Ospite d'onore al Festival di Locarno, Mathieu Kassovitz approda in Piazza Grande per presentare la sua ultima fatica attoriale, Sparring, sorprendente pellicola ambientata nel mondo del pugilato e dedicata a un perdente. Nel film Kassovitz interpreta Steve Landry, padre di famiglia dedito al pugilato che però manca del talento, della velocità e della grinta necessari per diventare un campione. Landry è un pugile capace di incassare, con alle spalle una lunga serie di sconfitte, che sale sul ring per guadagnare i soldi necessari a mantenere la propria famiglia, ma è anche un atleta dal cuore immenso. Una figura umanissima, sorta di Rocky in salsa francese. L'umiltà di Steve, pronto a umiliarsi per realizzare i sogni della famiglia, fa da contraltare all'ego del talentuoso Kassovitz. Ego su cui la star di Valerian e la città dei mille pianeti e Il favoloso mondo di Amélie ironizza.
"Il mio approccio al cinema non è gentile" ammette l'attore. "Mi piace Luc Besson i cui film sono cani rabbiosi che possono morderti. Non lavori due anni solo per divertire la gente, ma per scioccarla. Se metà spettatori si alzano e se ne vanno, quelli che rimangono si faranno delle domande e partirà una discussione più interessante. E' meglio non cercare di compiacere gli spettatori". Kassovitz è reduce da Happy End, ultima fatica di Michael Haneke, un regista che, quando si tratta di scioccare, non è secondo a nessuno. L'attore ammette: "Michael Haneke è il migliore in questo campo. E' stato divertente lavorare con lui. Alla mattina ti bacia perfino, poi ti sfida, ti provoca, ti mette a disagio, ma è il primo a ridere delle cose che fa. Allora pensi 'Anche io devo prendere con umorismo questo film sordido con personaggi sgradevoli'".
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Combattere fa parte della natura umana
Sparring vede Mathieu Kassovitz nei panni di un pugile. Il ring è un luogo che il divo conosce molto bene. "Mi piace il pugilato, mi piacciono le risse, ritengo l'odio una motivazione più interessante come base per un film, basarsi sull'amore alla fine risulta stancante. Invece non sopporto le risse virtuali, servono solo a far venire il nervoso alla gente, i social non sono la realtà". Kassovitz, appassionato di thai boxe è stato contattato dal regista Samuel Jouy proprio in virtù della sua passione per il ring. "Mi ha chiesto se ero interessato, ho detto subito di si, poi è arrivata una buona sceneggiatura e abbiamo iniziato a lavorare. In tutti i film sulla boxe c'è un significato sociale, ogni pugile vuole migliorare la propria condizione, ma più in generale è una lotta contro se stessi, una sfida alla base dell'esperienza umana".
Sul set di Sparring è nato subito un feeling col campione di pugilato Souleymane M'Baye, chiamato per preparare Mathieu Kassovitz al ruolo. Il legame era tanto convincente da spingere il regista a proporre a Souleyman un ruolo nel film. "Dopo la fine delle riprese, Souleyman mi ha proposto di continuare ad allenarci e dopo tre mesi abbiamo anche organizzato un incontro pubblico che ho pareggiato ai punti. Salire su un ring e arrivare in fondo per me è già una vittoria, chi perde impara e la prossima volta farà meglio, è così che si progredisce. Il 23 dicembre ho un altro incontro, sempre contro lo stesso pugile. Io ne farei uno ogni 3 mesi, ma facendo l'attore non posso allenarmi tutto l'anno e presentarmi alle prove con un occhio nero quindi devo aspettare tra un film e l'altro".
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L'odio: avere il polso della banlieue
Questa aggressività che sembra affascinarlo profondamente, Mathieu Kassovitz l'ha esplicitata nell'acclamato L'odio, diretto nel 1995. Riguardo al film, Kassovitz spiega: "Il titolo di un film è importante perché è la prima impressione che un potenziale spettatore si fa, crea aspettative per decidere se andare a vederlo e con quale atteggiamento mentale. Se l'avessimo chiamato "diritto di esprimersi" sarebbe stato più intellettuale, ma non avrebbe preparato correttamente lo spettatore. E' importante comunicare in maniera politica prima ancora di entrare al cinema. All'epoca il film è stato visto come qualcosa di astratto, ma io avevo già compreso un sentimento che serpeggiava nella gioventù. Girando tra queste persone ho avuto l'occasione di conoscere le banlieue, di intuire la situazione che loro stessi dall'interno non riuscivano ad analizzare. Pensi "la prossima volta non mi lascerò fregare, quando ammazzeranno uno di noi ammazzerò uno di loro". La polizia ne ha uccisi tanti, ma le cose non sono cambiate perché non hanno compreso il loro malessere".
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I modelli? Spielberg, Kubrick e Ed Wood!
Oggi Mathieu Kassovitz continua a dividersi tra recitazione e regia e indica nel regista il vero fautore del successo di un'opera. "Il merito della riuscita del personaggio non è dell'attore, ma di chi ha il controllo della propria arte. Non è la Venere che rende grande l'opera, ma Milo che l'ha scolpita in quel modo. Prendiamo l'attore più grande, Marlon Brando. Nel dietro le quinte di Apocalypse Now si vede un uomo sovrappeso che rompe le palle al regista con domande assurde, che recita dicendo venti minuti di stronzate di cui il regista ne tiene solo due che però diventano pura magia". Pensando ai propri modelli, l'attore indica per primi i genitori, madre montatrice, padre regista, che gli hanno trasmesso la passione per questo mestiere. "Un film che adoro è Ed Wood, la storia di un regista senza talento, ma con una passione tale da essere ammirato per quella. Lo trovo geniale, ci sono scene che riguardo sempre ridendo, i cameramen che si fanno in quattro, dipingono di grigio topolini per farli sembrare ratti, c'è molta bellezza nella mediocrità delle persone appassionate, uno può non essere il più bravo del mondo ma ha il diritto di fare quello che gli piace". Ma il vero eroe della star francese è Steven Spielberg. "Non esiste un regista che padroneggi la tecnica di ripresa con la sua precisione. Dopo anni di gavetta sono arrivato a conoscerlo e a essere diretto da lui. Spielberg è uno che passa un'ora accanto a un bambino per farlo piangere davanti alla camera senza traumatizzarlo come faceva Kubrick. E comunque avrei dato qualsiasi cosa per per vedere Kubrick all'opera".