podcast e quindi dell'aspetto uditivo più che visivo (come ha meravigliosamente fatto Calls di Apple Tv+), forse simbolo del fatto che siamo sempre così di corsa e impegnati che è meglio essere multitasking e ascoltare qualcosa come accompagnamento mentre si fa altro, come gli audiolibri mentre si guida. Convinti da Oliver, Charles e Mabel registrano in tre un loro crime podcast, intitolato appunto come il serial, per raccontare al mondo la verità sulla morte di Tim Kono e soprattutto i segreti del palazzo in cui vivono. Se Truth Be Told aveva riscoperto il podcast e il true crime in veste drammatica, Only Murders In The Building porta tutto su un tono più leggero e ironico, senza dimenticare la tragedia che porta con se un omicidio. Se nella serie di Apple Tv+ il voiceover di Octavia Spencer accompagnava la narrazione in ogni episodio, qui i narratori sono tanti, coinvolgendo anche gli altri personaggi che impreziosiscono l'Arconia. Lo show infatti si pregia di guest star sorprendenti, probabilmente grazie alla presenza di Martin, come la già citata Tina Fey e nientemeno che Sting in una versione sopra le righe di se stesso... come sospettato! O ancora la timida violoncellista interpretata da Amy Ryan, o il benefattore sibillino interpretato da Nathan Lane. Parte della chimica fra Martin e Short è dovuta anche all'esagerazione meta-televisiva dei loro personaggi. Charles è un attore che vive ancora della fama passata nei panni proprio di un poliziotto, Brazzos, mentre Oliver è un regista teatrale in rovina, le cui idee di spettacolo sono sempre state sopra le righe e fuori dal budget (come il mitico Splash: The Musical). Mabel dimostra un animo antico, è una designer che deve ridecorare la casa lasciatale dalla zia, non ha amici, esce poco, e proprio per questo il suo personaggio ben completa il trio improbabile, non risultando forzato, oltre a poter attirare un pubblico più giovane.
In fin dei conti si tratta di una comedy che gioca con riferimenti ed atmosfere tra La finestra sul cortile di Hitchock e Misterioso omicidio a Manhattan di Allen, una tragicommedia degli eventi che prende vita col passare degli episodi, diventando spassosa. Anche la sigla che ricorda un po' quella di FEUD vuole omaggiare i classici. Come in un giallo da camera quasi tutte le sequenze si svolgono all'Arconia e quindi in questo luogo enorme e allo stesso tempo claustrofobico, in cui tutti guardano dalle finestre, specchio del nostro spesso non volerci aprire al mondo esterno. Nonostante questo si respira una bellissima aria newyorchese, che traspare anche dai voiceover dei personaggi che raccontano come sia poco accogliente eppure ti faccia sentire a casa. In un'ipotetica seconda stagione - che speriamo venga annunciata - si seguirà probabilmente un nuovo caso risolto come sempre dall'improbabile trio? Diremmo di sì, però come dice il personaggio di Steve Martin, "solo omicidi all'interno del palazzo". Only Murders In The Building, appunto.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Only Murders In The Building contenti che la serie non abbia deluso le aspettative soprattutto per i fan dei gialli, del true crime e dei podcast. Steve Martin e Martin Short dimostrano grande chimica e Selena Gomez non è solo l’elemento giovane ma porta il giusto scompiglio e divertimento in una serie che mentre intrattiene ci porta a riflettere sulle nostre ossessioni, sul bisogno di apparire e essere protagonisti, e su come a volte costruiamo dei muri per non far entrare le persone nella nostra vita.
Perché ci piace
- Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez sono un trio sorprendente e affiatato.
- Il caso investigativo ben equilibrato alle storie personali dei protagonisti, compresi i diversi punti di vista dei voiceover degli episodi.
- Le guest star – da Tina Fey a Sting – che impreziosiscono la narrazione.
- La riflessione sulla passione morbosa oggigiorno per i true crime.
Cosa non va
- Alcune svolte narrative sono un po’ troppo frettolose e la serie ci mette qualche episodio a ingranare.