Passo felpato, faccia da schiaffi e agilità invidiabile. Con la nonchalance tipica dei grandi furfanti, un certo Lupin III si è intrufolato nella giovinezza di milioni di persone, ha rubato la loro incondizionata stima e se l'è messa in cassaforte. La nostra ammirazione è al sicuro, chiusa a doppia mandata nel caveau dell'incorreggibile Lupin. Le sue gesta hanno attraversato il tempo sotto forma di filastrocca familiare, ricordandoci di continuo che sempre pronto all'avventura lui è e che un tesoro al sicuro non è qualora il nostro sia nei dintorni.
Nato nel 1967 dalla felice intuizione del mangaka Monkey Punch (pseudonimo di Kazuhiko Katō), Lupin III ha truffato il passare del tempo infiltrandosi dentro medium diversi, muovendosi con agilità tra fumetti, animazione televisiva, cinema e videogame. Il tutto senza snaturarsi mai. Sempre dando libero sfogo al suo spirito vitale, beffardo, ottimista. Sfuggente genio del crimine, Lupin è molto più di un ladro a cui è impossibile non volere bene, ma un personaggio invidiabile grazie alla sua grande fame di avventura. Davanti a qualcosa di nuovo, Lupin non ha paura, ma si lancia a capofitto, mosso dalla sua instancabile curiosità quasi fanciullesca. Per questo siamo certi che non avrà paura nemmeno ora, prima di un nuovo salto sul grande schermo con una veste inedita.
Sì, perché il prossimo 27 febbraio il nostro criminale dal cuore d'oro tornerà al cinema con Lupin III - The First, primo film d'animazione realizzato in computer grafica dedicato al dinoccolato figliolo di Monkey Punch. Padre artistico che purtroppo non ha visto il progetto prendere vita, ma qualche anno fa diede il suo benestare con grande entusiasmo e curiosità. Le stesse molle che hanno sempre ispirato Lupin. Oggi, in occasione dell'arrivo in sala di Lupin III - The First cerchiamo di capire cosa renda intatto il fascino di un'icona assoluta, e perché la nostra stima sia ormai chiusa in cassaforte a doppia mandata.
Lupin III compie 50 anni, lunga vita all'incorreggibile ladro gentiluomo!
Fascino antico
C'è qualcosa di primitivo nello charme di Lupin. Qualcosa che arriva da molto lontano. Magari dalla Francia di inizio Novecento. Il lignaggio di Lupin III non è un segreto. La sua discendenza è sempre stata lampante, legato com'è al suo avo Arsenio Lupin, affascinante personaggio letterario nato dalla penna dello scrittore francese Maurice Leblanc. Il primo, storico Lupin, fece la sua prima apparizione nel 1905 e da allora si impose come risposta "ironica" all'imperante successo dello Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Ladro gentiluomo dallo humor sardonico e amante della bella vita, Arsenio Lupin ha dato voce a uno spirito alquanto dissacrante e disinibito in cui il pubblico si è specchiato con estrema facilità. L'archetipo del ladro tutt'altro che crudele e dotato di una morale tutta sua è stato forgiato da Robin Hood e portato avanti da altre icone come Diabolik, ma nessuno lo ha reso attuale ed eterno come Lupin. L'idea di beffare la legge, di fregare il sistema con estrema disinvoltura, di vivere nell'illegalità con stile sono doti invidiabili e di facile presa su lettori e spettatori. Ecco come Lupin (primo o terzo che sia) non ha fatto altro che alimentare un archetipo narrativo ben radicato nell'immaginario collettivo.
Lo spirito incorreggibile
Non il bottino ma la sfida. Non il guadagno ma l'avventura che conduce al diamante da rubare. È questa la sottile e sostanziale differenza che distingue Lupin III da qualsiasi altro ladro professionista. La grandezza di Lupin risiede nella sua personale percezione del furto: non una semplice (e volgare) fonte di guadagno ma la ghiotta occasione per mettersi alla prova. Per Lupin ogni colpa è una sfida intellettuale, la possibilità di mettersi alla prova nell'ingegno, lo stuzzicante stimolo per migliorarsi come uomo prima che come ladro. La sua è un'etica personale totalmente priva di cattiveria fine a se stessa. Lupin non ruba mai per fare del male, perché è un personaggio sempre costruttivo e mai distruttivo. E così ecco arrivare stimolanti pianificazioni studiate nei minimi dettagli, travestimenti e trabocchetti ben congegnati. Ecco, per il nostro incorreggibile Lupin ogni colpo è un'ottima scusa per alzare l'asticella e studiare nuove strategie che ne solletichino la materia grigia. In perfetto equilibrio tra ragionamento e istinto (burlone e bonario), Lupin si è fatto amare proprio per il suo essere esemplare nonostante agisca lontano dalla legge. Un personaggio più complesso di quanto voglia apparire ai nostri occhi, che ha avuto il grande merito di farci dimenticare la solita dicotomia tra Bene e per Male, per ricordarci che spesso è più importante saper distinguere tra Giusto e Sbagliato.
La forza della banda
È come guardare da vicino un enorme diamante scintillante. È facile rimanere accecati da tanta brillantezza quando pensi a Lupin. Un abbaglio che rischia di renderci ciechi e ingrati nei confronti di tre personaggi (o meglio, quattro) tutt'altro che marginali e secondari. Ovviamente stiamo parlando di Jigen, Goemon e Fujiko (o Margot, se preferite), tre fidate spalle sulle quali Lupin ha sempre potuto contare (ecco, su l'imprevedibile Fujiko un po' meno). Se le avventure di Lupin ci hanno appassionato così tanto è anche grazie alla forza del gruppo, a quel forte senso di appartenenza a una banda così ben caratterizzata da fornire al pubblico almeno un personaggio per cui tifare. Gli autori di Lupin non si sono mai accontentarti di un protagonista così carismatico. E così hanno deciso di prendere tre stereotipi (il killer silenzioso, il samurai irreprensibile e la famme fatale) e amalgamarli a meraviglia. Laddove Jigen, ovvero il killer riluttante che sembra uscito dal più classico dei noir, impone il suo essere sarcastico e scostante, il taciturno Goemon incarna il tipico samurai irreprensibile e incorruttibile, fedele alla sua amata katana e sempre pronto al sacrificio. Laddove le due spalle maschili sono sempre stati fedeli a se stesse e irreprensibili, Fujiko funge da scheggia impazzita, personaggio sfuggente e indecifrabile che approfitta del grande punto debole di Lupin (l'amore per le belle donne) per truffare il truffatore. Nonostante le differenze, però, la banda di Lupin si ritrova in un grande punto in comune: l'amore per l'azione.
Pragmatici e devoti all'avventura, Jigen, Goemon, Fujiko e Lupin sono dotati di grande audacia, si riconoscono nel loro piccolo branco e sono sempre dalla stessa parte. A qualsiasi costo. Qualunque sia la posta in gioco. Un amalgama di caratteri complementari che non smette di essere invidiato (e invidiabile). Senza dimenticare il mitico Zenigata, l'infaticabile ispettore che non smette di rincorrere le sue chimere, nel vano tentativo di acciuffare Lupin. Un "nemico" diventato talmente frustrato da ispirare persino tenerezza e simpatia.
Sperimentazioni animate
Dal 1967 al 2020. Un balzo lungo più di cinquant'anni non può che fare rima con evoluzione. Un processo in divenire che ha toccato anche l'animazione, il tratto e il disegno con cui Lupin ha preso vita sul grande e piccolo schermo. Se la serie televisiva (prodotta negli anni Settanta e messa in onda negli anni Ottanta qui Italia) ha dato vita a un cartoon colorato e sgargiante, il cui il character design propendeva verso un grottesco quasi caricaturale, nel 1978 quella perla assoluta di Lupin III - Il castello di Cagliostro rimescola le carte in tavola proponendo un tratto più realistico e una cura maniacale in ogni aspetto della messa in scena. D'altronde da un film animato diretto da un certo Hayao Miyazaki non poteva essere meno che perfetto nel dare a Lupin III un'incarnazione assolutamente perfetta e amatissima dai fan.
Negli anni Lupin è cambiato tante volte senza snaturarsi mai e adesso, con Lupin III - The First arriva un ulteriore passo in avanti verso una sperimentazione animata voluta dallo stesso Monkey Punch. Prima di morire, il maestro non ha mai nascosto la volontà di vedere il suo Lupin in 3D e questo nuovo film sembra davvero un regalo postumo. Lupin III - The First sarà infatti il primo lungometraggio in animazione 3DCG della saga. Un esperimento in cui la tecnologia non vuole fare altro che sottolineare movenze ed espressività dei personaggi, senza perdere il calore del disegno tradizionale. Un esperimento che, ne siamo certi, piacerebbe anche allo stesso Lupin. Amante delle sfide ancor prima che dei ricchi bottini. E noi gli vogliamo bene proprio per questo.