Nonostante la lunga carriera alle spalle, Alessandro Paci sembra poco avvezzo al rituale degli incontri con la stampa. L'attore e regista fiorentino preferisce l'immediatezza e usa le battute per mettere a suo agio gli astanti, ma soprattutto se stesso. Per recuperare il contatto con quella comicità schietta e ruspante che gli appartiene, Paci ha scelto di liberarsi dal giogo della trama e dei film con un messaggio, circondandosi di cabarettisti e confezionando un film che abbia un unico scopo, far ridere. Non ci resta che ridere esce il 2 maggio in 200 copie distribuito da Giglio Film in Toscana e da M2 Pictures nel resto d'Italia. Il film è un'infinita serie di barzellette e freddure, quasi tutte appartenenti alla tradizione toscana, messe in scena da un nutrito numero di attori. Tra i più noti, oltre allo stesso Alessandro Paci, Graziano Salvadori, Massimo Ceccherini e Benedetta Rossi.
Da dove nasce l'idea di drammatizzare le barzellette? Ma naturalmente da internet. Come racconta Alessandro Paci, è stato l'incredibile successo delle barzellette e freddure pubblicate sul suo canale YouTube a convincerlo a farne un film per accontentare le continue richieste dei fan. "La 102 Distribution è venuta da me" spiega l'attore nel suo colorito fiorentino "e mi ha proposto di fare questo film. Io sono andato a Roma per presentare il progetto e mi hanno detto 'Però ci serve la sceneggiatura scritta'. Io ho risposto 'La sceneggiatura? Che ti si scrive, 100 barzellette?' Alla fine il produttore si è fidato e ora siamo qui. In seguito la sceneggiatura l'ho dovuta scrivere per depositarla alla SIAE, quindi credo che questo sia il primo caso di film dove la sceneggiatura è stata scritta dopo che il film era finito".
Parola d'ordine: improvvisare
L'assenza di una vera e propria sceneggiatura, come potete leggere nella recensione di Non ci resta che ridere, non ha messo in difficoltà il cast di Alessandro Paci, tutt'altro. Il regista spiega che così "il film è venuto anche meglio. La maggior parte dei miei attori sono cabarettisti, come me, e i cabarettisti sono propensi a improvvisare. Se gli dai una parte scritta li metti in difficoltà perché non sono attori di cinema. Sono abituati a lavorare in teatro con un canovaccio e a improvvisare". Non ci resta che ridere affonda le radici più nella tradizione cabarettistica che nel cinema vero e proprio, ma il titolo suggerisce un omaggio a quel capolavoro che è Non ci resta che piangere. E anche i film di barzellette hanno qualche precedente illustre, Le barzellette dei Vanzina e se vogliamo anche Amici miei, genitore nobile di questo tipo di progetto. Ma parlando di modelli, Paci ammette di aver pensato a Jesus Christ Superstar, rievocato parodisticamente negli episodi che vedono coinvolto Massimo Ceccherini: "L'ho rivisto in tv, come ogni anno, a Pasqua e mi sono reso conto che ci sono delle inquadrature del mio film, i dolly che partono dall'alto sugli olivi e finiscono sugli attori, uguali a quelli di Jesus Christ Superstar. Non è voluto, l'ho fatto inconsciamente".
La rivincita della comicità toscana
In Non ci resta che ridere Massimo Ceccherini si cala negli esilaranti panni di Ceccù, versione pasticciona di Gesù che al posto dei 12 apostoli ha i 12 followers. Questo è uno dei leit motiv che ritornano nel corso del film. "Non ho scritto la sceneggiatura, però avevo scritto un trattamento. Mancavano le parole, ma avevo chiara la struttura del film, la sceneggiatura ce l'avevamo dentro". Un altro filo conduttore del film sono le musiche, realizzate in famiglia. A firmarle, oltre a Marco Faragli, troviamo il giovanissimo Matteo Paci, figlio del regista: "Le musiche hanno unito tutte le storielle, sembra strano a dirlo, ma nel nostro film la musica ha un ruolo molto importante".
Raccontare una barzelletta è un'arte in cui si cimentano tutti, ma pochi riescono. A svelarci il segreto per far ridere è ancora Alessandro Paci: "A me viene spontaneo, ma in questo film il segreto è stato trovare gli attori giusti. Gli attori sono stati scelti perché fanno già ridere. Le loro mogli mi hanno confessato che si fanno certe risate a letto con loro che tu non ne hai un'idea". Dopo una risata, l'attore prosegue: "Il nostro obiettivo è far ridere, vogliamo che il pubblico si diverta. Il film serve a combattere la depressione. Depressione che è venuta un po' al nostro produttore perché il film non doveva costare nulla e invece abbiamo speso un monte di soldi".
Parte del budget è andato nelle location, soprattutto negli esterni, visto che il film è girato interamente a Firenze e dintorni. Viene spontaneo, perciò citare ad Alessandro Papi la battuta di Boris per cui "con quella c aspirata e quel senso dell'umorismo da quattro soldi i toscani hanno devastato questo Paese". Il regista ribatte divertito "Io dico che c'ha ragione". Poi aggiunge: "Noi toscani la comicità ce l'abbiamo innata. Non tutti eh, ci sono certi politici che mamma mia però in generale partiamo avvantaggiati".