Le suggestioni contenute nel romanzo breve di Stephen King Il telefono del signor Harrigan, parte della raccolta del 2020 Se scorre il sangue, hanno trovato terreno fertile sul piccolo schermo, come sottolinea la nostra recensione di Mr. Harrigan's Phone. Il film, su Netflix dal 5 ottobre, nasce dalla sinergia tra lo streamer e i produttori Jason Blum, finalmente alle prese con il corpus kinghiano, e Ryan Murphy. Mr. Harrigan's Phone, diretto da John Lee Hancock, cattura l'essenza della storia di Stephen King e, in piena sintonia con le scelte del Re del Brivido, si concentra sullo sviluppo della psiche dei personaggi anche a costo di sacrificare la dimensione horror. L'elemento soprannaturale del racconto viene preservato, ma non ha quella centralità e neppure quella forza di altre pellicole analoghe perché la vera forza dirompente del film è quella insita nell'animo umano.
In Mr. Harrigan's Phone si racconta, infatti, l'improbabile amicizia tra Craig, adolescente taciturno e introspettivo ottimamente interpretato da Jaeden Martell (e da Colin O' Brien durante l'infanzia), e il ricco finanziere in pensione Harrigan, che ha il volto penetrante e i toni solenni di Donald Sutherland. Mr. Harrigan chiede a Craig di leggere per lui in cambio di cinque dollari alla settimana e quattro Gratta e Vinci l'anno, ma uno dei biglietti si rivela vincente permettendo a Craig di regalare a Mr. Harrigan un iPhone identico al suo. Dopo lo scetticismo iniziale, l'anziano si appassiona alle potenzialità del mezzo e a internet. Alla sua morte, Craig nasconde nella tasca del corpo il telefono che misteriosamente gli permetterà di comunicare con l'amico scomparso anche dall'aldilà.
La forza dei personaggi kinghiani
Mr. Harrigan's Phone è ambientato ad Harlow, un villaggio del Maine immerso nei boschi e scarsamente popolato. La cornice descritta con tale accuratezza da Stephen King viene riproposta nell'incipit del film in correlazione col carattere schivo e introverso dei personaggi. All'inizio della storia, infatti, Craig è un bambino che ha perso da poco la madre mentre Harrigan ha scelto di trasferirsi ad Harlow per allontanarsi dalla frenesia della metropoli e dai suoi abitanti. Queste due anime affini riusciranno a comunicare attraverso le parole dei romanzi che Craig leggerà per anni all'anziano datore di lavoro, finché la tecnologia non ne prenderà il posto dopo l'acquisto degli iPhone.
John Lee Hancock si mantiene sostanzialmente fedele alla storia originale. Pochi sono i momenti in cui il film si discosta da quanto narrato da King. Scelta, questa, che rappresenta al tempo stesso il punto di forza e il limite di Mr. Harrigan's Phone. Se da un lato la fedeltà è più che apprezzata dai fan - non per nulla ribattezzati dallo stesso Stephen King 'Fedeli Lettori' - dall'altro vi sono momenti in cui si percepisce chiaramente la presenza di soluzioni di stampo letterario (il modo in cui gli incidenti occorsi al compagno di scuola e all'insegnante di Craig vengono inseriti nella storia, per esempio, o le tirate sulla tecnologia di Mr. Harrigan). John Lee Hancock evita le forzature affidandosi a uno stile registico visivamente accurato che fa sua la qualità immaginifica della scrittura kinghiana, da sempre pronta a soffermarsi su dettagli e descrizioni. A ciò si aggiunge un'asciuttezza che fa funzionare anche i dialoghi ripresi pari pari dal romanzo, che acquistano nuova forza agli occhi dei lettori e degli spettatori.
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Il confine incerto tra bene e male
Da Camion (racconto da cui è stato tratto il film Brivido, prima e ultima regia di Stephen King) a Il tagliaerbe, passando per Christine e Il word processor degli dei, il Re del Brivido ha esplorato a più riprese la relazione uomo-macchina vagliandone i meandri più oscuri. Superata la settantina, lo scrittore tradizionalista ha riversato tutta la sua diffidenza nei confronti dei telefoni cellulari in un racconto in cui un banale iPhone diviene veicolo per comunicare con l'aldilà con conseguenze devastanti. Craig lo comprenderà a sue spese in una riflessione dal sapore moralistico sul ruolo che i telefonini rivestono oggi nelle nostre esistenze. Non manca neppure una tirata retorica sulla deriva intrapresa da internet e sui danni causati dall'eccessiva offerta di informazioni gratuite messa in bocca a Mr. Harrigan che però, essendo la storia ambientata tra il 2003 e il 2013, acquista un tono di preveggenza.
Il telefono di Craig che continua a ricevere chiamate e messaggi da Mr. Harrigan anche dopo la morte di quest'ultimo qualche brivido lo provoca, ma il vero orrore, in questo caso, sono i meccanismi dell'animo umano che Stephen King, e John Lee Hancock con lui, indagano molto bene. Mr. Harrigan's Phone si configura come un racconto morale dove nessuno è puramente buono o cattivo. Se anche i bulli hanno una famiglia che si dispera per loro e la ricchezza si accompagna a solitudine e spregiudicatezza, perfino un bravo ragazzo può arrivare a desiderare la morte di chi gli ha fatto del male. L'importante è che il suo desiderio non trovi il modo di avverarsi.
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La crescita: un'avventura da raccontare che fa paura
Più incisivo e coeso nella prima parte, in cui si esplora il rapporto tra Craig e il suo anziano datore di lavoro, Mr. Harrigan's Phone risulta più confuso nella seconda parte, dopo la scomparsa del personaggio di Donald Sutherland, quando al dolore per la perdita e alle difficoltà di socializzazione di Craig alla scuola superiore si aggiunge la dimensione soprannaturale. Tanti spunti interessanti che il regista prova a tenere sotto controllo senza riuscirsi del tutto. La scelta di filtrare tutte le esperienze attraverso il punto di vista di Craig si rivela, però, vincente. D'altronde con precedenti come It e Il corpo, Stephen King si dimostra un mago del coming of age. Anche stavolta la sua nuova riflessione sulla fatica di crescere non ci delude, anche se qualche spavento in più non avrebbe guastato.
Conclusioni
Come svela la nostra recensione di Mr. Harrigan's Phone, il film diretto da John Lee Hancock per Netflix è una riuscita riflessione sulle difficoltà di crescere, sull'amicizia e sui pericoli dell'eccesso di tecnologia nelle nostre vite, anche se sacrifica la dimensione horror tout-court a favore del racconto morale. Un convincente Jaeden Martell tiene testa al mostro sacro Donald Sutherland.
Perché ci piace
- La regia di John Lee Hancock valorizza le descrizioni di Stephen King.
- Le interpretazioni convincenti di Jaeden Martell e del grande Donald Sutherland.
- I colpi di scena tutt'altro che banali e l'importanza della riflessione sull'uso della tecnologia oggi...
Cosa non va
- ...che però non nasconde toni moralistici.
- L'adesione totale al racconto originale, a tratti, crea qualche forzatura.
- L'orrore solo suggerito.