Manhunt, la recensione: caccia all’uomo in nome del Presidente

La recensione di Manhunt, la miniserie creata da Monica Beletsky e interpretata da Tobias Menzies, che affronta l'omicidio di Abraham Lincoln dal punto di vista di ciò che accadde dopo, dal 15 marzo su Apple TV+.

Manhunt, la recensione: caccia all’uomo in nome del Presidente

La (recente rispetto a quella europea) storia degli Stati Uniti d'America è sempre stata caratterizzata da svariati attentati ai propri presidenti, alcuni finiti anche in veri e propri assassini, nonostante (o forse proprio perché) si sono sempre fatti baluardo di democrazia e libertà (tra ipocrisie e contraddizioni). Uno dei più celebri - ma non uno dei più rappresentati al cinema e in tv, quel primato spetta all'omicidio di Kennedy - è certamente Abraham Lincoln, anche perché fu il Primo Presidente a venire ucciso e l'avvenimento mise in discussioni le fondamenta di quella confederazione costruita come rappresentante del mondo libero. Torniamo a parlarne in occasione della recensione di Manhunt, la nuova miniserie in sette episodi dal 15 marzo su Apple TV+ con appuntamento settimanale che vuole provare a far luce su uno dei crimini meno compresi della storia, analizzandone più le conseguenze che le cause.

Una trama latitante

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Manhunt: Hamish Linklater è il Presidente Lincoln nella serie Apple TV+

Fin dal titolo, la trama di Manhunt appare chiara: Monica Beletsky (una delle penne dietro Fargo, The Leftovers, Friday Night Lights), basandosi sul libro Manhunt: The 12-Day Chase for Lincoln's Killer di James L. Swanson, bestseller del New York Times e vincitore del premio Edgar, parte proprio dall'assassinio di Abraham Lincoln andando avanti e indietro su pochi giorni, ore, minuti prima dell'attentato riuscito, alla caccia all'uomo messa immediatamente in piedi nei confronti di John Wilkes Booth, celebre attore teatrale che eseguì un omicidio profondamente scenografico per poi fuggire nella notte. Le due figure storiche sono qui interpretate rispettivamente da un'incredibile e trasformista, anche nella postura e nell'accento, Hamish Linklater (Midnight Mass) e da un ottimo Anthony Boyle, che potete ammirare parallelamente sulla piattaforma anche in Masters of the Air oltre che nel film Tetris. Il protagonista della serie però è il Segretario di Stato Edwin Stanton, a cui presta corpo e voce Tobias Menzies - già apprezzatissimo come figura storica nei panni del Principe Filippo in The Crown oltre che Bruto in Roma, e ancora ne Il Trono di Spade e Outlander - e dal cui punto di vista inedito viviamo tutte le ore, i giorni, i mesi immediatamente successivi alla tragedia.

Un punto di vista inedito

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Manhunt: Tobias Menzies in una foto della serie

Manhunt - da non confondere con l'omonima serie antologica del 2017 che in due stagioni aveva affrontato la caccia all'uomo di Unabomber e dell'Olympic Park Bomber - vuole raccontare quindi le cause e le conseguenze di quel primo fatto sanguinolento che sconvolse gli Stati Uniti, concentrandosi però principalmente sul dopo piuttosto che sul prima. Le somiglianze tra i due show però non si fermano qui dato che Monica Beletsky trasforma un fatto storico in una miniserie true crime, un genere come sappiamo molto in voga oggi, riuscendo quindi a cogliere il trend del presente dell'audiovisivo e trasportarlo nel passato. Inizia quindi una vera e propria caccia all'uomo, mentre parallelamente John Wilkes Booth tenta di fuggire in tutti i modi alla Legge, recuperando favori da amici e conoscenti in giro per la nazione; arriviamo così al processo che calamitò l'attenzione dell'opinione pubblica e che riempì le prime pagine della storia americana.

Storia tra due fronti

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Manhunt: Anthony Boyle è John Wilkes Booth durante l'assassinio

La storia vera e la caccia all'uomo sono l'occasione per gli autori e i registi - tra cui Carl Franklin (Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer, Qualcuno sta per morire, Il diavolo in blu) dietro la macchina da presa nei primi due episodi - per riflettere sul doppio volto dell'America di ieri come di oggi, sulla presidenza Lincoln, che fu il 16° Comandante in Capo dal 1861 fino alla sua morte, avvenuta quattro anni dopo. Durante il suo mandato è entrato nella Storia non tanto e non solo per la vittoria nella Guerra di Secessione, riuscendo a mantenere uniti gli Stati dell'Unione e rafforzando il governo federale, con la modernizzazione dell'economia americana.

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Manhunt: una foto dei protagonisti della serie prodotta per Apple TV+

Ma soprattutto perché al centro del suo programma politico, alla rielezione del '64, mise quel Tredicesimo emendamento alla Costituzione che, approvato un anno dopo, porterà all'abolizione della schiavitù in tutta l'Unione Americana. Uno degli argomenti caldi della miniserie e del vero caso di cronaca storico, perché anche durante il processo vennero chiamati a testimoniare alcuni ex schiavi, la cui parola dovette essere corroborata per il pensiero dell'opinione pubblica ancora legato al vecchio sistema. Questi ultimi erano la servitù del vice presidente Andrew Johnson e del Segretario di Stato William H. Seward, il cui attentato alla vita avvenne quasi parallelamente all'assassinio del Presidente, per mano di Lewis Powell, David Herold e George Atzerodt, anche si tratta della parte meno conosciuta della storia. Tutto faceva parte di una grande cospirazione vera e propria con l'obiettivo di indebolire l'Unione.

Un cast... presidenziale

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Manhunt: Tobias Menzies in uno scatto della serie

Tobias Menzies ben interpreta lo spirito generale, il rischio e paura di perdere ciò che avevano costruito come nazione e il mettere in discussione le proprie convinzioni a livello umano e non solo politico. L'attore guida solidamente un cast variegato e sorprendente composto da volti noti della serialità come Will Harrison (Daisy Jones & The Six), Brandon Flynn (Tredici) che è il figlio di Stanton, Patton Oswalt (A.P. Bio, Agents of SHIELD, United States of Tara) nel ruolo della spia Lafayette Baker, Matt Walsh (Veep) nei panni del cospiratore Mudd, Josh Stewart (Dirt, The Punisher) e Josh Bowman (Revenge), e ancora Lili Taylor nei panni della moglie di Lincoln e Anne Dudek come consorte di Stanton. Ci sembra quasi superfluo dire che la ricostruzione storica anche a livello visivo è puntuale e curata e che si respira fin dalle prime battute una qualità produttiva medio-alta oramai marchio di fabbrica Apple TV+.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Manhunt confermando non solo l’impegno produttivo oramai rodato di Apple TV+ ma anche l’interessante punto di vista inedito sull’assassinio di Lincoln (un grande Hamish Linklater), già visto al cinema e in tv ma qui raccontato attraverso la caccia all’uomo del suo assassino (un guardingo Anthony Boyle) messa in atto dal Segretario di Stato interpretato da Tobias Menzies nel periodo immediatamente successivo all’omicidio. L’attore si conferma oramai un ottimo interprete di figure storiche, guidando un cast azzeccato e una riflessione più che mai attuale sulle contraddizioni e l’ipocrisia degli Stati Uniti d’America.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Tobias Menzies regge bene sulle proprie spalle la miniserie e gli altri interpreti.
  • Hamish Linklater dimostra ancora una volta il proprio talento e trasformismo come Lincoln.
  • John Wilkes Booth è un’omicida profondamente teatrale.
  • L’analisi della storia americana e la riflessione sull’abolizione della schiavitù.

Cosa non va

  • Il ritmo a volte potrebbe risultare compassato.
  • La storyline cospirativa può essere un po’ farraginosa e ridondante da seguire.