Raccontare con il linguaggio delle immagini in movimento la figura di Gesù non è mai stata impresa facile e, nel corso dei decenni, in molti hanno fallito nel tentativo di trasporre la sua storia sul grande o sul piccolo schermo, eccedendo nella retorica e optando per un approccio agiografico. Dopo il buon esordio dietro la macchina da presa di due anni fa con Lion - La strada verso casa, appassionante storia vera di un venticinquenne indiano adottatto in Australia alla ricerca della propria famiglia d'origine, Garth Davis in Maria Maddalena mostra gli ultimi giorni di vita di Gesù concentrandosi in particolare sulla fidata discepola, come si evince chiaramente dallo stesso titolo del film.
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Maria Maddalena e la ricerca dell'identità
33 d.C., Galilea. Maria Maddalena, la cui vita caratterizzata da una forte spiritualità è costantemente tesa alla ricerca del divino, non ha alcun desiderio di sposarsi come impostole dalle rigide regole sociali. Visto l'atteggiamento alquanto inusuale e il disinteresse nei confronti degli uomini, i familiari credono che la giovane donna sia posseduta dal demonio e decidono infine di costringerla ad accettare il matrimonio con un uomo del luogo. L'arrivo a Magdala di Gesù di Nazareth però cambierà ogni cosa: affascinata dalle parole del predicatore e dalle sue miracolose abilità di guaritore, Maria Maddalena deciderà con coraggio di assecondare la propria vocazione lasciando il villaggio e seguendo Gesù e gli apostoli nel loro viaggio verso Gerusalemme.
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Una sceneggiatura non all'altezza
Nel focalizzarsi su Maria Maddalena, il film di Garth Davis cerca di proporre un approccio diverso, più originale del solito, all'ultimissima parte della vita di Gesù, il quale ci viene costantemente mostrato attraverso gli occhi della donna. Per quanto nella sostanza riesca ad evitare il ricorso alla retorica, il film soffre però di un didascalismo e ancor più di una superficialità che, considerati i temi universali in gioco, finiscono per renderlo molto meno interessante di quanto sulla carta avrebbe potuto essere. La forza del pensiero di Gesù e il rapporto tra lui e Maria Maddalena non vengono mai adeguatamente approfonditi; lo stesso vigoroso impulso all'emancipazione della donna, le proprie inquietudini e speranze, la sua visione del mondo, alla resa dei conti emergono in maniera debole. L'intenzione delle due sceneggiatrici probabilmente era quella di proporre Maria Maddalena come una sorta di femminista ante litteram, ma nel film c'è davvero troppo poco per condurre lo spettatore a una stimolante riflessione in tal senso.
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La messa in scena suggestiva, Rooney Mara e Joaquin Phoenix
Se i problemi di Maria Maddalena risiedono con evidenza nello script firmato a quattro mani da Helen Edmundson e Philippa Goslett (esordiente la prima, già co-sceneggiatrice de La ragazza del punk innamorato di John Cameron Mitchell la seconda), i protagonisti Rooney Mara e Joaquin Phoenix si sforzano per portare in scena nel modo più intenso possibile i rispettivi personaggi, fornendo comunque delle interpretazioni degne di nota.
L'aspetto in assoluto più riuscito del film è ad ogni modo quello visivo. Dopo il già citato Lion, il quarantaquattrenne regista australiano conferma le proprie qualità dietro la macchina da presa offrendo molte immagini suggestive e qualche sequenza piuttosto intrigante, come ad esempio quella dell'arrivo a Gerusalemme di Gesù in compagnia dei discepoli. La componente estetica, però, non può da sola risollevare le sorti di un film nel complesso piatto e freddo che, nonostante la scelta di privilegiare la figura di Maria Maddalena, non aggiunge nulla alla precedente produzione legata ai personaggi e ai temi affrontati.
Movieplayer.it
2.5/5