Muti, la recensione: Morgan Freeman non basta a salvare un thriller in cui la tensione scarseggia

La recensione di Muti, action thriller con Morgan Freeman e Cole Hauser ambientato sullo sfondo di omicidi rituali e riti sciamanici.

Muti, la recensione: Morgan Freeman non basta a salvare un thriller in cui la tensione scarseggia

L'Africa nera e i suoi riti sciamanici fanno da sfondi a Muti, thriller diretto da George Gallo con la collaborazione degli italiani Francesco Cinquemani e Luca Giliberto, anche coautori dello script con Bob Bowersox. Un crime thriller dal respiro internazionale, che guarda a modelli quali Il silenzio degli innocenti, Seven e Il collezionista. Non per nulla Muti ("medicina" in lingua Swahili) vede nel cast la star Morgan Freeman, qui nei panni di un antropologo e professore universitario esperto di riti e folclore africano. Tra le star hollywoodiane attirate nel progetto dai produttori Andrea Iervolino e Monika Bacardi anche l'attore di Yellowstone Cole Hauser, che interpreta un detective tormentato dal senso di colpa per la perdita della famiglia, e il veterano Peter Stormare, che è il suo capo. Giuseppe Zero interpreta, invece, un commissario di polizia italiano coinvolto nell'indagine.

Muti Cole Hauser 2
Muti: un primo piano di Cole Hauser

E il ping pong tra Italia e America rappresenta il leitmotiv del film davanti e dietro la macchina da presa. Girato tra Roma e il Mississippi rurale, Muti si apre con il ritrovamento di un cadavere mutilato seguito, poco dopo, da un lungo inseguimento notturno per le vie di Roma. A dar la caccia al feroce Randoku (Vernon Davis) sono due diversi dipartimenti di polizia, ma sarà il professor Mackles di Morgan Freeman a fare chiarezza sui suoi scopi, rivelando l'esistenza dei sangoma, sciamani africani che usano erbe e parti del corpo (i muti) di giovani vittime per curare malattie o amplificare le capacità fisiche e mentali. Il detective Lucas Boyd (Cole Hauser) proverà a interrompere la scia di sangue proprio con l'aiuto del refrattario Mackles.

Due continenti sono troppi per una sola storia

Muti Morgan Freeman
Muti: un primo piano di Morgan Freeman

Dopo tante commedie, George Gallo ha accettato la sfida proposta da Andrea Iervolino misurandosi col thriller poliziesco, ma il risultato è zoppicante. Al di là di qualche interpretazione diligente e un Morgan Freeman che, grazie al suo carisma, cattura l'interesse del pubblico a ogni apparizione, Muti non ha molto da offrire se non qualche suggestiva location e un paio di sequenze raccapriccianti. A difettare sono soprattutto le emozioni forti, e sì che lo statuario Vernon Davis, ex campione di football americano, avrebbe il physique du role giusto per interpretare un cattivo sufficientemente inquietante...

Muti Vernon Davis
Muti: Vernon Davis in una scena a Roma

I problemi di Muti vanno cercati soprattutto in una sceneggiatura che attinge a piene mani agli stereotipi del genere, affastellandoli all'interno di una storia priva di spessore. Abbiamo il poliziotto americano dai modi sbrigativi tormentato dalla perdita della famiglia, la sua comprensiva partner che è anche la sua confidente, abbiamo un bel po' di cadaveri mutilati, un killer all'apparenza indistruttibile e la magia nera a metter pepe in un plot che non si discosta dal thriller-tipo e che non possiede neppure quell'ingenuo humor tipico dei prodotti artigianali di serie B. Muti è un film serioso, che ambisce a combinare intrattenimento commerciale con riflessioni esistenziali e guarda a modelli alti senza mai riuscire a sollevarsi dalla mediocrità. Tutto già visto, tutto poco credibile.

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La sceneggiatura non supporta le caratterizzazioni dei personaggi

Muti Morgan Freeman Cole Hauser
Muti: Morgan Freeman e Cole Hauser in una scena

Se la varietà di location solitamente rappresenta una ricchezza, nel caso di Muti rischia di confondere le idee, soprattutto nella prima parte del film in cui un montaggio slegato e poco ispirato accosta le scene in maniera quasi casuale. La regia, che non è supportata da una struttura adeguatamente solida, tende ad appiattirsi su poche idee privilegiando uno sguardo minimalista, privo di guizzi. A mancare è, però, soprattutto l'ingrediente essenziale del genere: la tensione. Centellinati - e spesso telefonati - i colpi di scena, piatte le poche scene d'azione intervallate da iati che ambiscono ad approfondire la psiche di Lucas Boyd attraverso flashback che ricostruiscono il dramma familiare che lo ha colpito.

Muti Cole Hauser
Muti: Cole Hauser in una scena

In una pellicola priva di sussulti in cui la scarsa attenzione riservata alle vittime impedisce allo spettatore di provare la minima empatia nei loro confronti (pensando a serial killer, tensione e bambini rapiti viene subito in mente l'ottimo Black Phone, uscito pochi mesi fa), l'85enne Morgan Freeman porta a casa il lavoro sfruttando il mestiere, anche se nella scena in cui fa lezione si trova a pronunciare un monologo confuso su differenze culturali e minacce che lascia perplessi tanto i suoi studenti quanto il pubblico stesso. Meno scafato, Cole Hauser dimostra di trovarsi ben più a suo agio con ranch, cavalli e mandriani che non con omicidi rituali. L'asciuttezza è una dote, ma in questo caso gli scambi di battute messi in bocca ai personaggi, oscillando tra monosillabi e ovvietà, non aiutano gli attori a fornire una caratterizzazione convincente dei propri personaggi né permettono al pubblico di immergersi in una storia che risulta piatta e distante.

Conclusioni

Come rivela la recensione di Muti, il thriller poliziesco ambientato a cavallo tra Roma e il Mississippi attinge a piene mani agli stereotipi del genere, ma nonostante un cast di nomi celebri capitanato da Morgan Freeman e Cole Hauser, non decolla per via della debolezza di una regia che si appoggia a uno script poco coerente e privo di tensione.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.9/5

Perché ci piace

  • Ogni apparizione di Morgan Freeman cattura l'attenzione dello spettatore.
  • Il tema degli omicidi rituali risulta intrigante.
  • Vernon Davis ha il physique du role perfetto per il ruolo del villain.

Cosa non va

  • La sceneggiatura piena di stereotipi non sviluppa adeguatamente i personaggi.
  • Il montaggio frammentario e i cambi continui di location, che provocano confusione nello spettatore.
  • La mancanza di tensione.