Mixed by Erry, il film di Sydney Sybylia (qui la nostra recensione), una delle sorprese italiane di questo inizio del 2023, arriva finalmente in streaming su Netflix dal 22 giugno. È un film da non perdere, per la regia, per gli attori, per la grande colonna sonora. E soprattutto per la storia: Mixed by Erry è dedicato al primo, grande pirata discografico della storia italiana. Enrico Frattasio, per tutti Erry, che fin da ragazzo voleva fare il deejay nelle discoteche, ma per farlo serviva un certo look, un nome e un'attitudine internazionale.
Così il deejay lo fa con le cassette, sia creando le sue compilation sia duplicando gli album originali. Quel lavoro cresce sempre di più fino a diventare qualcosa di industriale: all'inizio degli anni Novanta, Mixed By Erry, questo il suo marchio di fabbrica, diventa la prima casa discografica italiana per fatturato. All'anteprima romana del film, i primi giorni di marzo, era evidente una cosa: Mixed by Erry era un "marchio" conosciutissimo per chi era cresciuto a Napoli, ed era conosciuto anche a Roma. Nel nord Italia no. C'è chi è cresciuto con altri miti. Perché non c'è stato solo Erry, e la pirateria discografica ha vissuto anche altre fasi.
Le cassettine di San Marino
Ecco, nel nord Italia le cassettine Mixed by Erry non arrivavano. E così i ragazzi che volevano ascoltare musica, e non potevano comprare troppi dischi o musicassette originali, avevano un'altra fonte: la cassettina in arrivo da San Marino. Prima o poi c'era qualche amico che andava a visitare questa cittadina lì in alto, sul Monte Titano, che, come sapete, è uno stato indipendente, con il suo governo, le sue leggi. E anche la nazionale di calcio. Fuori dai confini italiani, quindi, non erano in vigore le norme sui diritti d'autore e violarle era più facile. Allora quell'amico tornava con delle cassette che, all'esterno, erano uguali alle originali: la copertina veniva riprodotta in modo da essere esattamente come quella di una vera cassetta. Ovviamente, all'interno era bianca, e anche la cassetta mostrava di essere evidentemente duplicata. Nelle stradine di San Marino c'erano interi negozi dedicati a queste musicassette, schierate in bella vista come in un vero negozio di dischi. Gli stabilimenti di San Marino, ai tempi d'oro, producevano qualcosa come 2 milioni di cassette l'anno. All'epoca, parliamo degli anni tra gli Ottanta e i Novanta, costavano 5 mila lire l'una, contro le 15 mila di una cassetta originale. Come dire 3 al prezzo di 1. Non un grande affare, alla fine. Anche perché, se la qualità sonora non era male, era la resistenza del nastro a non essere il massimo. Chi scrive ricorda ancora il disappunto per una cassetta di 101, l'album live dei Depeche Mode, con il nastro miseramente rotto. Risultato: acquistare poi la cassetta originale di 101, con il risultato di spendere, in totale, 20 mila lire...
Mixed by Erry, Sydney Sibilia: "Il vero Erry è un algoritmo umano"
Il noleggio dei cd
Man mano le cassettine registrate passarono di moda. Ma immediatamente - parliamo degli anni intorno al 1992, 1993 - fiorì un'altra tendenza. Parliamo del noleggio dei cd, con negozi molto spartani che cominciarono a diffondersi. Negozi che compravano regolarmente i compact disc e li mettevano a disposizione della clientela: a noleggio per un paio di giorni, dopo di che potevano essere restituiti. I negozi avevano degli espositori in cui erano appese, dentro bustine di plastica, le copertine dei cd, mentre confezione e cd originale erano dietro al banco. Una volta scelto il disco, veniva anche dato il prodotto completo. In teoria l'azione non era illegale: era quello che avveniva, da anni, già con le videocassette, e che poi sarebbe andato avanti con i dvd. Il fatto è che, in pratica, tra il pubblico nessuno aveva dei registratori per duplicare le vhs (solitamente erano solo macchinari professionali), mentre ogni stereo ormai aveva il lettore cd e quello a cassette, in modo che ognuno potesse duplicare quel cd e ascoltarlo in eterno senza averlo mai acquistato. In un certo senso, quindi, era un'attività che favoriva la pirateria. E per questo, dopo un paio d'anni i negozi di noleggio cd scomparvero, rapidamente com'erano comparsi.
La rivoluzione di Napster
Ma poi le cose sono cambiate ancora, e quella è stata una vera rivoluzione. Alla fine degli anni Novanta i personal computer e la connessione internet cominciavano a diventare tecnologie alla portata di tutti. E con la rete che ci dava la possibilità di aprirci al mondo è arrivata la possibilità di avere tutto a portata di mano. La musica, soprattutto, ma anche i film. Non da subito, perché, vi ricordiamo, le connessioni erano quelle dei modem a 56K, lentissime. E, soprattutto, legate alla linea del telefono, che spesso era unica. Risultato: qualcosa come 40 minuti per scaricare una canzone, che magari poteva essere interrotta da una cornetta alzata quando si era a pochi secondi dal completamento. La possibilità di scaricare musica gratuitamente era dovuta a un sistema chiamato peer-to-peer, cioè la condivisione di file tra utente e utente. L'intuizione è stata di Sean Parker, il creatore di Napster. Ma altri pionieri, o pirati, lo hanno seguito: eMule, uTorrent, The Pirate Bay. Le case discografiche, e gli stessi artisti (famoso il caso dei Metallica), hanno intentato cause per miliardi, e, in teoria, hanno vinto. Ma, in questo senso, è illuminante il discorso tra Sean Parker (Justin Timberlake) e una ragazza, in The Social Network, che gli fa notare che Napster ha perso la causa. "Napster non è stato un fallimento, ho cambiato l'industria discografica in meglio e per sempre. Forse non sarà stato un buon affare, ma ha fatto incazzare un sacco di persone". Ed è vero. Nessuno, da quel momento, ascolta più la musica nello stesso modo. Le case discografiche hanno puntato sul download legale di file, alleandosi con piattaforme come iTunes. Ma poi è arrivato lo streaming.
E alla fine arriva Spotify...
La quadratura del cerchio, allora, è arrivata con Spotify (e le altre che l'hanno seguita, come Deezer, TimMusic e altre). Spotify è una piattaforma che ha messo a disposizione non la proprietà delle opere d'ingegno, ma un servizio, la possibilità di ascoltarle: non supporti fisici, ma la fruizione di un'opera. Spotify sembra avere messo d'accordo tutti: le case discografiche, gli artisti, il pubblico. Si accede a un servizio registrandosi e si accede a un database enorme, illimitato o quasi: gratuitamente, e allora si ascolta la pubblicità, come nelle tv commerciali, o si paga un abbonamento, e si può ascoltare la musica senza interruzioni. Anche qui è illuminante un'opera audiovisiva, stavolta una serie tv: si chiama The Playlist, arriva dalla Svezia e la trovate su Netflix. Racconta la storia di Daniel Ek, programmatore che voleva dare vita a un Pirate Bay che fosse legale, e senza i tempi d'attesa per ascoltare una canzone; ma non è stato facile risolvere il problema dei diritti d'autore e convincere le case discografiche a fidarsi. Ek se le è trovate contro, e ha dovuto faticare per imporsi. Tutti contenti, allora? Non proprio: lo streaming frutta pochissimo agli artisti, nulla in confronto alla vendita di un disco. E per gli artisti emergenti diventa molto difficile.
Mixed by Erry: tutte le (strepitose) canzoni del film di Sydney Sibilia
La musica ha ancora valore?
Il problema della pirateria non è comunque risolto, è solo contenuto. Ed è così anche per quello che riguarda i contenuti audiovisivi. Con un abbonamento a Netflix, che è conveniente, in teoria le persone non scaricano più i film come prima, così come non scaricano le canzoni avendo Spotify. Ma le piattaforme di download illegale ci sono ancora, così come i siti di streaming illegali dai quali vedere i film. Ma con questa nuova era, si è perso anche - parliamo della musica - quell'aspetto romantico di scegliere un disco, soppesarne l'acquisto, e sposarlo. Ce ne aveva parlato qualche anno fa Anton Corbijn, il famoso fotografo del rock e regista del film Control sui Joy Division. "Oggi la musica è disponibile ovunque" ci aveva raccontato. "Credo che quello che rendeva speciale la musica negli Anni Sessanta e Settanta è che non era disponibile dappertutto, era il linguaggio di una generazione, e questo aspetto se n'è andato. Quello che rende la musica meno speciale oggi è questo. E credo che la musica sia una forma d'arte, debba essere scelta, valutata: io non ho mai scaricato niente gratis, è contro tutto quello in cui credo. Se ogni cosa è gratis, come puoi darle valore? Se non è gratis, devi fare una scelta: spendi i tuoi soldi per un disco invece che per un altro. Credo che oggi la gente dia meno valore alla musica proprio per questo".