"Nel discorso mettici nostalgia, riferimenti alla cultura pop... Jimmy Fallon ci ha costruito la carriera sopra". È un dialogo tra Seth Rogen e Charlize Theron, e ve lo raccontiamo nella recensione di Non succede... ma se succede, il film di Jonathan Levine in uscita il 10 ottobre. La battuta non è messa lì a caso. Sui riferimenti alla cultura pop ci hanno costruito la carriera molti registi e sceneggiatori della nuova generazione, pensiamo a Judd Apatow, a Seth MacFarlane, anche a Diablo Cody.
Tutti artisti con cui hanno lavorato Seth Rogen e Charlize Theron, attori che arrivano da percorsi opposti eppure si trovano perfettamente a loro agio, e in sintonia, in questo film che mescola commedia romantica, political drama e quella comicità politicamente scorretta che ha dimostrato di funzionare molto nel cinema americano di oggi. Ne esce una sorta di Pretty Woman al contrario, una storia su mondi opposti che si incontrano e si scontrano, dove il personaggio femminile stavolta non è l'anello debole, ma quello forte. Siamo nel 2020, o quasi, è anche questo è un segno dei tempi.
La trama: gli opposti si attraggono. O no?
Incontriamo Fred Flarsky (Seth Rogen) a un meeting di neonazisti che vogliono tatuargli una svastica sul braccio. Ci sembra che lì sia fuori posto, e non abbiamo torto. Fred, che viene subito smascherato, è un giornalista, e lavora per una testata indipendente. Arrivato in redazione, un giorno, viene a conoscenza che il suo giornale on line è stato ceduto a un grosso gruppo editoriale: Fred odia il magnate che ne è a capo, e si licenzia. Charlotte Field (Charlize Theron) è il segretario di stato più giovane e sexy della storia, e, visto che il Presidente degli Stati Uniti non intende ricandidarsi, lei ha deciso che correrà per la Casa Bianca, ma ha bisogno del suo endorsement. Che cos'hanno in comune queste due persone? È qualcosa che è accaduto tanto tempo fa: Charlotte è stata la babysitter di Fred, e lui ne è sempre stato innamorato. Quando si rincontrano a una festa, lei gli chiede di scrivere i suoi discorsi. Come andrà a finire?
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Cultura pop, che passione: nel segno di Judd Apatow e Diablo Cody
Ma di cosa stavamo parlando? Sì, di cultura pop. Lo sceneggiatore Dan Sterling, che arriva da South Park, e il regista Jonathan Levine, quello di quel 50 e 50 in cui aveva già diretto Seth Rogen, con quella battuta vogliono mettere subito le cose in chiaro e svelare il loro gioco. Infarcire uno script di cultura pop, un classico in un certo cinema americano degli ultimi anni, è una mossa che permette di iniziare il match già da 1 a 0. È come abbracciare a uno a uno tutto il pubblico, dargli una pacca sulla spalla, fargli dire: ok, chi racconta la storia è uno dei nostri, sono tra amici, in questo film mi troverò bene. Seth Rogen e Charlize Theron, ovviamente, in questo gioco si trovano particolarmente a loro agio, avendo frequentato mondi molto simili a questo. Rogen arriva dalle commedia di Judd Apatow (Molto incinta, Funny People), la Theron da quelle di Jason Reitman e Diablo Cody (Young Adult, Tully). Si tratta, certo, di mondi differenti: più scorretto, e volgare, il primo, più amaro e malinconico il secondo. In Non succede... ma se succede è come se questi due mondi provassero a unirsi, non proprio in dosi uguali, visto che siamo più sbilanciati verso la commedia scorretta del primo. Quanto a cultura pop, ce n'è per tutti i gusti, da Britney Spears ai tormentoni degli attori passati dalla tv al cinema, come Clooney, Harrelson e (forse...) Jennifer Aniston, fino a Beverly Hills 90210 (Charlotte viene definita "Andrea Zuckerman in un corpo da Kelly Taylor"...). La cultura pop, nel film di Levine, è un gioco di scatole cinesi, con una storia piena di riferimenti pop che parla di un personaggio, Fred, che scrive discorsi pieni di... riferimenti pop.
Si ride a più livelli
È un gioco di scatole cinesi anche il meccanismo del film, che riesce a far ridere a più livelli: quello dei dialoghi e dei riferimenti pop di cui sopra, quello delle gag fisiche e delle situazioni, e infine quel sorriso un po' più sottile, e amaro, quando si colgono riferimenti non banali all'attualità. Si parla infatti di politica, media e ambiente. Il vero dislivello tra i due protagonisti non è quello economico, come nei classici alla Pretty Woman, ma quello dell'immagine e della reputazione. Il risultato è un film mai banale, divertente, e godibilissimo.
Se solo ci fossero stati i Farrelly o Apatow...
L'unico difetto che si può forse addebitare al regista Jonathan Levine, ammesso che sia un difetto, è di mantenersi sempre a un livello di misura, di tenere il freno a mano un po' tirato su certe situazioni invece di spingere sull'acceleratore. Di fatto Non succede... ma se succede, confezionata così, è una commedia romantica virata in una commedia politically incorrect e poi tenuta a bada per ridiventare una commedia romantica. Non che sia un male, e che la volgarità e lo scorretto ci piacciano o vadano fatti a tutti i costi: ma autori come i Fratelli Farrelly e Judd Apatow hanno dimostrato che, se scorretto dev'essere, questo funziona se certe situazioni vengono spinte al massimo, lasciate deflagrare.
È anche così che certi film, come Tutti pazzi per Mary e Molto incinta, nel loro piccolo, hanno fatto storia. A proposito di Tutti pazzi per Mary, prendiamo ad esempio la famosa gag a base di liquido seminale, che avviene anche qui. Mentre Levine la ferma subito e la usa poi per far proseguire la storia, i Farrelly la rilanciavano per farne un'altra ancora più esilarante (tutti ricorderete i capelli con il gel di Cameron Diaz). Anche la fotografia resta a livelli piuttosto convenzionali, e lo diciamo perché, come operatore, Yves Bélanger, che si è occupato delle luci di Big Little Lies e Sharp Objects, è qualcuno in grado di fare cose meravigliose che qui è forse tenuto un po' a freno.
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Se potessimo scrivere i discorsi dei politici...
Ma, oltre il divertimento, le gag, il pop, le scorrettezze, c'è ovviamente anche altro. L'idea che un underdog, un outsider, una pecora nera venga chiamato a scrivere i discorsi per il politico potenzialmente più importante del mondo, è qualcosa che ci fa sognare. Chi di noi non vorrebbe, per una volta, scrivere i testi a un politico, per fargli dire certe cose sacrosante che andrebbero dette? Circa vent'anni fa, in Aprile, Nanni Moretti diceva a Massimo D'Alema "Dì qualcosa di sinistra" proprio per questo desiderio. Oggi, magari, non si tratta nemmeno di dire qualcosa di sinistra, che forse queste divisioni non contano più. Ma si tratta dire qualcosa, qualcosa di giusto, di condivisibile da tutti, e lontano dai compromessi dei politici. Oggi, che sono i giorni dei Global Climate Strike e di Greta Thunberg, ci verrebbe da dire, e nel film si parla anche di questo, "dì qualcosa per la nostra Terra".
Conclusioni
Dalla recensione di Non succede, ma se succede... avrete capito che si tratta di un film che mescola commedia romantica, political drama e quella comicità politicamente scorretta che ha dimostrato di funzionare molto nel cinema americano di oggi: una sorta di Pretty Woman al contrario, dove il personaggio femminile stavolta non è l'anello debole, ma quello forte. Peccato solo che non si sia spinto di più sul lato del politicamente scorretto.
Perché ci piace
- L'idea di infarcire uno script di cultura pop, un classico in un certo cinema americano degli ultimi anni.
- Seth Rogen e Charlize Theron in questo gioco si trovano a loro agio, avendo frequentato mondi molto simili a questo.
- Riesce a far ridere a più livelli: i riferimenti pop, le gag fisiche e di situazioni, e con riferimenti non banali all'attualità.
Cosa non va
- L'unico difetto è quello di tenere il freno a mano un po' tirato su certe situazioni invece di spingere sull'acceleratore.