Durante la promozione nordamericana di Mickey 17, per la precisione durante un intervista rilasciata al Los Angeles Times, Bong Joon-ho è stato interrogato riguardo un suo possibile futuro all'interno del mondo del cinema hollywoodiano. Nello specifico gli è stato chiesto se il passo successivo per un regista che ha fatto la Storia dell'industry di Tinseltown, cercando sempre un punto di vista esterno per cambiare dall'interno i codici del blockbuster, non possa essere quello di avvicinarsi ad un franchise.

Attualmente i "papabili" potrebbero essere Star Wars, in attesa di una ripartenza sul grande schermo, e anche 007 dopo la notizia dell'acquisizione da parte di Amazon, magari in cerca di un nome forte dietro la camera per un rilancio che nasce tra tantissime perplessità da parte dei fan vecchi e nuovi. Il regista sudcoreano ha rilanciato, dichiarando che amerebbe invece mettere mano alla saga di Alien e che gli piacerebbe farlo facendone un musical.
Questo ci dice fondamentalmente due cose: la prima è una ricerca ossessiva di una prospettiva personalissima, anche a costo di pagare lo scotto di un'integrazione difficile o di essere accusati di essere il solito provocatore e la seconda è che Joon-ho ama i mostri. Questa seconda osservazione ci dà un grande gancio per rileggere il rapporto che ha con loro. Un rapporto che gli ha permesso di uscire del seminato più tradizionale e aprire le porte verso l'Occidente, acquisendo una dimensione che oggi lo rende un regista unico sul panorama internazionale.
Il primo mostro di Bong Joon-ho

Se vogliamo, possiamo trovare un pizzico di Alien anche in Mickey 17, specialmente nei primi due tête-à-tête con i (malamente) ribattezzati "striscianti", ovvero gli abitanti di Niflheim, anche se il cinema di Bong Joon-ho con la saga con lo xenomorfo di Giger e Scott aveva già avuto un incontro nel 2006 con The Host. Guarda caso il primo film del regista sudcoreano con un mostro protagonista e anche il primo film in cui lavorò a stretto contatto con un team hollywoodiano e di cui si occupa degli Stati Uniti.
La pellicola nasce nel 2003 proprio dall'ideazione della creatura, che prende ispirazione da un pesce deforme con una spina a S avvistato nel fiume Han, anche se nella concezione finale (specialmente nel momento del modello digitale) il team prese ispirazione da Predator, Dragon Heart e, ovviamente, Jurassic Park. La creatura è stata il frutto di un lavoro congiunto di tanti studi diversi e della supervisione del regista e di Kevin Rafferty, uno dei più importanti VFX supervisor del cinema statunitense. Un mostro nato dalla commistione.

All'interno di The Host la creatura aveva un significato profondo e indicatore di quanto Joon-ho ritenga importante questo elemento a livello cinematografico. L'idea alla base del mostro era quella di ribaltare i modelli di suoi cugini famosi come Godzilla e King Kong, ma renderlo invece più goffo e in un certo senso indifeso. Una preda invece che un predatore. Intorno al suo simbolismo tanto si è detto e tanto di è discusso, ma quello che è certo sta nella sua funzione nello smascherare il turbolento rapporto tra Stati Uniti e Corea del Sud. Esso è in un certo senso il figlio di questa relazione difficilissima, deformazione di una realtà che ha danneggiato la società e la famiglia. Si tratta del mostro più complesso e significativo della filmografia del regista.
Le creature buone di Okja e Mickey 17

Andando sulla filmografia espressamente statunitense di Bong Joon-ho arriviamo ad Okja (in realtà ci sarebbe anche un interessantissimo filone critico che vede il treno di Snowpiercer come un mostro meccanico, ma noi vogliamo mostri non metaforici, quindi lo saltiamo), 11 anni dopo The Host. In 11 anni molto può cambiare, anche la relazione d'amore / odio tra il regista e gli USA, le sue intenzioni riguardo la lettura del Paese, ma non l'importanza che fornisce ai mostri, per l'occasione connaturata ad una forte accezione positiva che si riscontra anche in Mickey 17.
Un'accezione positiva che nasce dall'aspetto, dato che il super maiale non ha nulla di spaventoso, anzi, spinge sull'acceleratore in quanto caratteristiche da preda e diventa così l'emblema della colpa nordamericana in materia di ipersfruttamento capitalista di risorse naturali. La creatura conserva il suo essere rappresentazione della visione degli USA da parte di Joon-ho e gli USA, ma il suo uso è molto più occidentale rispetto al passato. Lo si vede soprattutto nell'idea di mettere il super maiale al centro di una favola in cui divide il palcoscenico con una bambina, rifacendosi ad anni e anni di film statunitensi che si sono occupati di infanzia.

Un altro indizio del cambiamento nell'approccio di ideazione del mostro sta nelle fonti d'ispirazione. Pensate che il design di Okja nasce dalla fusione di un maialino e di un ippopotamo (nulla di deforme dunque), mentre quello degli striscianti di Mickey 17 nasce addirittura da un croissant, come ha detto lo stesso regista sudcoreano. In loro sta una delle ambizioni più riuscite del film, ovvero quella di denuncia anticolonialista. L'evoluzione di questi mostri ci racconta quindi molto della vita personale, ma anche del mutamento della poetica di Joon-ho, divenendo il simbolo di ciò che lo ha reso più pop e internazionale, persino a scapito della profondità interpretativa. Magari la prossima creatura ci sorprenderà e farà una summa tra il pescione del 2006 e le adorabili creature di queste ultime due sortite. Xenomorfo o no.