Suicide is painless, it brings on many changes/ And I can take or leave it if I please
Quando, il 25 gennaio 1970, MASH fa il suo debutto nelle sale statunitensi, la 20th Century Fox si ritrova all'improvviso fra le mani il più sorprendente successo dell'anno. In quel periodo, lo storico studio di Darryl F. Zanuck si prepara all'uscita del suo titolo di punta dell'annata, il kolossal Patton, generale d'acciaio, e sta tentando di venire a capo della travagliata lavorazione di un altro, costosissimo dramma bellico, Tora! Tora! Tora!. MASH, messo in cantiere come un progetto secondario, si rivelerà invece l'autentico fenomeno del 1970 e contribuirà a lanciare la carriera di uno dei futuri 'giganti' del cinema americano, Robert Altman. Ma cosa ha determinato il trionfo, assolutamente inatteso e senza precedenti, di uno dei film più anomali mai partoriti da Hollywood?
Robert Altman, un outsider a Hollywood
Facciamo un passo indietro. Nel 1969 Robert Altman, originario del Missouri, ha quarantaquattro anni e un curriculum quasi ventennale nel campo delle serie televisive, impreziosito da un ingaggio per volontà di Alfred Hitchcock in persona. Al cinema, dopo un esordio autoprodotto (con soli sessantamila dollari) nel 1957, The Delinquents, Altman ha fatto ritorno soltanto nel 1968 con Conto alla rovescia, un film sulla "corsa allo spazio" che la Warner Bros gli ha tolto dalle mani in fase di montaggio; un anno dopo, al Festival di Cannes presenta fuori concorso l'eccellente Quel freddo giorno nel parco, un claustrofobico dramma psicologico imperniato sull'interpretazione di Sandy Dennis. Intanto, il produttore Ingo Preminger gli propone un copione già rifiutato da numerosi altri registi: MASH.
Basato su un romanzo scritto nel 1968 a quattro mani sotto lo pseudonimo di Richard Hooker, MASH porta la firma di Ring Lardner Jr, la cui fortunata carriera da sceneggiatore era stata compromessa negli anni Cinquanta dalla caccia alle streghe anticomunista (Lardner Jr era uno dei "dieci di Hollywood" finiti nel mirino della Commissione McCarthy). Robert Altman ci vede il potenziale per coronare una delle sue ambizioni: realizzare un corrosivo film a sfondo militare (MASH è l'acronimo di Mobile Army Surgical Hospital, ovvero l'ospedale da campo dell'esercito), e così nella primavera del 1969 si mette al lavoro. MASH sarà completato in appena sei settimane di riprese, con un budget di soli tre milioni di dollari; alla Fox nutrono ben poche aspettative al riguardo e vorrebbero tagliare le scene più controverse, ma le reazioni entusiastiche a un'anteprima per il pubblico a San Francisco convincono Zanuck e soci a dare al film una chance.
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La Corea di ieri e il Vietnam di oggi
Il resto, ormai, è storia. Grazie a un passaparola inarrestabile, MASH supera il traguardo degli ottanta milioni di dollari nei soli Stati Uniti, dove registra più di cinquanta milioni di spettatori, e diventerà il terzo maggior incasso dell'annata (dietro a Love Story ed Airport), nonché il più imprevedibile. Nel frattempo MASH partecipa in concorso al Festival di Cannes 1970, dove si aggiudica la Palma d'Oro; in patria invece, sull'onda del suo strepitoso successo commerciale e dell'acceso sostegno di alcune delle voci più autorevoli della critica americana, da Pauline Kael a Roger Ebert, riceverà il Golden Globe come miglior commedia e cinque nomination agli Oscar, tra cui miglior film e regia, aggiudicandosi il premio per la miglior sceneggiatura.
Alla radice dell'immensa popolarità di MASH vi è probabilmente anche la nuova sensibilità maturata nel pubblico, in particolare fra i più giovani: un pubblico che un anno prima ha eletto Easy Rider il proprio manifesto generazionale, e che nel 1970 accorre in massa ad assistere alle battute e agli scherzi di tre chirurghi di stanza in un campo militare statunitense in Corea del Sud: Hawkeye Pierce (Donald Sutherland), Trapper John McIntyre (Elliott Gould) e Duke Forrest (Tom Skerritt). L'ambientazione è il 1951, durante la Guerra di Corea, ma è impossibile evitare l'associazione mentale con il Vietnam, nel periodo-culmine di quella strategia dell'escalation che da cinque anni, sotto la Presidenza di Lyndon B. Johnson e poi di Richard Nixon, stava provocando migliaia di vittime da una parte e dell'altra.
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La guerra non è una cosa seria
Eppure, MASH è diverso da qualunque altro film di guerra sia mai uscito dalla fucina hollywoodiana; l'opera di Robert Altman non è accostabile nemmeno alla satira antimilitarista di Mike Nichols Comma 22, tratta dal romanzo cult di Joseph Heller, che uscirà nelle sale cinque mesi più tardi. MASH, infatti, non si limita ad azzerare qualunque ipotesi di linearità drammatica, frammentando il racconto in un susseguirsi di episodi autonomi (e 'frantumando' letteralmente lo script di Ring Lardner Jr), ma dipinge uno scenario di guerra come mai era stato rappresentato prima di allora: il nemico è un'entità lontana e invisibile, non ci sono battaglie e non vengono sparate pallottole, mentre la routine si trascina in un perenne clima di farsa e di goliardia.
Un clima in cui, passo dopo passo, Altman spoglia la guerra di ogni afflato epico, sottolineando al contrario lo squallore quotidiano della vita nel campo militare (a cui corrisponde, sul piano visivo, l'uso dei filtri nebbia), l'assenza di una qualunque bussola morale e l'assurdità intrinseca di un "non luogo" in cui il vitalismo forsennato dei personaggi (l'umorismo, il sesso) coabita con la coscienza inespressa della morte che aspetta dietro l'angolo, e che si materializza nei dettagli espliciti delle scene nella sala operatoria ("volevo che fossero reali e scandalose, volevo che si vedesse il sangue dappertutto", dichiarerà il regista). A rimarcare il senso di assurdo, i bizzarri annunci diffusi attraverso gli altoparlanti del campo, quasi un raccordo di montaggio fra le varie sequenze.
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L'America e la demolizione del mito
Il tono dissacrante del film punta a demolire ogni appiglio ideologico: dal mito della guerra 'giusta' alla religione (la citazione de L'ultima cena di Leonardo è degna di Luis Buñuel), passando per il "funerale della virilità" del dentista donnaiolo Walter Waldowski, detto Painless Pole (Cassiodoro nella versione italiana). In MASH, tuttavia, la risata non è mai limpida: il più delle volte rimane strozzata in gola, si stempera in un ghigno che somiglia piuttosto ad una smorfia. Perché la sua comicità nasce dagli istinti peggiori dell'essere umano, è ammantata di volgarità e misoginia e, sottotraccia, cela un fondo di disperazione. "Molte commedie vogliono farci ridere per cose che non sono davvero divertenti", nota in proposito Roger Ebert; "in questa noi ridiamo precisamente perché non sono divertenti. Ridiamo, così da non piangere".
Se dunque, sul piano della grammatica cinematografica, MASH si impone come una delle opere più innovative e influenti nell'ambito della New Hollywood, la sua carica demistificante risulta ancora maggiore se applicata al contesto storico e culturale dell'America a cavallo fra i due decenni. Nella sua monografia intitolata Il lungo addio - L'America di Robert Altman, Emanuela Martini scrive: "Le contraddizioni del cinema "intorno a Hollywood" di quegli anni sono le contraddizioni della cultura di una generazione. In questo contesto, esplode MASH: l'esposizione più esplicita, plateale, disillusa, irridente, sbrindellata di queste contraddizioni, perché con la sua forma nega il suo contenuto e, a tratti, con i suoi ricordi rimpiange la sua forma".
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Suicide is painless: l'eredità di MASH
Ma MASH è pure la pellicola che inaugura la riflessione, propria di quasi tutto il cinema altmaniano, sul 'vuoto' della società contemporanea, sull'inesorabile perdita di punti di riferimento, sulla beffarda confutazione delle "magnifiche sorti e progressive". Sempre nelle parole della Martini: "In MASH, esasperata commedia ospedaliera dove l'ironia surreale e atroce della realtà si sovrappone di continuo all'umorismo dozzinale della finzione e dei suoi personaggi, ci sono già la malinconia fredda del "campionario" umano di Nashville e il vuoto desolante di quello di America oggi". Quella "malinconia fredda" è racchiusa già nella sequenza d'apertura, in cui i titoli di testa sono accompagnati dalla celeberrima Suicide Is Painless: una "apologia del suicidio" messa in musica da Johnny Mendel con un geniale testo composto da Michael Altman, il figlio quattordicenne del regista.
Suicide Is Painless diventerà in seguito una hit discografica, nonché il tema della sigla di MASH, la serie TV della CBS che fra il 1972 e il 1983 segnerà record di ascolti in tutto il mondo: elementi che contribuiscono a consolidare la black comedy di Robert Altman nell'immaginario collettivo. Inserito dall'American Film Institute nella classifica dei cento capolavori di tutti i tempi (e al settimo posto in quella delle migliori commedie), MASH resta, anche a posteriori, un prodotto atipico e inclassificabile, il cui stesso successo esprime un'insolubile contraddizione di fondo, legata alla dicotomia fra una comicità senza freni e l'atrocità della sua cornice. "Un film non è niente: è solo una cosetta, ma quello che può far cambiare la gente sono proprio migliaia di cosette", osserverà Altman; "Guardo MASH, e so che lo spettatore che ride, ride in realtà di se stesso, e che dovrebbe vergognarsi di ridere. La maggior parte non andrà così lontano, ma qualcuno ci arriverà".
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