Una figura mitologica, legata al folkore, tanto affascinante quanto inquietante nell'elaborazione leggendaria. Il mito del licantropo, o se volete del lupo mannaro, ha imperversato fin dal Medioevo, rivedendo la figura del lupo - centrale nell'Antica Roma e nell'Antica Grecia - sotto forma di inquietante essere che, con la luna piena, muta forma prendendo quelle di un rabbioso canide.
Pelo crespo, occhi gialli, denti aguzzi: la licantropia, che si rivelerà poi una rarissima condizione mentale molto vicina al delirio (tra l'Ottocento e gli inizi del Novecento poco diagnosticata, e quindi agganciata alle credenze popolari), ha dato adito a storie che, nel corso dei secoli, si sono accavallate ampliando letteratura, narrativa e, ovviamente, rimpinzando a dovere il cinema horror. Ultimo in ordine d'arrivo sul grande schermo, il film di Leigh Whannell prodotto da Jason Blum, ovvero Wolf Man, al cinema con Universal Pictures dal 16 gennaio.
Ululare alla luna: il cinema dei lupi mannari
Wolf Man, con Christopher Abbott e Julia Garner, è il reboot de L'uomo lupo del 1941, uno dei primi film a trattare il tema della licantropia, mettendo al centro dello show uno spaventoso lupo mannaro. Quel film, diretto da George Waggner, con Lon Chaney Jr. nel ruolo del protagonista, rientra nel ciclo dei Mostri della Universal (di cui fanno parte La Mummia, Dracula, L'uomo invisibile...), segnando un momento spartiacque nel genere horror, anche grazie al trucco di Jack Pierce (vero e proprio avanguardista del make up), capace rendere Chaney Jr. un perfetto uomo lupo.
Da lì in poi Hollywood ha continuato ad insistere sulle trasformazioni, rendendo ancora più epica la figura mitologica. Basti pensare a Fred F. Sears, che nel 1956 ha diretto Il mostro della California, horror sci-fi che che rifletteva sul senso di vittima e di carnefice. Ben altri toni, e una trasformazione tra le più spaventose, ne L'implacabile condanna del 1961, e firmato da Terence Fisher, con Oliver Reed affetto dalla maledizione: all'uscita in sala il film fu censurato, e poi rilasciato nella versione integrale grazie all'edizione home-video.
I licantropi degli anni Ottanta
Saranno poi gli anni Ottanta a rafforzare l'iconicità del lupo mannaro, anche grazie ai progressi tecnologici e all'uso degli effetti speciali. Non possiamo non pensare a Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis. Celeberrima la trasformazione di David Naughton in un pelosissimo lupo: talmente credibile che il film, che poi ispirerà l'altro leggendario lupo mannaro di Landis, ossia Michael Jackson nel videoclip di Thriller, vincerà l'Oscar per miglior trucco. Analogico, artigianale e irresistibile poi L'ululato di Joe Dante, sexy horror con Dee Wallace e Christopher Stone, primo di una saga di ben sette film.
Curioso inoltre il caso di In compagnia dei lupi di Neil Jordan, direttamente ispirato alle leggende sui lupi mannari di Angela Carter: girato low budget, vennero utilizzati veri lupi sul set, affiancanti però da un gruppo di pastori belga. Coming-of-age vestito da commedia fantasy è un altro cult, Voglia di vincere: Rod Daniel riflette sull'adolescenza attraverso un ragazzo, Marty, che scopre di essere un lupo mannaro. Protagonista, un peloso Michael J. Fox. Emblema del trucco prostetico è stato invece il licantropo di Unico indizio la luna piena di Daniel Attias, tratto dal romanzo di Stephen King.
A proposito di mutazioni, convincente, spaventosa e mai tanto drammatica quella di Jack Nicholson in Wolf - La beve è fuori del 1994, e diretto da Mike Nichols. Un'interpretazione memorabile quella di Nicholson, anche grazie ad un trucco poco invasivo ma assolutamente convincente e realistico.
Le trasformazioni cinematografiche: l'arrivo del digitale
Con l'avvento del digitale, poi, le regole sono cambiate: gli effetti visivi hanno preso il posto del make up. Come nel caso de L'ora del licantropo, b-movie del 2008 con Nina Dobrev, in cui il lupo mannaro era ricreato digitalmente grazie alla computer graphic. Embrionale, ma pur sempre stupefacente all'epoca. Tuttavia, il vero punto di svolta arriva nel 2010 con The Twilight Saga: New Moon. Il licantropo Jacob Black, interpretato da Taylor Lautner, generato in CGI, ha fatto lievitare i costi di produzione, per una resa grafica ancora oggi sorprendente. Il licantropo Jacob, come sappiamo rivale di Edward Cullen, ritorna poi nell'ulti capitolo della saga, ossia The Twilight Saga: Eclipse del 2010.
Sempre nel 2010, la mitologia cinematografica del licantropo si è (ri)accesa grazie a Joe Johnston con Wolfman, remake del capostipite del 1941. Nella parte di Lawrence Talbot, già comparso nel filone della Universal nel 1935 con Il segreto del Tibet, troviamo Benicio del Toro. Per l'occasione, fondendo digitale ad artigianalità, la trasformazione è valsa al film l'Oscar per miglior trucco. Infine, a dimostrazione di quanto la saga Universal abbia influenzato il cinema horror, non possiamo non citare lo splendido lupo mannaro di Gael García Bernal nel mediometraggio Marvel Licantropus di Michael Giacchino: un omaggio ai mostri anni Trenta, ancora vividi, pulsanti e, decisamente, ululanti.