Oltre Toy Story: uno sguardo al mondo Pixar con Christine Freeman, archivista dello studio d’animazione

Woody, Buzz e gli altri: ci siamo fatti raccontare da Christine Freeman in cosa consista il suo lavoro da Archivista per la Disney Pixar.

Un'immagine di Toy Story

Lo scorso aprile, grazie al 24Frame di Bologna, abbiamo scoperto che esiste il lavoro dei nostri sogni. E ci saremmo candidati per farlo, se quella prestigiosa posizione non fosse già occupata da una persona splendida: Christine Freeman, archivista in Pixar, intervenuta al festival bolognese dedicato all'animazione per raccontare la genesi di Toy Story in occasione dei suoi 30 anni. La stessa ricorrenza che riporta il film al cinema dal 20 al 25 settembre, per festeggiare tutti insieme l'anniversario di un film così amato e popolare, oltre che fondamentale per il cammino che il mondo dell'animazione ha intrapreso in queste tre decadi dalla sua uscita a oggi.

La scoperta del lavoro dei sogni

Intanto lo ammettiamo subito, sia a voi che ci leggete che a Christine Freeman a inizio della nostra chiacchierata: non sapevamo dell'esistenza di una figura del genere e ne siamo stati subito affascinati, tanto da chiederle in prima battuta in cosa consista il suo splendido lavoro e cosa faccia nel quotidiano. "Ecco, questa è un'ottima domanda. È cambiato nel corso del tempo. Lavoro all'interno dei Pixar Living Archives e siamo il reparto che preserva l'eredità creativa dell'azienda. Abbiamo iniziato come reparto che raccoglieva i lavori di quelli artistici e della storia, dalla fase di design iniziale al processo di lavorazione, aggiungendo anche delle note che restituissero il contesto di quello che trovavi cercando un reperto specifico." Per esempio: perché il personaggio è di un determinato colore mentre nel film finale è di un altro? "Do sempre un esempio specifico in questi casi: Mike Wazowski. A lungo il suo colore è stato l'arancione e solo dopo l'hanno fatto diventare verde. Così ci sono dei disegni con lui con il corpo arancione."

Crhistine Freeman Al 24Frame
Christine Freeman ospite al 24Frame, edizione 2025

Quindi il reparto della Freeman raccoglie materiale dai diversi settori coinvolti nella produzione, da quelli artistici a quelli narrativi, per permettere di osservare l'evoluzione di un progetto nel corso del tempo. "Per di più" ci ha spiegato, "ci siamo accorti che non c'era interesse solo per i film, ma anche per la storia della Pixar, quindi molto presto abbiamo iniziato a lavorare a un progetto di documentario con Leslie Iwerks e abbiamo iniziato a raccogliere materiale al di fuori del reparto. E quando abbiamo finito quel progetti, quei materiale sono stati inglobati nell'archivio e hanno dato il via alla raccolta di altri reperti simili in modo da migliorare lo storytelling della compagnia. E nel corso del tempo io sono diventata la persona più interessata a questo tipo di materiale." E questo la rende la persona più adatta a parlare dell'azienda, anche grazie alla collezione che ha messo insieme e del suo reparto.

Christine Freeman Archivista Pixar
Un'immagine dell'archivista Pixar

Eppure la Freeman non è sola nel suo reparto. "Siamo in sei" ci ha spiegato, "il nostro manager, una persona che lavora nella ricerca e digitalizzazione, una che lavora col materiale digitale e poi una che gestisce le collezioni e le mostre. Ma quello che diciamo sempre è che siamo generalisti che si specializzano, perché siamo un gruppo talmente piccolo che dobbiamo intervenire su quello che fa ognuno di noi."

L'interesse per la Pixar

Toy Story
I due protagonisti di Toy Story, che torna in sala dal 20 al 25 settembre

Siamo affascinati da tutto questo, ma ci chiediamo anche se questo interesse sia dovuto al fatto che si tratta della Pixar, con tutto quello che rappresenta, o se succede con tutte le grandi aziende con tale importanza. "Un po' entrambe le cose" ha ammesso, "penso che tutte le aziende con una certa storia dovrebbero avere un archivio interno, ma quando il proprio lavoro è creativo è difficile da comprendere, ma per noi che siamo al di fuori del processo produttivo è più facile comprendere a cosa potrà essere interessata la gente. Perché la maggior parte delle energie dell'azienda sono sulla produzione dei film, come è giusto che sia." 

E serve quindi una figura come l'archivista, che Christine Freeman ricopre da 25 anni, da agosto del 2000. E l'archivio di per sé è nato nel 2001, piuttosto presto rispetto agli inizi come Pixar del 1986 (ma le origini si possono ricondurre fino al 1979, prima che fosse realmente Pixar), grazie all'intuizione di Jonas Rivera che diede il via agli archivi. "Inizialmente il materiale di Toy Story finì negli archivi Disney, perché loro avevano quel reparto e noi noi, ma dopo A Bug's Life decise che avevamo bisogno di averne uno interno e iniziò a raccogliere e mettere insieme una collezione. E quando lui si è spostato maggiormente verso la produzione, hanno affidato il lavoro a me, perché ho frequentato una scuola per gli archivi. Quindi diciamo che sono un'archivista che ha sviluppato un interesse per Pixar."

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Il primo ricordo in Pixar

Woody in una scena del film d'animazione Toy Story (1995)
Un eroe di nome Woody

E in questo processo di conoscenza e nascita di interesse per l'azienda, qual è il suo primo ricordo? "Ero terrorizzata! Perché Pixar era già Pixar. All'inizio gli archivi erano un doppio ufficio e sono stata fortunata a lavorare con una donna che mi ha insegnato la produzione e tutto quello che significava. Ho imparato molto da lei, ma eravamo a 13 settimane dal trasloco dell'azienda e ognuno ha iniziato a mettere in scatoloni tutta la sua roba e abbiamo impiegato tantissimo tempo a renderci conto di tutto quello che avevamo."

E tutte sulle spalle di una persona che prima di arrivare in Pixar non sapeva molto di animazione. "Stavo finendo il mio master quando sono entrata in azienda, mi sono laureata la settimana del trasloco. Potevo appassionarmi di tutto, ma sono stata fortunata a capitare in un ambiente così creativo, che è ben più che interessante, pieno di persone stimolanti e divertenti." E in 25 anni ha avuto modo di imparare e conoscere molto del mondo dell'animazione e dei processi produttivi: "Imparo continuamente qualcosa. E ci sono giorni in cui preparo degli oggetti d'arte per qualcuno che deve venire in visita e scoppio a ridere. Ti rendi conto? Mi pagano per ridere!"

Non solo Toy Story

Al 24Frame così come con la riedizione nelle sale per alcuni giorni a settembre, si celebra Toy Story. Ed è giusto che sia così, perché è il film, diventato poi brand a 360gradi, che ha dato il vita a tutto. Ma per sua esperienza, quali sono i titoli Pixar che la gente ama di più? "Non vedo un preferito assoluto, ognuno ha qualcosa che la gente ama. Molti amano Gli incredibili, per esempio, ma quando sono in viaggio in aereo vedo Monsters & Co. e mi rendo conto di quanto sia longevo, ma quando ci capita di chiederlo a chi viene in visita, la risposta che riceviamo è molto variabile e molto soggettiva." Ed è forse la vera forza di Pixar, di aver messo in piedi nel corso del tempo una filmografia così varia da riuscire a suscitare risposte diverse in persone diverse, di ottenere reazioni ugualmente forti con titoli differenti. Di essere riuscita a raggiungere un pubblico vasto che si è legato ai lavori dello studio nel suo complesso e non a un singolo titolo in particolare.

I due 'mostruosi' protagonisti di Monsters & Co
I due 'mostruosi' protagonisti di Monsters & Co

E li passiamo in rassegna, dalla bellezza cristallina di Wall-e e quella prima metà così potente ai primi 10 minuti di Up, che portarono alle lacrime metà dei dipendenti quando fecero la prima proiezione interna, come ci racconta la Freeman. E poi Nemo e quel personaggio meraviglioso che è Dory, la prima proiezione interna di Monsters & Co., la sua prima, e una consapevolezza emerge: "spesso percepisco i film attraverso la collezione nei nostri archivi." E ci sembra normale che sia così, quindi le facciamo un'ultima domanda: qual è il film con la raccolta più ampia? "Credo che sia proprio Monsters & Co, anche a causa del lavoro sulle luci che è stato fatto con i pastelli. Sono così delicati che vanno conservati in un determinato modo e occupano spazio. E poi c'è la sequenza intitolata Grotta dello Yeti che è stata rifatta almeno una dozzina i volte e sono tutti storyboard fisici." Insomma uno spazio degno dell'impotente presenza fisica del suo protagonista Sulley!