Missing: il caso Lucie Blackman, la recensione: scomparire all'ombra del Sol Levante

La recensione di Missing: il caso Lucie Blackman, docu-film sulla scomparsa della giovane britannica a Tokyo che sconvolse il mondo nell'anno Duemila.

Missing: il caso Lucie Blackman, la recensione: scomparire all'ombra del Sol Levante

Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno.

E Guy de Maupassant aveva proprio ragione. Con lo zaino in spalla, o con un trolley pieno, - troppo pieno - il viaggio va oltre il semplice spostamento da un punto A a un punto B. Gli occhi si riempiono di meraviglia, l'incontro con altri mondi elimina i pregiudizi, lo scontrarsi con altre culture accresce una consapevolezza interna che va a rinforzarsi, modellarsi, costruirsi chilometro dopo chilometro, foto dopo foto. Chiusa la valigia, la persona che è partita non è la stessa di quella del ritorno. È accresciuta, arricchita, molto spesso migliorata. Poi capita che in questa perpetua scoperta, una città, un paese, o un semplice dettaglio, colpisca al cuore facendo sentire il viaggiatore nel posto giusto al momento giusto: è come se finalmente si sentisse veramente a casa.

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Missing: il caso Lucie Blackman - un frame del film

Come sottolineeremo in questa recensione di Missing: il caso Lucie Blackman (docu-film disponibile su Netflix), la giovane hostess di origine inglese aveva trovato nel cuore di Tokyo il proprio posto nel mondo. Circondata da un universo cittadino attento ai dettagli, serioso eppure (apparentemente) sicuro, Lucie si lascia accogliere, ammaliare, coinvolgere come parte integrante di un mondo che corre, lavora, e si lascia amare. Ma da quel paese Lucie non tornerà più: all'ombra del Sol Levante Lucie troverà il sonno eterno. Ed è proprio raccogliendo quella carica di mistero e dubbi, paura e timore, che il regista Hyoe Yamamoto infonde vita a un documentario mai banale, ma coinvolgente quanto basta, per trascinare il proprio spettatore in un itinerario dell'angoscia, dove la scomparsa di una giovane donna corrisponde a scarti di visione tra culture differenti, e ricerche estenuanti che porteranno ad altrettante, tormentanti, scoperte.

Missing: il caso Lucie Blackman: la trama

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Missing: il caso Lucie Blackman - una scena del film

È il 1° luglio del 2000. Tre settimane dopo che la ventunenne assistente di volo britannica Lucie Blackman si trasferisce da Londra a Tokyo, di lei si perdono improvvisamente le tracce. Nessuna chiamata ai propri genitori; nessun messaggio ai propri amici. Qualcosa non torna. Inizia subito un'intricata indagine internazionale volta a scoprire dove Lucie sia. Nel corso di 82 minuti, Missing: il caso Lucie Blackman racconta attraverso l'avvincente ottica interna dell'indagine e quella commovente del padre, un caso che ha saputo lasciare tutti con il fiato sospeso. Questa corsa contro il tempo conduce gli investigatori sia nello squallido centro dei quartieri più malfamati di Tokyo, che quelli più lussuosi, dove finiranno per scoprire la tragica verità del brutale omicidio di Lucie perpetrato da uno degli stupratori più abietti del paese.

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Tecnologia e tradizione, sole e morte

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Missing: il caso Lucie Blackman - un'immagine del film

La luce dei neon, i grattacieli imponenti, la tecnologia che abbraccia e si lascia accogliere da templi e da una spiritualità mai pressante, ma avvolgente. Il Giappone è un mondo in cui l'antitesi di mondi opposti infonde un senso di unicità che attira il viaggiatore, lo chiama a sé come una sirena elegante, rispettosa, sicura. Eppure, come dimostra il documentario di Yamamoto, nel destino di Lucie Blackman, quello nipponico si farà terreno fatale, delle grinfie mortifere che l'hanno attirata a sé, imprigionandola in una rete di misteri e ricerche estenuanti.

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Missing: il caso Lucie Blackman - una foto del film

Ci sono voluti più di 200 giorni, un'infinità di conferenze stampa, interviste a un padre colto tra la disperazione e la speranza, indagini continue da parte degli inquirenti giapponesi, ma alla fine ogni dubbio è stato sciolto, in un ultimo, straziante, urlo di dolore. Un treno in corsa, quello qui narrato, giunto alla stazione della verità con leggero ritardo, ma comunque capace di far scendere ai binari una verità sottratta, e una giustizia inizialmente negata. Un viaggio, quello seguito con cura dal regista, che non ha paura di fermarsi a ogni tappa intermedia, caricando di tensione, paura, sofferenza, il proprio carico iniziale. Lo fa con semplicità, sostenuto da una storia ingiusta, e allo stesso tempo tristemente coinvolgente.

L'obiettività del dolore

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Missing: il caso Lucie Blackman - una sequenza del film

Hyoe Yamamoto sa che ha tra le mani una storia potente, emotivamente d'impatto: e allora ecco che per dar vita alla propria opera non può far altro che affidarsi totalmente alla potenza degli eventi qui narrati. Cogliendo il momento giusto per inserire i materiali di archivio raccolti, e le ricostruzioni attoriali di momenti determinati allo sviluppo del caso, Yamamoto lascia che siano soprattutto le interviste a detective e famigliari a farsi correnti emotive con cui trascinare la forza della scomparsa di Lucie Blackman. Nessun cambio di fotografia; nessuna intromissione autoriale; il regista (co-adiuvato dalla sceneggiatura di Shoji Takao) si affida ai dati oggettivi, alla forza delle parole e delle confessioni per costruire la propria opera. Un minimalismo narrativo che rafforza una semplicità di racconto attraverso cui arrivare in maniera più netta e diretta al cuore dei propri spettatori. Nessun bisogno di interpretazioni, o teorie a posteriori: in Missing: il caso di Lucie Blackman tutto deve scorrere fluidamente, raccogliendo ogni dato sensibile e utile all'evoluzione del caso, così da restituirlo con altrettanta facilità di elaborazione.

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Montaggi emotivamente dinamici

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Missing: il caso Lucie Blackman - una scena

Se vi è un elemento all'interno di questo discorso documentaristico destinato a mutare, cambiare, adattandosi alle emozioni predominati in ogni fase di sviluppo del caso, questo è da ritrovarsi nel tipo di montaggio prescelto e impiegato. È un montaggio perlopiù nascosto, invisibile, eppure sentimentalmente dinamico perché capace di innestare nella mente degli spettatori quel campionario di emozioni che vanno a susseguirsi minuto dopo minuto, pista dopo pista. Da campi abbastanza ampi, le inquadrature si fanno pertanto sempre più ristrette, riducendosi a frammenti emotivi di sguardi in tensione, di mani che si stringono, di occhi colmi di quello stesso timore che ammantava ogni personaggio in campo in quel maledetto anno Duemila. L'avvicinamento alla verità, lo svelamento del nome del responsabile della morte di Lucie e il ritrovamento del corpo della ragazza, è un'accetta che fa a pezzi corpi ora chiamati a riflettere la frantumazione interna di detective e famigliari che tra sofferenza e stanchezza, hanno acceso la luce della verità spegnendo quella della speranza.

Tappe intermedie di un viaggio tra sofferenza e rinascita

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Missing: il caso Lucie Blackman - una scena del documentario

Missing: il caso Lucie Blackman non sarà un capolavoro, non traccerà una nuova via nel cammino dei documentari, ma è comunque una produzione che sa raccontare una storia, incatenando tra le maglie delle proprie inquadrature lo sguardo di uno spettatore incapace di accettare cause e conseguenze di un cuore giovane lasciato senza battito troppo presto. Seguendo con attenzione i passaggi fondamentali di un racconto funzionale, traccia con determinazione i passaggi fondamentali che da un inizio (la scomparsa), porta prima a uno sviluppo (le indagini e gli appelli della famiglia) e infine a un tragico epilogo (la scoperta del corpo di Lucie) senza scadere mai nel patetismo, o nella facile retorica. Così facendo il documentario abbraccia un'oggettività di racconto con la quale poter colpire ancora più forte lo spettatore, lasciandolo cullare tra le onde della commozione per una morte ingiusta, ma non vana: dalla scomparsa di Lucie è infatti nata nuova speranza, altra vita, altra giustizia, come un fiore di loto che germoglia tra il buio di uno stagno inquinato dal male del mondo.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Missing: il caso Lucie Blackman sottolineando come il docu-film disponibile su Netflix riesca a sfruttare la potenza del caso oggetto dell'opera, costruendo una rete narrativa coinvolgente e drammaticamente commovente.

Movieplayer.it
3.5/5

Perché ci piace

  • Il minimalismo di racconto, affidato soprattutto alle testimonianze e alla potenza del caso stesso.
  • Il montaggio di inquadrature prima ampie, e poi sempre più ristrette, con le quali sottolineare il dolore sostenuto nei momenti ricordati.

Cosa non va

  • L'inserimento di ricostruzioni in studio con attori.
  • L'uso ridotto di materiali di archivio.
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