Prima Guerra Mondiale: i 10 migliori film

Ora che 1917 di Sam Mendes è nelle nostre sale, riscopriamo insieme i dieci migliori film mai realizzati sul primo conflitto mondiale.

1917 Film
Una scena del film 1917

Fare una lista dei dieci migliori film sulla Prima Guerra Mondiale, vuol dire confrontarsi con la rappresentazione di un conflitto che ha sancito la fine non solo di un'epoca, ma anche di un modo di vedere la guerra. Con la Prima Guerra il conflitto bellico è passato da essere un evento lontano, relegato ad oscuri campi di battaglia dai quali arrivavano racconti epici, romantici ed idealizzati, quanto un feroce e squallido inferno.
Cimitero delle ultime sacche di resistenza delle classi dominanti aristocratiche, fu la terribile prova dello scollamento tra le élite ed i ceti popolari europei, tanto manifesta nelle retrovie, quanto sul campo di battaglia, dove un'intera generazione fu mandata al massacro per aver seguito tattiche ed idee fuori dal tempo e dalla realtà.
Ora che Sam Mendes ed il suo 1917 sono sbarcati sui nostri schermi, forti di ben 10 nomination agli Academy Awards, per noi di Movieplayer.it è assolutamente doveroso fare una classifica delle le dieci pellicole che più di tutte ci hanno mostrato la terribile realtà di quella guerra.
Dieci capolavori inestimabili che in molti casi hanno cambiato il cinema per sempre.

10) Joyeux Noel (2005)

Joyeux Noel
Una scena di Joyeux Noel

Durante il primo Natale sotto le armi, quando la speranza di una "vittoria repentina" era già naufragata e si era fatta strada la realtà della guerra di posizione, un pò su tutti i fronti cominciarono a verificarsi numerosi casi di fraternizzazione e di tregue improvvisate dai soldati degli opposti schieramenti. Sicuramente il più importante avvenne la vigilia di Natale nel Bridoux-Rouge Banc, dove si svolse anche una partita di calcio tra i soldati dei due diversi fronti, nonché scambi di regali, indirizzi e tutto quello che poteva venir naturale fare a ragazzi e uomini che in realtà nessuna logica ragione poteva spingere ad uccidersi a vicenda. Osteggiata dalla censura e dagli alti comandi, la Tregua di Natale non sopravvisse all'infuriare della storia, ma rimane un fulgido esempio di umanità, di raziocinio e poesia in un'epoca in cui la guerra era descritta da alcuni folli come "purificatrice del mondo".

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Una scena di Joyeux Noel

Dagli eventi di quel Natale, nel 2005 è stato tratto il bellissimo Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia, presentato al Festival di Cannes nel 2005 e diretto da Christian Carion. Con un cast robusto e azzeccatissimo, che comprende Diane Kruger, Benno Fürmann, Daniel Brühl, Guillaume Canet e Gary Lewis, Joyeux Noël non ha avuto solo il merito di riportare alla luce degli eventi ingiustamente dimenticati, ma è anche un grandissimo film, a cui la realistica fotografia di Walther Vanden Ende dona una struggente bellezza. Dolente, malinconico, anti-militarista e profondamente politico, ci dona lo spaccato terribile di quell'inizio di XX secolo, di quella Guerra, decisa da uomini potenti ed ambiziosi, ma combattuta dalle classi operaie e contadine. Candidato all'Oscar e ai Golden Globes come Miglior Film Straniero nel 2006, si tratta di un film sicuramente molto sentimentale, ma lo è in modo giusto, in modo genuino, così come lo furono i tentativi di quegli uomini di ritornare ad essere umani, ad avere la libertà sulle proprie vite ed il proprio destino.

9) 1917 (2019)

1917
Una scena del film 1917

La Prima Guerra Mondiale di Sam Mendes è l'odissea dei caporali inglesi Will Schofield (George McKay) e Tom Blake (Dean-Charles Chapman) che, nell'orrore della fangosa Francia delle trincee opposte, sono incaricati di recapitare un messaggio ad un reggimento vicino, pronto ad attaccare le linee tedesche.
L'attacco non può riuscire, le difese tedesche della Linea Hindenburg sono troppo munite, ed i 1600 uomini di sua Maestà (tra cui il fratello di Blake) verranno massacrati se entro poche ore i due non recapiteranno il messaggio del Comando di interrompere l'attacco.
1917 per quanto dal punto di vista narrativo non porti molto di nuovo al genere, è senza ombra di dubbio una delle migliori rappresentazioni del caos, dell'orrore e della totale mancanza di logica in una guerra che ebbe proprio nei comandanti inglesi alcuni dei peggiori macellai del conflitto.
Mendes ci guida attraverso piani sequenza interminabili e di grandiosa concezione e realizzazione, con una fantastica fotografia di Roger Deakins che fa di questa terribile avventura una perfetta sintesi di come nel XX secolo non vi sia stato momento più terribile per essere fante.

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1917: George MacKay in una scena del film

Il cast comprende nomi di enorme impatto come Colin Firth, Mark Strong e Benedict Cumberbatch, ma è a giovani e relativamente sconosciuti attori che Mendes affida il compito di essere simboli (non casualmente) dei tanti militi ignoti, sconosciuti eroi, caduti e sopravvissuti di quel terribile carnaio.
Morte, caos, orrore vanno di pari passo però con la pietà, l'umanità, la solidarietà, all'interno di un iter che non lascia tregua, sorprende, non dà alcuna certezza allo spettatore così come non ne dà ai protagonisti.
Pieno di splendide citazioni ad altri film che ci hanno parlato del primo conflitto mondiale (di cui molti sono in questa lista), non commette mai l'errore di scivolare nella retorica, nel mitizzare quell'immane tragedia.

1917, la recensione: quel lungo continuato orrore chiamato guerra

8) La Grande Parata (1925)

La Grande Parata
Una scena de La Grande Parata

Campione d'incassi nel 1925, film muto tra i più importanti di sempre, La grande parata diretto da King Vidor e George W. Hill, rimane un capolavoro del genere, di certo una delle prove di quanto potesse essere incredibilmente efficace il cinema già agli albori della sua epoca, già in quegli anni 20, a così poca distanza dalla fine dell'immane tragedia che aveva sconvolto il mondo. Lungo ben 150 minuti, il film era la piccola odissea di James "Jim" Apperson (John Gilbert), ragazzo americano pigro e svogliato, che nel 1917 si fa travolgere dall'euforia per l'entrata in guerra degli Stati Uniti contro gli Imperi Centrali. Sarà l'inizio di una terribile avventura che lo vedrà scontrarsi con l'orrenda realtà del fronte, vedere i suoi amici morire, trovarsi davanti ad un nemico formato da uomini disperati come lui, condannati come lui alla sofferenza e alla morte.
Il cast oltre a Gilbert, comprendeva anche Karl Dane, George Beranger, nonché Claire Adams e Renée Adorée, nei panni dei due personaggi femminili di maggior rilievo in un film che ebbe nella donna il simbolo della vita e del riscatto dagli orrori della guerra. Jim alla fine perderà i suoi due migliori amici, la fidanzata lasciata in patria lo rifiuterà ma, benché privo di una gamba, troverà una nuova patria nella Francia dei giorni più amari, vicino a quella Melisandre a cui l'Adorée donò spontaneità, sentimento e grazia. Il film fu definito da registi del calibro di Stanley Kubrick e Mario Monicelli, un punto di riferimento stilistico e tematico per la loro cinematografia, con il suo sguardo così scevro di ogni moralismo, il suo essere completamente al servizio di un'umanità disgraziata ma piena di tenerezza, in un mondo dove l'amicizia, i rapporti umani, erano ancora di salvezza. Ancora oggi stupisce per ritmo, sentimento, per l'eleganza della regia e per un uso da manuale della bellissima colonna sonora di William Axt e David Mendozaa.

7) Lawrence d'Arabia (1962)

Lawrence D'Arabia: Omar Sharif con Peter O'Toole
Lawrence D'Arabia: Omar Sharif con Peter O'Toole

All'opposto dei racconti e dei film più incentrati su uomini comuni, sui piccoli protagonisti persi nel mare della storia e nelle orride trincee di quei spaventosi anni, abbiamo Lawrence d'Arabia di Davide Lean.
Film tra i più famosi di tutti i tempi, kolossal tra i più riusciti della storia del cinema, lanciò definitivamente a carriera di un magnetico Peter O'Toole nei panni del famosissimo Thomas Edward Lawrence, e guidò il pubblico dentro una delle più straordinarie avventure del XX secolo. Il cast era qualcosa di magnifico, visto che vi figuravano Alec Guinness, Anthony Quinn, José Ferrer, Omar Sharif ed Anthony Quayle, che sotto l'abile regia di Lean, riuscirono a far si che la monumentale sceneggiatura di Robert Bolt funzionasse in modo egregio per tutti i 240 minuti di durata del film.
Film-fiume nell'accezione più calzante, aveva forse più dell'adventure che del war-movie, ma grazie ad esso, capimmo quale grandioso ed assieme complicato personaggio sia stato Lawrence d'Arabia, agente segreto, militare, archeologo e scrittore, ma soprattutto un avventuriero, un ribelle, un uomo innamorato dell'imprevisto, nonché artefice della rivolta araba e capace di porre sotto scacco l'impero turco-ottomano durante il primo conflitto mondiale. La storia, persino quella così tragica e violenta della Prima Guerra Mondiale, ci viene presentata anche come plasmata dalle azioni individuali, come quelle di quest'uomo astutissimo, temerario e carismatico, come lo sono stati molti altri grandi uomini, protagonisti purtroppo o per fortuna del passato. Premiato con ben sette Premi Oscar (tra cui Miglior Film e Miglior Regia), Lawrence d'Arabia è considerato ancora oggi uno dei film più riusciti del suo genere, grazie alla colonna sonora di Maurice Jarre e a maestranze di primissima qualità, che resero possibili maestose scene di massa e fecero del deserto uno scrigno di sogni.
Il film ebbe anche l'enorme importanza di rendere, per una volta, gli arabi un pò meno "misteriosi", ne mostrò coraggio, umanità, complessità, compresi da un Lawrence che a lungo cercò di garantirne libertà ed indipendenza dal mondo occidentale. Un tentativo purtroppo andato a vuoto.

6) La Caduta delle Aquile (1966)

Caduta Aquile
Una scena de La caduta delle aquile

La Prima Guerra mondiale è sicuramente legata a massacri, all'azzeramento dell'individuo nella massa abbruttita delle trincee e della guerra ma, nella neonata arma dell'aviazione, vi è sempre stato quell'alone di fascino e di romanticismo che ha fatto si che figure quali il Barone Rosso, Francesco Baracca, Billy Bishop o René Fock facessero sopravvivere eleganza, senso dell'onore, spirito d'avventura degni dei cavalieri medievali, assieme al loro essere alfieri della modernità, del connubio uomo-macchina.
Il cinema si innamorò subito di questa figura, che esaltava la fantasia, stregava un pubblico che non poteva certamente trovare eroi da appendice nei poveri fanti immersi negli orrori della guerra di posizione. Innumerevoli titoli furono prodotti per onorare la memoria e rendere i piloti eroi senza macchia, come i famosissimi Ali di William A. Wellman o Gli angeli dell'inferno di Howard Hughes... peccato che la realtà fosse ben diversa, che questi Assi dovessero convivere con la morte e la disperazione ogni giorno della loro vita. A spazzare via ogni mistificazione, arrivò nel 1966 il bellissimo La caduta delle aquile, tratto dall'omonimo romanzo di Jack D. Hunter e diretto da John Guillermin.
Protagonista era il cinico, ambizioso ed arrivista Bruno Stachel (un grande George Peppard), sergente di estrazione popolare che deve sgomitare per farsi rispettare nell'aviazione tedesca, solitamente appannaggio dei nobili. In poco tempo il valorosissimo e spericolato Bruno diventerà l'asso di riferimento dell'aviazione tedesca, un eroe famosissimo, ma sempre più arrogante, spietato verso il nemico ed i compagni, ed insensibile verso la Contessa Kaeti von Klugermann (Ursula Andress), che lo ama. Alla fine raccoglierà ciò che ha seminato, diventando simbolo di quanto la guerra abbia sovente significato riscatto sociale e successo per uomini determinati e privi di scrupoli, e allo stesso tempo ricordandoci che il tanto decantato "codice cavalleresco" tra piloti sopravvisse in realtà ben poco alla guerra reale.
Film molto politico, incentrato sullo scontro culturale tra il nuovo mondo proletario e le classi dominanti, La caduta delle aquile rappresenta tra le altre cose, una perfetta disamina della sconfitta dell'uomo nei confronti della macchina, che ne decreta fallimento e successo, azzerando o quasi l'abilità di chi vi sta sopra.

5) Gli anni spezzati (1981)

Una scena de Gli anni spezzati
Una scena de Gli anni spezzati

Lo sbarco anfibio a Gallipoli, fu uno dei fiaschi più sanguinosi sofferti dagli Alleati durante il primo conflitto mondiale.
Il suo obbiettivo era conquistare Costantinopoli, battere definitivamente l'Impero Ottomano e portare soccorso ai russi. Mal orchestrato da comandanti inetti e sanguinari, basato su premesse assolutamente sbagliate, lo sbarco si risolse in una catastrofe per le forze del Regno Unito e della Francia.
Le conseguenze politiche e militari furono pesantissime, ma nulla a confronto con le terribili perdite e sofferenze che patirono i soldati alleati, in particolar modo gli australiani e neozelandesi, massacrati sulle spiagge e sulle alture come bestiame da macello.
Gli anni spezzati di Peter Weir è ancora oggi considerato un capolavoro dolente e bellissimo per come mostrò al pubblico la tragedia di una generazione, la cui vita fu bruciata e schiacciata dalla brutalità di una guerra resa ancora più oscena da comandanti inetti e classisti, e da tattiche che appartenevano ai tempi in cui mitragliatrici e fucili a ripetizione non erano ancora presenti.
Protagonisti sono due giovani australiani con la passione della corsa: il timido e romantico Archy Hamilton (Mark Lee) e lo spaccone Frank Dunne (Mel Gibson, lanciato proprio da questo film), che assieme decideranno di arruolarsi nell'esercito per andare a combattere in quella che a loro sembra una grande avventura, ma che invece sarà l'inizio di un'immane e sanguinosa tragedia. Film poetico, a metà tra il film di formazione ed il bellico, trova i suoi punti di forza nell'epica tragica che Weir donò all'insieme, anche grazie alla bellissima fotografia di Russell Boyd e alla struggente colonna sonora di Brian May.
Ricco di riferimenti religiosi e letterari (Kipling su tutti), il film è incentrato sulla dissonanza tra libertà individuale e dittatura della società cosiddetta "civile", connesso alla perdita dell'innocenza e all'erronea visione che molti ebbero inizialmente della guerra, vista come avventura e rinascita dell'umanità.

4) La Grande Guerra (1959)

La Grande Guerra
Una scena de La Grande Guerra

Sicuramente uno dei più grandi film della storia del cinema italiano, di certo quello che meglio rappresentò la tragica epopea dei nostri poveri fanti durante il carnaio del 15-18, da molti storici considerata l'ultima vera guerra del Risorgimento italiano. Mario Monicelli, specializzato in film corali, dove ironia e dramma spesso andavano a braccetto, abitati da personaggi eterogenei ma legati dall'appartenere allo stesso universo e alla stessa sorte, con La grande guerra firmò senza ombra di dubbio il suo film più politico, più sensibile, più importante. Il tutto verteva sulla rappresentazione di quell'Italia scalcagnata, generosa, impaurita ed umanissima che morì sulle trincee del Carso e del Piave, di cui il fantastico duo formato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman fu totem non poi così surreale o stravolto dalla realtà ai fini della narrazione.
Esempio fulgido di commedia all'italiana, il fim è pervaso da un'ironia irresistibile che emerge ogni volta che i due poveri protagonisti cercano (come fecero centinaia, migliaia di altri) di scampare alla morte, che spesso arriva da ordini idioti e da ufficiali retorici ed invasati.
La Grande Guerra fu un film che rese tangibile il terrore, la paura, la miseria della guerra in perfetta antitesi alla vuota retorica che in quegli anni ancora avvolgeva la vittoria italiana. Ma fu anche un tributo a quanto quel conflitto avesse finalmente reso gli italiani un popolo, fatto incrociare dialetti, vite, ceti sociali, permesso a uomini che mai avrebbero potuto conoscersi di diventare fratelli al fronte, capire che appartenevano a qualcosa di comune.
Con un cast che comprendeva oltre ai due mattatori per eccellenza, anche Silvana Mangano, Romolo Valli, Folco Lulli, Bernard Blier, Ferruccio Amendola, ancora è oggi è una pietra miliare del nostro cinema, della nostra visione del mondo e della vita.

3) La Grande Illusione (1937)

La Grande Illusione
La grande illusione

Senza ombra di dubbio uno dei più grandi film francesi di tutti i tempi ma anche uno dei più belli del grande maestro Jean Renoir. Di sicuro uno di quelli in cui il grande cineasta transalpino riuscì ad inserire più elementi sociali, politici e filosofici, accompagnandoli ad un grande omaggio alla vita, all'amicizia virile, alla libertà personale. Girato a pochi anni dall'inizio della seconda ecatombe mondiale, La grande illusione era popolato da personaggi incredibilmente sfaccettati, pregni di significato, tra i quali svettavano il Tenente Maréchal di Jean Gabin, il Capitano De Boèldieu di Pierre Fresnay e soprattutto il Capitano Von Rauffenstein di Erich von Stroheim, vero e proprio simbolo di quell'Europa nobile, teutonica ma cavalleresca che andava ad estinguersi. Fatto più unico che raro (e che funse da prototipo per uno sterminato numero di altri film), La Grande Illusione aveva come protagonisti dei prigionieri, ed il loro indomito desiderio di fuggire, ma non per tornare a combattere, bensì per abbandonare del tutto la guerra.
Una guerra che strangolava ogni umanità, ogni possibilità di armonia tra uomini che Renoir vedeva magari divisi dalle classi sociali, ma accomunati da affinità caratteriali, visione del mondo, codice di comportamento. Senso dell'onore, coraggio personale, umanità e cavalleria sono quindi i grandi protagonisti di un film dove in realtà non c'è un vero cattivo, la malvagità è una conseguenza di azioni avventate, o scelta accidentale.

2) All'Ovest niente di nuovo (1930)

Una scena di All'ovest niente di nuovo
Una scena di All'ovest niente di nuovo

Ancora oggi il romanzo di Erich Maria Remarque è considerato il simbolo stesso di quella guerra, un monumento all'antimilitarismo, tributo a quella generazione che morì nelle trincee d'Europa, a cui non scampò nemmeno chi era sopravvissuto e tornò con sensi di colpa e dolore alla vita "civile".
Nel 1930, Lewis Milestone ne curò la trasposizione cinematografica, basandosi su una sceneggiatura che fu il frutto di un lavoro a più mani, creando infine uno dei più grandi film di guerra di tutti i tempi, premiato con l'Oscar alla miglior regia e miglior film.
Il cast annoverava Lew Ayres nei panni del protagonista Paul Bramer, e di Louis Wolheim in quelli del Sergente Kat, suo mentore ed amico, entrambi costretti a misurarsi con il resto del loro plotone, con gli orrori della guerra combattuta sul fronte francese, teatro dei più grandi massacri della Grande Guerra.
All'Ovest niente di nuovo mostrò in modo per l'epoca unico ed irripetibile non solo l'orrore delle trincee, ma la criminale cultura militarista e classista dell'epoca, la retorica, la mancanza di pietà, il terribile prezzo che quei ragazzi dovettero pagare in nome della sete di potere e conquista dei ceti dominanti. Dello struggente libro di Remarque, il film mantenne l'iter che guidava il protagonista ad una progressiva presa di coscienza e conseguente perdita di fiducia nei valori piccolo borghesi e patriottici che in passato aveva tanto amato. La regia di Milestone fu semplicemente sensazionale non solo per la capacità di ricreare le grandi scene di guerra con una violenza e un'espressività uniche, ma anche nel guidarci dentro la mente ed i pensieri di questi ragazzi, nel loro viaggio dentro la morte e il desiderio di essa.
Disturbante, commovente, vero ed autentico in ogni istante, dal punto di vista tecnico precorse i tempi di almeno una ventina d'anni, e non è al primo posto della nostra classifica perché tale posizione spetta ad un film che gli è superiore per il messaggio politico in esso contenuto, e per appartenere ad uno dei più grandi registi di sempre. Solo per questo.

1) Orizzonti di Gloria (1957)

Orizzonti Di Glorio
Una scena di Orizzonti di gloria

Senza ombra di dubbio il miglior film mai fatto sul primo conflitto mondiale, il più tragico, il più impietoso, politico, anti-militarista, frutto di una sceneggiatura che attingeva a piene mani a processi sommari, esecuzioni e fatti d'arme che portarono la Francia ad inseguire una revanche per la sconfitta del 1871, che si tramutò in un fanatismo quasi religioso per la vittoria bellica. La guerra fu descritta per come fu vissuta dagli alti comandi, cioè come occasione per avanzamenti di grado e sociali, opportunità per rinsaldare carriere ed amicizie, per agguantare una gloria scritta col sangue di soldati ritenuti poco più che pedine sacrificali. Le bandierine si muovono, splendono le divise ed i baffi impomatati di vecchi uomini vanagloriosi e arroganti, in perfetto contrasto con il valore, la determinazione, il senso del dovere e della realtà di un Colonello Dax a cui Kirk Douglas donò energia, coraggio e moralità.
Suo alter ego per vigliaccheria ed opportunismo un affabile ed elegante George Macready che impersonificò il terribile Generale Mireau.

Orizzonti Di Gloria 4
Una scena di Orizzonti di Gloria

Orizzonti di gloria fu la prova del coraggio di Stanley Kubrick, che accettò attacchi personali violenti, censure e mancate distribuzioni, pur di non tradire il messaggio anti-militarista di Humphrey Cobb, autore del romanzo da cui fu tratto un film che era simbolo della follia distruttrice, egoismo umano, illogicità della guerra.
A conti fatti Orizzonti di Gloria si nutre di una perfetta contrapposizione tra l'apparente ordine e la disciplina dell'esercito, ed il caos incontrollabile di una guerra reale dove non contano nulla le bandierine sulle mappe o i grandi piani degli Stati Maggiori. Tematica centrale è la violenza da parte del "sistema", la cultura alla base del suo utilizzo, che qui è perfettamente di casa visto che nessun altro conflitto moderno ebbe maggior protagonista quella violenza diretta non solo verso il nemico, ma anche contro i "codardi" ed i "disfattisti" del proprio esercito. E nonostante siano passati decenni, questo capolavoro mantiene intatta la sua forza, connessa a una regia e a un uso della luce semplicemente straordinari.