Mon crime - La colpevole sono io, la recensione: le dive assassine di François Ozon

La recensione di Mon crime - La colpevole sono io di François Ozon, con Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder e Isabelle Huppert: una farsa a tinte noir che omaggia i classici della screwball comedy.

Mon crime - La colpevole sono io, la recensione: le dive assassine di François Ozon

Scorrendo la filmografia di François Ozon è possibile notare come gran parte della sua produzione si allontani recisamente dalla poetica del realismo per giocare piuttosto con convenzioni e stilemi, spesso rivisitando i canoni classici secondo una sensibilità e un'estetica afferenti al postmodernismo. Non a caso il cinema classico costituisce un importante punto di riferimento per Ozon, regista che ha spesso ammantato i propri lavori di una smaccata teatralità; ed è quanto accade anche nella sua più recente fatica, come vedremo nella nostra recensione di Mon crime - La colpevole sono io, film tratto dall'omonima pièce datata 1934 di Georges Berr e Louis Verneuil. Una storia ambientata nella Parigi del 1935, o meglio in una Parigi artificiale ripresa da un determinato immaginario, e che qui funge da palcoscenico per una commedia gialla i cui personaggi sono impegnati a sfidarsi in una gara di astuzia e di doppiezza.

Due ragazze e un mistero: François Ozon ritorna al giallo

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Mon crime: Nadia Tereszkiewicz e Rebecca Marder

La trama di Mon crime, e ancor più le tematiche al cuore del racconto, possono rievocare il leggendario musical Chicago di Bob Fosse, John Kander e Fred Ebb: Madeleine Verdier, giovane aspirante starlette, resta coinvolta nell'omicidio di un noto produttore teatrale che aveva tentato di abusare di lei, ma questa vicenda di cronaca le regala un'improvvisa celebrità. A dar corpo alla soavità e al fascino birichino della biondissima Madeleine è Nadia Tereszkiewicz, astro emergente del cinema d'oltralpe (e vista l'anno scorso in Forever Young di Valeria Bruni Tedeschi), mentre Rebecca Marder presta il volto alla bruna Pauline Mauléon, la giovane avvocatessa amica e coinquilina di Madeleine, nonché sua complice nel progetto di trasformare il processo alla ragazza in un trampolino di lancio per la sua carriera nel mondo dello show-business.

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Mon crime: Rebecca Marder, Isabelle Huppert e Nadia Tereszkiewicz

Estate '85: realtà, fantasia e sogno nel cinema di François Ozon

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Mon crime: un'immagine del film

L'elemento giallo e il dramma giudiziario sono innestati però in una struttura che è quella tipica della screwball comedy americana, un genere che in passato infatti aveva già attinto al testo di Berr e Verneuil, con ben due trasposizioni realizzate in quel di Hollywood: La moglie bugiarda del 1937, con Carole Lombard e Fred MacMurray, e Bionda fra le sbarre del 1946, con Betty Hutton. Sul piano del ritmo, del tono narrativo e degli aspetti-cardine della pellicola, Ozon guarda a modelli quali Ernst Lubitsch, Preston Sturges e ovviamente Billy Wilder, a cui è dedicata anche una fuggevole citazione: il film per cui Madeleine e Pauline si recano al cinema è l'opera d'esordio del regista austriaco, Amore che redime con Danielle Darrieux, attrice che sarebbe poi stata diretta dallo stesso Ozon nel 2001 in 8 donne e un mistero.

Comprimari di lusso, da Isabelle Huppert a Fabrice Luchini

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Mon crime: un'immagine di Nadia Tereszkiewicz

E appunto 8 donne e un mistero, tutt'oggi il suo titolo di maggior successo, può dare un'idea dell'approccio adottato da François Ozon pure per Mon crime, che assume un taglio volutamente farsesco, costruisce un'apologia della spregiudicatezza femminile e, a distanza di oltre vent'anni, riunisce il regista parigino con Isabelle Huppert. Nei fastosi panni e nella vaporosa parrucca di Odette Chaumette, ex-diva del muto decisa a reclamare l'antica fama, la Huppert entra in scena verso la metà del film con la forza di un tornado, offrendoci una gustosa variante comica dell'archetipo di Norma Desmond e mettendo a repentaglio l'elaborato castello di menzogne eretto dalla coppia di protagoniste, ma da cui stanno traendo beneficio pure tutti gli altri.

Il cinema di François Ozon: fra melodramma, eros e ironia

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Mon crime: François Ozon, Fabrice Luchini e Isabelle Huppert

E fra i comprimari troviamo l'architetto Palmarède di Dany Boon, Monsieur Bonnard (il veterano André Dussollier), impresario di una ditta di pneumatici, suo figlio André (Edouard Sulpice) e il magistrato Gustave Rabusset, che nell'interpretazione nevrotica del grande Fabrice Luchini dà vita a un paio fra i momenti più divertenti dell'opera: imperdibile il faccia a faccia con Odette, con il magistrato che tenta di affibbiarle uno dei suoi numerosi casi irrisolti ma si scontra irrimediabilmente con le pretese dell'attrice.

Conclusioni

Prima commedia tout court dai tempi di Potiche nel curriculum di Ozon, che di recente aveva sperimentato invece varie declinazioni del dramma (dal thriller omoerotico Estate ’85 al mélo fassbinderiano Peter von Kant), Mon crime si adagia nella sua dimensione di puro divertissement: più della facile satira sul sensazionalismo dei media, a convincere è la girandola di situazioni e intrighi che, pur nella loro prevedibilità, in ultima istanza esaltano le virtù di chi sa adattarsi alle circostanze avverse, ribaltandole a proprio vantaggio. Esattamente come facevano gli eroi – e ancor più le eroine – del cinema di Billy Wilder.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • L’abilità nel rivisitare alcuni codici della screwball comedy classica, genere di cui François Ozon riproduce temi, stilemi e ritmo.
  • L'ironica leggerezza con cui viene messa in scena una storia a tinte gialle che non si prende mai sul serio.
  • Un'affiatata ed efficace squadra di interpreti, che si avvale di comprimari del calibro di Fabrice Luchini e Isabelle Huppert.

Cosa non va

  • La sostanziale prevedibilità del percorso narrativo e la natura di "opera minore" priva di una reale profondità.