Quante volte e in quante coppie si è pensato, giunti all'esasperazione, che l'altro non ci comprende, che non riesce a mettersi nei nostri panni? Silenzio, rassegnazione, non condivisione. Perché non si vuole portare il lavoro a casa o semplicemente perché non se ne può più sentir parlare dopo una giornata pesante. E le incomprensioni che aumentano e allontanano. Cosa accadrebbe se le menti di Moglie e marito si scambiassero e ci si svegliasse all'improvviso l'una nel corpo dell'altra? È quanto racconta l'esordio nel lungometraggio di Simone Godano, su una sceneggiatura brillante di Giulia Steigerwalt insieme a Carmen Danza.
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Un esordio alla regia molto maturo
Con un paio di cortometraggi e qualche spot al suo attivo, Simone Godano, non ancora quarantenne, non poteva sperare in combinazioni migliori. Questo film è un bouquet di giovani professionalità che potremmo definire "underground", anche se impropriamente. Un manipolo di persone senza "agganci" e con ottime idee, che da tempo avevano bisogno di un'occasione per emergere definitivamente. "In 48 ore mi è stato offerto un film e ho scoperto che sarei diventato padre", esordisce Simone Godano alla presentazione romana del film. "Matteo Rovere (produttore del film, nda) mi ha fatto leggere la storia, e da lì abbiamo analizzato l'idea di cavalcare un'onda realistica nella narrazione. Il pubblico doveva trovare credibile la storia raccontata". E dopo la conferenza, un soddisfattissimo Simone ci ha anche raccontato come ha evitato che il film cadesse nei cliché o nelle volgarità, per cui il rischio c'era decisamente: "Il rischio era dietro l'angolo, ma devo dire che da un lato abbiamo preparato molto il film e dall'altro ci siamo presi delle libertà, improvvisando, non dando per scontate a tavolino le reazioni che si possono generare tra due persone che subiscono questo scambio. La scena andava fatta per intero sempre, di filato, anche se si sbagliava qualcosa, perché volevamo vedere dove ci portava, essere realistici o peggio ripetitivi".
Sicuramente la scelta degli attori è stata determinante per la buona riuscita del tutto. Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak non avevano ancora mai recitato insieme. "L'incontro con questi due 'mostri' ci ha consentito di non chiudere il film dentro dei paletti, di darci una certa libertà e non costruire a tavolino tutti i punti dello scambio. Non volevamo né che il racconto diventasse rigido, né chiuderlo in un genere prestabilito", ha spiegato ancora Godano. E poi, dopo la conferenza, ha aggiunto ai nostri microfoni che "mi chiedo da giorni come sia possibile che nessuno li aveva ancora mai scelti per recitare insieme. Sono due mostri di bravura, lavorano entrambi tantissimo, ma soprattutto funzionano insieme in maniera pazzesca. Dal primo giorno in cui li ho incontrati insieme, ho visto in modo lampante l'alchimia. E poi sono onorato del trasporto che ci stanno mettendo per la promozione di questo film. Hanno il mio stesso entusiasmo, ma io sono all'opera prima!". E tra una frase e l'altra, si lascia scappare un "Me li riprendo", lasciandoci intendere che girerà un altro film con questi due straordinari attori.
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L'accoppiata vincente... ma invertita!
E proprio grazie ai due protagonisti Moglie e marito diventa assolutamente esilarante. Naturale che, in conferenza stampa, qualcuno chiedesse subito come è stato mettersi nei panni dell'altro. "Io parto avvantaggiato vista la mia incredibile somiglianza con Kasia. Non mi sono posto il problema, spesso per strada mi scambiano per lei. Sono partito da questa consapevolezza, e questo mi ha aiutato", ha cominciato Pierfrancesco, facendo ridere tutti i giornalisti presenti. Poi, più seriamente, ha spiegato: "Abbiamo lavorato tanto insieme, anche con Simone. Le prime prove sono state finte per consentirci di spiarci a vicenda. Poi sono andato a rivedermi film e interviste che Kasia aveva fatto per studiarla un po' prima di interpretarla. Ma il fatto è che io non sto interpretando Kasia, bensì Sofia, quindi è stato un doppio carpiato. Ma alcune cose, come lei guarda, come lei muove la bocca, mi hanno aiutato". "La trasformazione è stata più mentale che fisica", ha spiegato meglio Kasia, "non erano tanto i gesti, ma il pensare cosa farei io se mi ritrovassi nel corpo del suo personaggio. Prima abbiamo dovuto capire due personaggi anziché uno soltanto e poi interpretarli. Spesso mi facevo mandare da Simone alcune scene. Era una sofferenza enorme quando non avevo Pierfrancesco con me sul set. Ci siamo osservati, studiati, quando era presente era più facile".
C'è molta interiorizzazione e sicuramente i due protagonisti ci tengono a ribadire che la chiave di lettura del film è l'empatia. "È un dramma vero. Immagina se improvvisamente diventi la tua compagna. Devi andare a lavorare, hai delle cose da fare. C'è l'urgenza di risolvere cose pratiche immediatamente", dice Favino alla platea di giornalisti. Ma dopo abbiamo chiesto loro anche cosa ha comportato dal punto di vista fisico: "La sceneggiatura era scritta molto bene e quindi è stata una fantastica base di partenza", racconta Kasia, "ma noi non sapevamo cosa sarebbe accaduto sul set. Ci sono state delle scene in cui abbiamo improvvisato. Grazie anche a Simone Godano che ci ha dato la libertà di farlo". "Io da solo però non avrei potuto improvvisare", aggiunge subito Pierfrancesco, "la presenza reciproca ci ha fatto spesso venire in mente cosa fare. Poi c'è il divertimento della commedia, che per questo è bellissima, ha dei margini molto più ampi, quando hai la garanzia di una sceneggiatura scritta con gusto. Questo script era soave da un certo punto di vista". Perché anche un pizzico di politicamente scorretto in una commedia degli scambi è necessario. Elemento analizzato ampiamente durante l'incontro, ancora da Favino: "La libertà di essere scorretti è quello che consente a questa coppia di capirsi meglio. Ammettere nei panni dell'altro i propri errori, e attraverso l'ammissione farcela. I giornali maschili e femminili ti dicono che devi farcela da solo, invece questi due hanno bisogno l'uno dell'altra. L'ho trovato molto attuale e commovente. Sono convinto che alcune coppie proveranno più empatia reciproca uscendo dal film. L'empatia e la mancanza di empatia sono alla base della riuscita o del fallimento di un rapporto".
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Una sceneggiatura che sviluppa idee
Cambiare e cambiarsi. Ecco cosa ha fatto ciascun attore su questo set. Persino Valerio Aprea, che interpreta Michele, il migliore amico di Andrea, ha un aspetto diverso dal solito: "Sono l'unico che è rimasto sempre se stesso e che però ha dovuto subire due ore di trucco al giorno", racconta. "È stato divertente, a tratti era difficile restare seri, tanto ero sbalordito dai loro risultati". Che poi, dopo la conferenza, si rivela il contrario del suo personaggio: "Di una donna mi piace il livello evolutivo. Perché quando una donna è evoluta è qualcosa di straordinario e per noi inarrivabile. L'evoluzione femminile è una cosa che io invidio e che da una parte temo. Una donna evoluta ti mette spalle al muro e ti costringe a fare i conti con la tua involuzione. Come quella del mio personaggio, che tutto sommato però è un tenero". Sicuramente l'idea dello scambio non è nuova nella commedia. Madri e figlie, come in Tutto accadde un venerdì, uomini e donne, persino animali. O Papà diventa mamma, con Aldo Fabrizi e Ave Ninchi, citato dallo stesso Favino. "Mi permetto di spezzare una lancia a favore di Plauto e di Goldoni", dice rispondendo a un giornalista. "La commedia degli equivoci è basata sul doppio. La bella peculiarità di questa sceneggiatura è che non ha solo una buona idea di base, ma ha poi uno sviluppo, mentre ultimamente il problema è che le idee stagnano. Lo dico anche come produttore: la difficoltà quando si ha un'idea è poi svilupparla. Per fortuna il cinema non è uno solo. Ci sono persino dei classici che consideriamo dei capolavori che però non hanno questa struttura e questo ritmo".
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Questo script che funziona così bene è stato ideato da due ragazze assai in gamba: Giulia Steigerwalt, attrice dai molti film all'attivo e all'esordio come sceneggiatrice di un lungometraggio, con Carmen Danza. "Penso sia molto insolito avere una sceneggiatura in testa nei minimi dettagli e poi essere totalmente soddisfatta del lavoro finale", racconta la Steigerwalt. "Sono molto contenta del film finito. I riferimenti ai molti film precedenti sono più una struttura (come le commedie di Nancy Meyer, a cui mi ispiro) che poi una base di sceneggiatura. Credo che imitare dell'altro cinema sia sbagliato, penso che la strada giusta sia calarlo nel nostro presente italiano". A sottolineare la forza della sceneggiatura sono tutti, ma dopo la conferenza stampa, è lo stesso Godano a ribadirlo a noi: "Nella sceneggiatura c'è chiaramente un punto di vista femminile che, se dette da un uomo, potrebbero risultare un po' fastidiose. Giulia, secondo me, è stata bravissima a trovare un equilibrio sfruttando lo scambio, il fatto di vedere un uomo ma sapere che dentro c'è una donna. Questo equilibrio è la forza della scrittura". L'analisi della Steigerwalt non fa sconti, ed è impietosa anche verso le donne che guardano a loro stesse: "La prospettiva delle donne stesse spesso parte da un punto di vista maschile. Ci si chiede cosa piace agli uomini, cosa devo fare per piacere. Un uomo non se lo chiede mai". E, domande a parte, ciò che ci auguriamo è che arrivino a giovani e bravi registi altre sceneggiature così ben scritte.