Macbeth, recensione: dalla Scozia con suono e furore

La recensione di Macbeth, adattamento del 2021 della tragedia shakespeariana con cui Joel Coen passa alla regia in solitario.

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Macbeth: Denzel Washington e Frances McDormand

C'è un filo di malinconia nell'aria mentre scriviamo questa recensione di Macbeth, l'adattamento del 2021 che arriva su Apple TV+ dopo essere stato presentato in alcuni festival, con annessa uscita limitata negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi (chi scrive l'ha visto in sala in Austria subito prima di Natale). Malinconia perché, per la prima volta dal 2004, nei credits appare solo il nome di Joel Coen, e questa volta non per motivi contrattuali: se in precedenza c'era di mezzo il regolamento del sindacato dei registi (per avere più di un nome occorre che si tratti di un duo consolidato), a questo giro è perché Ethan Coen, l'altra metà del cosiddetto "regista a due teste", ha deciso di ritirarsi dal cinema, portando a una rottura artistica che si poteva percepire già prima dell'annuncio ufficiale, quando nel 2019 i due fratelli parteciparono a delle masterclass festivaliere ma sempre ognuno per conto proprio. E per la sua prima prova registica in solitario, Joel ha deciso di cimentarsi con materiale abbastanza impegnativo: uno dei testi più noti di Shakespeare, al quale egli si avvicina con fare sottilmente filologico - in originale, il titolo del film è The Tragedy of Macbeth, l'appellativo completo che molti tendono a ridurre al solo nome del protagonista/antagonista.

Follie in quel di Scozia

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Macbeth: una scena dell'adattamento firmato da Joel Coen

La storia di Macbeth è quella conosciamo, del nobile scozzese (Denzel Washington) che, come ricompensa per il suo valore in battaglia, si ritrova con un titolo in più, il cui precedente proprietario si è macchiato di alto tradimento nei confronti del re Duncan (Brendan Gleeson). Solo che tre donne misteriose (Kathryn Hunter) hanno profetizzato che egli un giorno sarà anche il sovrano dell'intera Scozia, e la cosa comincia a dargli alla testa, anche grazie all'intervento dell'ambiziosa e brutale consorte (Frances McDormand). Inizia così un circolo vizioso di follia e sangue, che metterà a repentaglio gli equilibri di potere della nazione e la salute, fisica e mentale, di molti dei partecipanti, a cominciare dallo stesso Macbeth che, in preda a ogni paranoia, non sa più di chi fidarsi. Ma anche da altre parti del regno ci sono dubbi sulla sua capacità di regnare, e può essere una questione di poco tempo prima che la situazione degeneri in modo irreversibile. E poi domani, e poi domani, e poi domani...

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Alleanza scritta nelle stelle

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Macbeth: una foto dal set

Perché un altro adattamento cinematografico del Macbeth shakespeariano, si sono chiesti alcuni (trascurando il fatto che a teatro è consuetudine realizzare versioni diverse a cadenza quasi annuale). La risposta sta nella compatibilità tra testo e regista: noti per i loro dialoghi caratteristici, i fratelli Coen, quando hanno fatto delle trasposizioni dirette di opere di terzi (vedi alle voci Non è un paese per vecchi e Il grinta), hanno sempre lavorato a partire da fonti che, per toni, atmosfere e linguaggio, sembravano già uscite dalla loro fantasia. E così è anche con il dramma scozzese, se visto in lingua originale (cosa che Apple consente molto agevolmente): la lingua del Bardo, nella trasposizione di Joel Coen, ha una naturalezza unita a qualità surreale che non ne evidenzia mai la presunta patina arcaizzante, dando alle conversazioni un'energia smaccatamente moderna. A questo contribuiscono anche le interpretazioni degli attori: ciascuno affronta il testo con la propria voce senza darsi a dizioni eccessivamente teatrali, con deliziosi contrasti fra elementi come i toni americani e spavaldi di Washington e quelli più stanchi, riconoscibilmente irlandesi, di Gleeson (molto interessante anche il lavoro fatto sulle streghe, con un effetto che è letteralmente uno e trino).

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Macbeth: un'immagine del film

Ma c'è anche il fattore squisitamente cinematografico, con Coen che, armato di una squadra di formidabili collaboratori (tra cui il direttore della fotografia Bruno Delbonnel e il compositore Carter Burwell), crea un mondo volutamente finto, artefatto e rarefatto: girato interamente in teatri di posa, con banchi di nebbia fittizia a rendere il clima caledonico in un ambiente che della terra di Macbeth non ha nulla, il film è al contempo molto teatrale, con scenografie limitate e un'attenzione alla performance catturata in agonizzanti primi piani, e tutt'altro che uno spettacolo filmato, grazie alla fotografia in bianco e nero che, unita all'apparato visivo spartano, si rifà all'espressionismo tedesco per accentuare la componente horror del testo. Un gabinetto del dottor Caligari dove la follia regna ancora più sovrana, in quanto mossa da forze esterne molto vere.

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Macbeth: Denzel Washington in una sequenza

C'è un che di simbolico nella scelta della tragedia del Bardo come prima opera in solitario per Joel Coen, che forse a un certo punto si sarà riconosciuto nella figura di Macbeth, in particolare nel fatidico momento del soliloquio sul domani, un discorso fatalista portato avanti da uno che non può più contare sulla persona che fino a pochi istanti prima era imprescindibile per l'esito positivo di ogni impresa. Ma se per il folle usurpatore la speranza finisce presto, per il regista questo lungometraggio atipico ma non troppo è l'ennesima conferma di un talento che, anche senza il supporto fraterno, è libero di esprimersi pienamente, con suoni e furori, regalandoci un contenuto e insieme vertiginoso viaggio all'interno della psiche umana. Un viaggio fuori dal tempo, che in questa veste acquista un'accezione universale e al contempo deliziosamente moderna. Prossima fermata, per chi sta scorrendo i menù delle piattaforme: Dunsinane.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Macbeth sottolineando come si tratti di un'epica ed intima trasposizione a cura di Joel Coen (questa volta da solo come regista), che arricchisce il catalogo di Apple TV+.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Denzel Washington e Frances McDormand sono fenomenali.
  • La lingua di Shakespeare è recitata con afflato moderno.
  • Lo stile minimalista accresce l'aura surreale del testo.
  • L'assenza di Ethan Coen non si fa percepire.

Cosa non va

  • Peccato non poterlo vedere al cinema in Italia.