Nuove Crociate per Brancaleone

In occasione del restauro de L'armata Brancaleone, parlano in conferenza stampa Monicelli e il team coinvolto nel lavoro.

L'occasione del restauro, a cura dell'"Associazione Philip Morris Progetto Cinema", dello storico film di Mario Monicelli, L'armata Brancaleone, oltre che ad essere un'occasione per poter riguastarsi il film sul grande schermo, lo è anche per un confronto, a partire proprio dal film, su ciò che la saga di Brancaleone ha rappresentato per il cinema e la cultura italiani. Sono presenti, alla Casa del cinema di Roma, Alessandra Giusti, che ha coordinato i lavori di tutto il restauro, Stefano Della Casa, curatore di un recente ottimo saggio sul film, che include un resoconto dettagliato di tutto il lavoro di restauro, Giuseppe Rotunno, tra i migliori direttori di fotografia italiani nonché curatore materiale del restauro, il dottor D'ambrosio, amministratore delegato della Titanus Catherine Spaak, una delle interpreti del film, il figlio del compianto Vittorio Gassman, Alessandro, oltre che il produttore Vittorio Cecchi Gori e il sindaco di Roma Walter Veltroni, da sempre vicino all'Associazione e grande amante di cinema.

Quanti sono finora i film restaurati e a chi si deve il restauro dell'ultimo? Alessandra Giusti: Finora l'associazione ha restaurato 29 lavori, di cui 17 lungometraggi e 12 corti. Desidero ringraziare innanzitutto il sindaco Veltroni, da sempre nostro amico e grande sostenitore, Mario Monicelli, splendido autore di capolavori del cinema nazional-popolare italiano. Ovunque L'Armata Brancaleone è identificata con il volto di Vittorio Gassman, e volevo qui salutare e ringraziare il figlio Alessandro, senza poi dimenticare il nostro ottimo Stefano Della Casa, autore del libro delle edizioni Lindau sul film, e tutti i presenti.

Il sindaco conoscerà sicuramente a memoria questo film. Che ne pensa? Walter Veltroni: Il film lo conosco più o meno a memoria, come penso tutti voi qui presenti. Di tutte le stregonerie dell'epoca moderna, la migliore è sicuramente il dvd, che ci ha regalato il possesso del film. Quando ero ragazzo ci si sognava di possedere un film, al massimo lo si guardava. Oggi grazie al DVD possiamo vederlo e rivederlo, e da poco è uscito anche un dvd de L'Armata Brancaleone, film storico per il cinema italiano. La Philip Morris fa un lavoro straordinario, quello cioè della salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei film, che, per il solo fatto di essere contemporanei, anche se, visto la storia ormai centenaria del cinema, anche su questo ci sarebbe da discutere, vengono spesso ritenuti un bene minore, mentre non è affatto così. Il film è scritto genialmente, e diretto da un Monicelli fenomenale. Era un film che faceva veramente ridere. Oggi si fa molta fatica a ridere in sala, e magari i film che fanno ridere passano inosservati. Io per esempio proporrei una rivalutazione del film Teste di cocco, con il qui presente Alessandro Gassman. Ma oggi i film che fanno ridere sono veramente pochi come quello di Monicelli. In un tempo come il nostro dobbiamo riscoprire la capacità di mettere in relazione la qualità con il grande pubblico. Bisognerebbe fare una grande campagna di recupero di molti film, oggi tantissimi film sembrano proprio scomparsi, sono irreperibili. E' un invito rivolto a tutti quelli che si occupano quotidianamente di cinema.

Com'è stato all'epoca il lancio del film? E' stato difficoltoso? D'Ambrosio: Goffredo Lombardo all'epoca cercò di valorizzare il film con un manifesto particolarissimo, in rilievo, che dava un suggestivo effetto tridimensionale, che per l'epoca era una cosa eccezionale e dispendiosissima. La Titanus credeva moltissimo nel film.

Della Casa ha curato questa interessantissima pubblicazione sul film. Ma perché l'ha fatto e cosa ne pensa del film? Stefano Della Casa: Io conoscevo il film benissimo. Quando uscì lo vidi in sala, facevo le medie. La cosa veramente interessante è ripensarci oggi. All'epoca si poteva sperimentare con una grandissima libertà, facendo una grande sperimentazione coniugata alla fruizione per un grande pubblico. E' importantissimo accorgersi quanto un film del genere fosse piena espressione di un clima culturale.

Com'è stato il restauro, quali sono state le difficoltà incontrate?

Giuseppe Rotunno: Terrei a sottolineare che la fotografia del film è del buon De Palma, io ne ho solamente curato il restauro. Come al solito, abbiamo cercato il negativo originale, quello pensato dall'autore, per riavere la pellicola così per come l'aveva pensata il regista. L'abbiamo trovato in condizioni rovinatissime purtroppo. La prima pulitura l'abbiamo fatta a mano, rischiando il restauro su una pellicola così rovinata. Poi in seguito, per eliminare le ulteriori impurità, abbiamo lavorato sulle immagini ingrandite. I fotogrammi generali su cui abbiamo lavorato sono 179.792, che hanno dato elettronicamente 674 metri di pellicola.

Qual è il suo legame con il film? Alessandro Gassman: Quando fu fatto il film io ero piccolissimo, e tale fu il suo successo e la sua incidenza sul cinema e sul costume che per i miei primi 6/7 anni di vita ero incerto se fossi il figlio di Vittorio Gassman o di Brancaleone da Norcia. Poi ebbi un'altra piccola crisi quando andai militare, quando ci facevano marciare al celebre grido "Branca Branca Branca, Leon Leon Leon". Poi finalmente ho riordinato le idee e oggi Brancaleone è solo uno dei film veramente più amati da mio padre, e uno ai quali era più legato.

Anche lei, dottor Cecchi Gori, era piuttosto giovane all'epoca... Vittorio Checchi Gori: Eheh, non ero poi così giovane. Comunque vorrei ritornare un momento su quel che ha detto il sindaco Veltroni. E' vero, oggi si ride poco. I film di ieri non avevano bisogno di imitare, erano originali, genuini. Nell'armata Brancaleone era presente un fenomeno unificante, che univa tutte le componenti della troupe. Il problema del nostro cinema è che oggi si fa difficoltà a fare film che facciano pure ridere all'estero, oltre che in Italia. Anche con Brancaleone avemmo difficoltà di distribuzione all'estero. Ad un certo punto se ne innamorò il produttore Broccoli, e fummo a un passo dal venderlo alla United Artists, ma alla fine non se ne fece nulla. Spaventava moltissimo la traduzione da quell'italiano così strano. Poco tempo dopo lo distribuimmo in Germania sottotitolato, e fu un successo grandissimo.

Come fu lavorare con professionisti del calibro di Gassman, Volontà e Monicelli?

Catherine Spaak: Ricordo che l'ambiente era divertentissimo, ma per me anche difficile. Il cast e la troupe era quasi totalmente maschile, e si instaurò subito una certa goliardia fra uomini. Noi donne eravamo in netta minoranza, e non voglio dire che fosse un ambiente maschilista, ma... lo penso. La prima volta che arrivai sul set, fui accorta da goliardate di tutto il cast, battute e parolacce, e io all'epoca non capivo bene l'italiano, ma capivo benissimo il senso. Un giorno però finimmo prima le riprese, e Vittorio mi riaccompagnò a casa, e nel tragitto il clima era molto teso, ma con mia grandissima sorpresa il viaggio avvenne totalmente in silenzio. Quando arrivammo sotto casa mia, da gran signore, scese dalla macchina, mi aprì la porta e mi disse solo una parola: "Scusa". Da quel giorno diventammo ottimi amici, e capii che quel suo modo di fare era un po' dettato dall'ambiente, dal suo personaggio, e che in realtà lui era fondamentalmente timido e profondo, e da allora fummo sempre ottimi amici.

Quali sono i progetti futuri dell'Associazione Philip Morris? Alessandra Giusti: Non so ancora le priorità che daremo, ma in cantiere ci sono I mostri, Un sacco bello di Verdone e forse un film di Luigi Magni.

A questo punto si collega, da casa, costretto a letto dalla febbre, Mario Monicelli per un breve scambio di battute.

Mario Monicelli: Sono veramente desolato di non esser potuto venire oggi. Mi dispiace veramente di non poter ringraziare tutti di persona. Tra i non presenti in sala mi premeva ringraziare Tornatore, che ha fortemente insistito per il restauro del film.

E rispetto l'affermazione che ha appena fatto la Spaak? Mario Monicelli: Bah non saprei. Era per far uscire completamente quella che all'epoca era solo una ragazzina, per farla esprimere per quel che era, e può darsi che ci sembrava quello il modo migliore.

Cosa rappresenta per lei il film? Mario Monicelli: Beh, innanzitutto una rottura con quell'immagine cavalleresca e giullaresca che all'epoca si aveva del medioevo, per ridargli quella brutalità e quell'aspetto selvaggio che in gran parte aveva. La troupe poi era fantastica, ne conservo un ottimo ricordo.

Si parlava di un suo nuovo film... Mario Monicelli: Dovrebbe essere un film sulle battaglie d'Africa, al tempo di Rommel e compagnia. A questo punto la lavorazione è in mano ad una scommessa finanziaria, tutto dipende dai finanziamenti.