Trasformare in intrattenimento il racconto di uno dei momenti storici più importanti del '900 si può se a occuparsene è lo sceneggiatore di The Amazing Spider-Man. Per anni James Vanderbilt ha cullato l'idea di raccontare il Processo di Norimberga, che rappresentò una svolta epocale portando sul banco degli imputati i criminali nazisti catturati alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Alla fine lo sceneggiatore, qui alla seconda regia, ci è riuscito, ma alla sua maniera: quella hollywoodiana.
Spettacolarizzare la Storia, si può?
Condito dalla presenza di un manipolo di star, Norimberga affronta una delle pagine più drammatiche della storia passata con l'ambizione di rappresentare un monito per il presente e il futuro. Il film si chiude, infatti, sulla citazione del filosofo R.G. Collingwood, "L'unico indizio su ciò che l'uomo può fare è ciò che l'uomo ha fatto". Ispirato al libro di Jack El-Hai Il Nazista e lo psichiatra, Norimberga si concentra sul rapporto tra lo psichiatra americano Douglas Kelley, chiamato a valutare la sanità mentale degli ufficiali nazisti, e Hermann Göring, numero due del Reich consegnatosi agli Alleati alla fine della guerra.
Il film viene inaugurato da un incipit scoppiettante. Di fronte a una colonna di soldati americani, Hermann Göring, interpretato da un imponente Russell Crowe, conclude la sua fuga con moglie e figlia consegnandosi ai nemici. Subito dopo viene introdotto il personaggio di Douglas Kelley, l'istrionico psichiatra interpretato da Rami Malek, mentre flirta con una vicina di scompartimento tentando di impressionarla con dei trucchi di magia. Ma è tutta la prima parte del film a essere concepita per divertire lo spettatore, gettando le basi della relazione tra Göring e Kelley. L'eccentrico psichiatra si rivela capace di conquistare la fiducia del nazista coi suoi metodi anticonformisti, dando vita a gustosi duetti.
Russell Crowe da solo vale la visione del film
Nel ruolo di Hermann Göring, numero due del Reich fedelissimo a Hitler anche dopo la rottura del '45 col Führer, Russell Crowe giganteggia, nel senso letterale del termine. L'attore neozelandese sfoggia una parlata tedesca fluente - anche se i puristi hanno storto il naso sull'accento troppo anglosassone - e un fisico incredibilmente massiccio che lo ha costretto a una radicale perdita di peso dopo la fine delle riprese. Crowe trasuda carisma, rubando la scena a ogni apparizione. Il rischio del film di James Vandebilt è proprio quello di rendere uno spietato assassino talmente affascinante da farci segretamente parteggiare per lui.
Per tenergli testa nel ruolo di uno psichiatra che sembra soffrire delle stesse manie di grandezza dei suoi pazienti, Rami Malek risulta sovente sopra la righe. La sua interpretazione che abbonda di smorfie e occhi strabuzzati non aiuta a prendere sul serio colui che dovrebbe fornire l'imput risolutivo a sconfiggere i nazisti in tribunale tanto più che lo script immagina uno scontro (non documentato storicamente) con l'altro psichiatra assegnato ai prigionieri nazisti, il più misurato Gustave Gilbert, interpretato da Colin Hanks.
Agli antipodi di Rami Malek, Michael Shannon offre una performance impeccabile nei panni del giudice della Corte Suprema Robert H. Jackson, ideatore del processo contro i nazisti, mostrandone il rigore con cui ricoprì l'incarico, ma anche i dubbi e le preoccupazioni sull'esito del processo. Ineccepibili Richard E. Grant nei panni del giurista inglese Sir David Maxwell Fyfe e la star di Mad Men John Slattery nel ruolo del Colonnello Andrus, a capo della prigione in cui vengono rinchiusi i nazisti, mentre si segnala il gustoso cameo di Giuseppe Cederna nei panni di Papa Pio XII, che getta una luce fosca sulla posizione ambigua della Chiesa cattolica nei confronti del Nazismo.
L'equilibrio tra ricostruzione dei fatti ed esigenze narrative
La visione di Norimberga apre il dibattito su come restituire la gravitas a fatti storici di una drammaticità assoluta come l'Olocausto accontentando, al tempo stesso, il desiderio di intrattenimento del grande pubblico. Questa tensione si percepisce per tutto il film. Ogni inquadratura denuncia in controluce lo sforzo del suo autore a rendere giustizia alle vittime senza per questo rinunciare allo humor, che abbonda soprattutto nella prima parte, occupata dalla preparazione al processo, e allo spettacolo. Fondamentale in tal senso la figura di Göring, con Russell Crowe mattatore assoluto capace di offrirci gustosi momenti come la resa iniziale, in cui si rivolge in tedesco ai soldati americani chiedendo di portargli le valigie, le sue risposte ironiche durante il test di Rorschach o il comportamento in apertura di processo.
Ma dietro la patina di piacevolezza, favorita da una narrazione vivace e scorrevole che non ci fa mai percepire la durata importante del film, a James Vandebilt sta a cuore la veridicità dei fatti storici e per lanciare un corposo messaggio contro gli orrori del passato, nella seconda parte, occupata dal processo vero e proprio, lancia la bomba mostrando un video che documenta gli orrori dei campi di concentramento attraverso le vere immagini girate dagli Alleati al loro ingresso.
Questo shock narrativo, amplificato dal montaggio che alterna i mucchi di cadaveri scheletrici agli sguardi scioccati degli astanti, è costruito attraverso la sapiente combinazione della drammaturgia, della fotografia espressiva di Dariusz Wolski e delle musiche enfatiche di Brian Tyler. Personaggio funzionale a tale scopo è quello interpretato da Leo Woodall, il traduttore militare di origine ebrea tedesca Howie Triest, a cui viene affidato un monologo profondamente toccante.
Norimberga riesce a controllare questi alti e bassi emotivi, che in altre mani rischierebbero di scivolare nell'eccesso di patetismo inficiando così l'importanza del messaggio, con una regia solida e coinvolgente. Con tutte le sue imperfezioni il film funziona, rappresentando non solo un ulteriore contributo, anche se non particolarmente originale, su una delle tragedie più grandi della storia dell'umanità, ma anche un monito sulla situazione sociopolitica che stiamo vivendo. Metterci in guardia sui pericoli della deriva dell'odio politico e sociale oggi come oggi appare più necessario che mai.
Conclusioni
Unendo spettacolarità hollywoodiana e urgenza espressiva, James Vanderbilt offre il suo tributo alla grande storia in Norimberga lanciando un monito che usa il passato per riflettere sui pericoli del presente. Carismatico e affascinante nei panni del criminale nazista Hermann Göring, Russell Crowe ruba la scena e alimenta gustosi duetti attoriali con Rami Malek, a tratti un po' sopra le righe nei panni di uno psichiatra militare chiamato a valutare gli ufficiali nazisti.
Perché ci piace
- La performance carismatica di Russell Crowe è l'ingrediente essenziale del film.
- La capacità di unire la dimensione spettacolare al rigore storico ricostruendo con cura i fatti narrati.
- Il messaggio del film, che lancia un monito più attuale che mai contro l'odio politico.
- Un grande Michael Shannon, misurato e rigoroso.
Cosa non va
- Rami Malek, a tratti sopra le righe.
- Si percepiscono chiaramente concessioni all'intrattenimento commerciale che creano una tensione nell'impianto narrativo.