Uno (tra i tanti) cambiamenti che hanno interessato l'uso del mezzo cinematografico dai primi anni del '900 ai primi anni del Duemila è quella riguardante il rapporto con la verità. Per quanto il termine "verità" sia, ca va sans dire, di complessa o, impossibile, definizione. Banalmente possiamo dire che il cinema è passato dall'essere adoperato per veicolare ad essere adoperato per contraddire.
Un'evoluzione a volte scontata, ma invece molto significativa, perché gli ha permesso di ricollocarsi all'interno del contesto o, meglio, dei contesti sociali. Una delle cose più interessanti su cui riflette M. Il figlio del Secolo (per chi scrive la più interessante) è proprio questa: un riposizionamento dell'occhio che filma.
Mussolini e il cinema
Non si tratta di un'intuizione fortuita o di un elemento accessorio, ma di un pensiero di scrittura cinematografica, che sfrutta benissimo l'idea di distruzione della quarta parete del romanzo di Scurati per creare un discorso meta e non solo uno sbocco provocatorio e dissacrante per la prova di Luca Marinelli. E questo M. Il figlio del Secolo ce lo dice fin da subito andando a recuperare per le battute iniziali proprio quel cinema di secolo scorso con lo scopo di ribaltarlo.
Sotto i regimi l'utilizzo del linguaggio audiovisivo ruotava intorno solamente a fini propagandistici (questo valeva per ogni caso, non solo per quelli del Vecchio Continente), al punto che ogni inquadratura, sequenza e storia era pensata per esaltare il potere e costruire intorno ai suoi esponenti principali una mitologia. Montare una verità alterando la realtà, approfittando anche della ineducazione della massa, che non aveva minimamente le capacità per leggere l'immagine filmica.
Mussolini stesso dichiarò il cinema "l'arma più forte dello stato" prima ancora della fondazione de l'Unione Cinematografica Educativa (più conosciuta come Istituto Luce) e non è un caso che la Coppa Mussolini, antesignano del Leone d'oro, fu il più antico riconoscimento cinematografico istituito dopo il Premio Oscar. C'è stato sempre un legame profondo, insomma, tra dittatura e cinema, anche a livello di qualità filmica, dato che sia in Italia, con Alessandro Blasetti e Mario Camerini, e sia in Germania, con Leni Riefenstahl, sono state prodotte pellicole che tutt'ora vengono studiate.
Joe Wright, come tutti coloro che vivono all'interno del mondo della Settima Arte, ne è pienamente consapevole e su ciò decide di fare un discorso praticamente tecnico. Da qui deriva la sua scelta di fare della serie un cortocircuito innescato da un incipit con immagini d'archivio di epoca fascista proposte con l'accompagnamento del voice over di Mussolini / Marinelli, il quale immediatamente ne altera il senso, creando una fusione quasi futurista. Il presente che interviene sul passato tramite un terreno al di fuori del tempo storico. La magia del cinema.
M. Il figlio del secolo sta tutto nella posizione della camera da presa
Tutto parte dalla posizione della camera. In M. Il figlio del secolo sta appiccicata a Mussolini / Marinelli perché essa ha il compito di mettere in dubbio la sua figura durante un processo di costruzione costante in cui il protagonista deve dar vita alla sua mitologia. Essenziale per i suoi intenti, che prima di essere politici sono proprio letterari. Non può esistere un dittatore se non c'è una letteratura che lo sostenga.
La camera ci racconta il Mussolini / Marinelli davanti e dietro il palcoscenico, avendo cura di presentarci tutte le sue insicurezze di fronte a coloro che sono stati uomini mitologici prima di lui (uomini come Gabriele D'Annunzio), ma anche tutte le piccole regole che si è dato per arrivare a prevaricarli, prendendone il posto e, anzi, mettendoli in ombra. Una narrazione controintuitiva come quella in cui si narra di un'ascesa avendo come primo obiettivo quello di smontarla.
In questo la serie esagera volutamente nei toni, sfociando nella satira e nel grottesco, e talvolta si può registrare anche qualche goffaggine, che però riscontriamo nella deriva sincopata del ritmo o, paradossalmente, proprio quando ci si avventura in un approfondimento umano del protagonista. In quei rari momenti in cui ci può essere un'identificazione. Cosa che invece, per motivi di posizioni linguistiche prese a monte, non è proprio possibile.
M. Il figlio del secolo è una serie che parte dal ribaltamento dell'uso tradizionale del mezzo cinematografico in epoca fascista e quindi la macchina da presa può essere solamente usata come l'occhio rivelatore del farsesco dietro l'uomo mitologico. Un rovesciamento totale in cui non si esalta, ma si obietta, in cui non si nasconde, ma si svela. In questo caso si svelano tutte le idiosincrasie intorno alla figura e alla vicenda di Mussolini e, con essa, credenze e opposizioni intorno al movimento e al pensiero fascista. Ancora, la magia del cinema.