Che si voglia o no, PornHub desta scalpore e interesse. Il colosso del porno è un canale di attenzioni da parte di spettatori spinti sia dal desiderio che dalla timida curiosità per qualcosa conosciuto solo all'esterno, e mai veramente approfondito. Una lacuna conoscitiva che, come sottolineeremo in questa recensione di Money Shot: la storia di Porn Hub, il documentario diretto da Suzanne Hillinger e disponibile su Netflix cerca di colmare, tra successo e zone oscure di un microuniverso in cui il piacere è solo l'atto finale di attacchi e sfruttamenti, censure e libertà violate.
Money Shot: la storia di PornHub, la trama
Era il 2007 quando l'industria dell'intrattenimento per adulti viene travolta dalla rivoluzione Pornhub. Sebbene il sito si sia rivelato sin da subito estremamente redditizio (si parla di una valutazione di circa un miliardo di dollari) non è mancata di certo un'ondata di critiche di utenti indignati per il materiale proposto. Una controversia, questa, che ha raggiunto il proprio acme nel febbraio 2021, quando la società madre di Pornhub, MindGeek, è stata colpita da una causa civile collettiva che accusava il sito di monopolizzare l'industria del porno, e di ospitare video espliciti di vittime del traffico sessuale di minori. Ed è in questo gioco di accuse e difese che cerca di muoversi il documentario di Suzanne Hillinger.
Il piacere interrotto della narrazione
C'è tanto materiale intrinseco da sfruttare, tanti cavilli da indagare, tante storie da raccontare dietro a PornHub. Un carico imponente di nozioni che il documentario della Hilliner non è però in grado di supportare e gestire pienamente. E così, tutta questa struttura documentaristica colma di aspettative, dimostrerà ben presto i propri limiti, sviluppandosi su un paradosso del tutto auto-sabotatore che intacca la forza interna di un soggetto narrativo interessante, ma mal sviluppato. Dopotutto, il documentario di Suzanne Hillinger lo promette sin da subito: come si legge nel titolo, il suo obiettivo principale è quello di ripercorrere le tappe fondamentali della storia di PornHub.
Ciononostante, non passerà molto tempo prima che un paradosso alquanto limitante inizi a farsi minacciosamente largo nello spazio della visione. Più che disamina dei momenti salienti che hanno portato un semplice sito di condivisione a diventare una piattaforma dal valore miliardario, Money Shot finisce per concretizzarsi in un braccio di ferro tra coloro che ne vogliono la chiusura e chi lo difende a spada tratta. Una lotta perenne in cui va a risiedere il cuore battente dell'intera opera: nessuna dissezione in questo corpo nudo, ma un taglio netto che lo lacera, dando spazio a un battibecco continuo dove tanto viene detto, ma mai veramente spiegato.
I 20 migliori documentari su Netflix da vedere assolutamente
Braccio di ferro tra pensieri contrastanti
È un figlio chiamato a scegliere tra mamma e papà, lo spettatore di Money Shot. Posto al centro della scena, il pubblico ascolta attentamente le arringhe difensive da parte di sostenitori di una causa civile intentata per il facile accesso a filmati eticamente inaccettabili, dall'altro ascolta chi in quell'universo ha trovato il perfetto strumento di condivisione della propria arte e della propria identità. Ed è qui che si ritrova il punto di massima forza dell'intero prodotto, ossia la volontà di dare voce a entrambe le fazioni in maniera equilibrata e ugualitaria. Ciononostante, senza la costruzione di un bagaglio conoscitivo che orienti il proprio pubblico nel bosco fitto di testimonianze e confessioni, l'opera lascerà ben presto lo spettatore a vagare solo, senza un filo del discorso a cui aggrapparsi e senza un'àncora a cui tenersi per comprendere la portata etica ed emotiva delle informazioni a lui offerte.
Carpe diem, tempo fugit
Tutto è suggerito, ammiccato, accennato, ma mai veramente approfondito in Money Shot. Troppo limitato il minutaggio destinato alle personalità coinvolte e ai tipi di rapporti intrapresi con l'universo indagato. Una superficialità cronologica e nozionistica che intacca inesorabilmente l'attivazione di un eventuale processo di immedesimazione da parte dello spettatore. Data la mole di informazioni a propria disposizione (molte delle quali sacrificate, o mal gestite) uno schema come quello già ampiamente rodato da un sottogenere come quello delle docu-serie avrebbe sicuramente giovato alla Hillinger nel confezionamento di un'opera solida e compatta, invece di un prodotto dispersivo e lacunoso, figlio di un gioco di taglio e cuci imposto dalle tempistiche dei lungometraggi cinematografici.
Money Shot: la storia di Pornhub si presenta dunque sulla scena conscio di cogliere con facilità l'interesse di ogni spettatore: da quello che ha già familiarità con la piattaforma, a quello che vuole semplicemente informarsi. Ma qualcosa non funziona nel suo meccanismo; il corpo non risponde e la mente non reagisce. E così, Money Shot finisce per essere un abbraccio senza ardore, un rapporto senza desiderio; un incontro fortuito, veloce e senza emozione, pronto a svanire nel buio della notte, o alla chiusura di una finestra sullo schermo del computer.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Money Shot: la storia di PornHub sottolineando come il documentario di Suzanne Hillinger, disponibile su Netflix, vantasse un'occasione unica per indagare le tappe fondamentali che stanno dietro a un successo come quello di questo celebre sito dell'intrattenimento per adulti. Ciononostante, il risultato finale è un raccordo di testimonianze che poco offrono, o spiegano, e tanto disorientano. Senza una conoscenza pregressa capace di orientare il proprio spettatore, molte delle nozioni offerte e le cause che hanno portato alla richiesta della chiusura della piattaforma, non vengono pienamente colte, perdendosi nel vuoto.
Perché ci piace
- L'idea di partenza.
- La portata nozionistica dei temi trattati.
- Il coraggio di affrontare un argomento del genere.
Cosa non va
- L'incapacità di distribuire le varie informazioni creando un'opera dispersiva.
- La durata dell'opera che non permette di approfondire gli argomenti trattati.
- Il non aver sfruttato a dovere il materiale a propria disposizione.