Marco Polo: utopie, figli e battaglie d'Oriente

La seconda stagione dell'imponente produzione Netflix arriva il 1 luglio. In occasione del suo ritorno, ritorniamo sulla Via della Seta per ripercorrere le tappe fondamentali di una grande avventura alla corte del sommo Kublai Khan.

Dagli umidi canali veneziani alle aride steppe mongole, il passo è drastico. Il giovane Marco Polo, orfano dallo spirito avventuriero, vive una doppia rivoluzione nell'arco di poco tempo: scopre il volto di un padre perduto e con lui si avventura lungo la Via della Seta, quel ponte commerciale, pieno di possibilità e pericoli, che congiunge Oriente e Occidente. Qui imparerà subito che essere padri non significa per forza sentirsi genitori: usato da Niccolò Polo come merce di scambio, Marco viene così abbandonato, affidato alla nutrita corte del Gran Khan dei mongoli, uomo autoritario e subito affascinato dalla mente scaltra del giovane italiano.

Marco Polo: Lorenzo Richelmy e Pierfrancesco Favino in una scena
Marco Polo: Lorenzo Richelmy e Pierfrancesco Favino in una scena

Marco Polo parte da un distacco per poi raccontare il sogno di una grande unione, quello di un uomo lungimirante (Kublai Khan) che sogna di abbracciare l'Oriente in un unico impero. Una grande impresa al limite dell'utopia, ma per chi insegna principi cinesi e ospita figli persiani nella sua stessa corte, la differenza è un valore più forte di qualsiasi timore. Un valore da difendere anche con la guerra, un valore a cui lo stesso Polo verrà educato nel corso di una stagione dove avventura, giochi di potere e contrasti umani chiedono allo spettatore tempo e pazienza. Punti fermi di questo Oriente medievale il cui fascino non conosce fretta.

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Elogio della lentezza

Marco Polo: Lorenzo Richelmy durante un momento della serie
Marco Polo: Lorenzo Richelmy durante un momento della serie

Nonostante il titolo si soffermi sul nome del celebre avventuriero veneziano, Marco Polo assume presto la forma di una grande serie corale, dove la visione d'insieme domina l'approfondimento del singolo personaggio. Come all'interno di un'enorme scacchiera, ogni pedina, ogni mossa, viene presentata con ritmi compassati, in nome di quella lentezza tanto amata dai popoli orientali. Sì, perché Marco Polo ci tiene a ricreare questa calma in diversi momenti della serie: prima di una battaglia, durante un addestramento, nel bel mezzo di una conversazione.

Marco Polo: Tom Wu e Benedict Wong in una scena
Marco Polo: Tom Wu e Benedict Wong in una scena

Una rappresentazione riflessiva e volutamente posata, intervallata da duelli molto spettacolari, che potrebbe spazientire qualcuno e ammaliare altri, soprattutto gli amanti di quella cultura orientale dove anche il più piccolo gesto sembra parte di un rituale. Parte di un grande affresco sono invece paesaggi e costumi, assieme ad una cura scenografica maniacale; ulteriore prova di quanto Netflix abbia investito e creduto in questa serie-kolossal, sicuramente non alla portata di tutti, perché chiede allo spettatore lo stesso sforzo a cui è costretto Marco: ambientarsi per capire, osservare per comprendere.

Polo Est

Marco Polo: un'immagine della prima stagione
Marco Polo: un'immagine della prima stagione

Questo ritmo narrativo molto pacato coincide con il vissuto del suo protagonista, un ragazzo catapultato in un mondo non suo, alle prese con un graduale addestramento fisico, ma soprattutto psicologico, accanto ad uno dei personaggi più riusciti della serie, quell'affascinante guru noto come Cento Occhi a cui Netflix ha persino dedicato un episodio spin-off. Intravedendo in Polo il potenziale di una mente brillante, il mentore non vedente insegna all'allievo l'arte del ragionamento, anche laddove altri agirebbero guidati da impulso e istinto. Così emerge un Marco Polo marginale, personaggio-spettatore che se ne sta in disparte ad assorbire, ad imparare, a riflettere sul suo ruolo in quella corte dove serpeggiano invidie e tradimenti.

Marco Polo: Benedict Wong e Lorenzo Richelmy in una scena della serie
Marco Polo: Benedict Wong e Lorenzo Richelmy in una scena della serie

Per quanto la guerra tra Mongoli e Impero Cinese sia il conflitto fondamentale tramandato dalla Storia, Marco Polo preferisce insinuarsi dentro altri contrasti, ovvero tra quelle storie di padri mancati e di figli in perenne attesa alla base di una densa saga familiare. Mentre le sottotrame amorose appaiono forzate, ci intriga davvero questo Polo scisso tra un padre naturale assente e un padre involontariamente adottivo, quel Kublai Khan carismatico, solo apparentemente inscalfibile, ma vittima di dubbi laceranti, anche lui schiacciato dalla pesante eredità di un nonno ingombrante di nome Gengis.

Marco Polo: un'immagine della seconda stagione
Marco Polo: un'immagine della seconda stagione

Di cambiamenti e sacrifici

Marco Polo: Lorenzo Richelmy un'immagine della seconda stagione
Marco Polo: Lorenzo Richelmy un'immagine della seconda stagione

Dopo aver visto quattro puntate della seconda stagione, sembra che Marco Polo voglia accentuare il suo lato avventuroso, rimasto latente nel corso dei primi dieci episodi, per mostrarci un Marco decisamente più padrone di se stesso, pienamente ambientato, con una vaga disillusione in uno sguardo deciso, ormai braccio destro del Khan. Il finale della prima stagione sanciva il culmine di un'ascesa, ma allo stesso tempo era tutt'altro che conciliante; era una promessa di guerra, ancora peggiore di quella contro la Cina, perché infida e intestina. Il sogno globale e globalizzante di un grande impero orientale fa di Kublai Khan un utopista, perché unire tanti popoli diversi senza tradire i valori che ti sei prefissato come guida (lealtà, umanità, rispetto dell'altro) è una fantasia pronta a svanire.

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Marco Polo: Benedict Wong un'immagine della seconda stagione
Marco Polo: Benedict Wong un'immagine della seconda stagione

E infatti, arriva presto il tempo delle scelte difficili e delle azioni drastiche, dove la serie raggiunge finalmente le vette drammatiche promesse da tempo. Succede quando personaggi dall'alto spesso morale si macchiano di atti spregevoli, azioni che trasformano i comandati e gli imperatori in succubi dei loro desideri, come se il potere fosse un debito da pagare con l'onore. Marco Polo, tra padri di ritorno e figli riluttanti, allarga il suo già ampio sguardo, introducendo anche la religione come rischioso terreno di probabili, futuri conflitti. E se siete in trepidante attesa della seconda stagione, significa che siete un pubblico di fede, un pubblico che ha imparato la nobile arte della pazienza. Il Khan dei Khan sarebbe fiero di voi.

Movieplayer.it

3.0/5