Le streghe sono tornate! O almeno stanno per farlo, su Netflix dal 31 gennaio in una nuova serie, la terza prodotta dal colosso dello streaming nel nostro paese, che racconta il periodo della loro persecuzione avvenuta nel XVII secolo. Luna nera è un progetto portato avanti per la piattaforma da Fandango e tratto dal romanzo Le città perdute. Luna Nera di Tiziana Triana, presente alla conferenza romana di presentazione insieme alle tre registe, Francesco Comencini, Susanna Nicchiarelli e Paola Randi, ai produttori e a gran parte del cast di interpreti guidato dalla giovane protagonista Antonia Fotaras.
È infatti dal suo personaggio, la sedicenne Ade, che prende il via una storia di Luna Nera: la ragazza è una levatrice accusata di stregoneria alla morte di un neonato, che trova rifugio in una comunità di donne nascosta nei boschi ai margini del paese. Una ragazza divisa tra l'amore adolescenziale per Pietro, membro della famiglia Benandanti, dei cacciatori di streghe, e il compiere il proprio destino e soddisfare quei poteri che sente crescere dentro di sé, enfatizzando quel "divario tra scienza e superstizione" di cui si è parlato anche alla presentazione romana.
Luna nera, tra sfida e meriti
Una parola è venuta fuori più volte in apertura dell'incontro romano: sfida. Ne hanno parlato Domenico Procacci e gli altri produttori e non facciamo fatica a comprendere l'impegno e il rischio produttivo di un'operazione del genere. In primo luogo perché si tratta di un ritorno a un racconto di genere, sul quale il nostro paese aveva una grande tradizione ma messa da parte da molto tempo, per quegli "elementi narrativi interessanti presenti nella nostra storia per i quali siamo anche saccheggiati" e per "l'uso del fantasy per riscrivere la storia"; in secondo luogo per la scelta di enfatizzare la componente femminile, e femminista, già presente nella costruzione narrativa con cast e maestranze composte in buona parte da donne.
"Di queste donne che raccontiamo" hanno spiegato le sceneggiatrici che hanno immaginato i personaggi basandosi su quanto scritto e ricercato da Tiziana Triana nel suo romanzo, "sappiamo pochissimo. Di loro ci rimangono storie scritte da uomini, confessioni estorte con la tortura. Il fantasy ci ha permesso di dar loro una voce e indagare chi fossero realmente. Di restituire loro dei poteri." Un racconto che è stato sfida perché fuori da quel range di storie in cui il sistema produttivo le obbliga a lavorare, lasciando che l'elemento fantastico si sviluppasse progressivamente nel corso di una stagione che racconta una storia che si differenzia da quella del romanzo. Lo ha confermato Tiziana Triana: "romanzo e serie si differenziano su più linee, ma i temi sono vicini e l'idea è di ridare visibilità a un nostro patrimonio italiano."
Tre donne al potere
Tre donne hanno diretto il set di Luna nera, le tre registe che hanno condotto l'azione preoccupandosi di bilanciare la componente storica con quella fantastica. "Il punto di partenza per l'equilibrio tra realismo e fantasy" ha spiegato Francesca Comencini, "è stato di pensare che non c'è niente di più magico della realtà e nulla di più reale della magia", nel capire come la magia potesse emergere tra le pieghe di una realtà potere, oltre a consentire un riscatto, per "non vedere queste donne come delle vittime". Un obbiettivo raggiunto con grande collaborazione tra loro, con la Comencini a dettare l'impostazione, ma richiedendo che le colleghe portassero la propria chiave di lettura personale, senza uniformarsi rinunciando alle proprie idee.
Un punto importante sottolineato dalle autrici è come la visione femminile non fosse a discapito dell'inclusività, sottolineando l'apporto di diversi uomini di talento al prodotto finale, come il direttore della fotografia Valerio Azzali. Un punto importante per una serie che affronta la persecuzione delle streghe come allegoria per temi moderni come la paura del diverso e la ricerca di un capro espiatorio. Non è un caso se la figura della strega torni periodicamente di moda, perché sono "donne ribelli" ha spiegato la Comencini, "libere e forti, che hanno qualcosa che sfugge alla retorica di ciò che ci si aspetta da una donna. Possono essere donne anziane, che non piacciono, che non hanno un uomo accanto e non fanno un passo indietro" ha detto la regista richiamando la recente polemica sanremese.
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Ade e le altre
Punto di partenza di questo ragionamento è la protagonista Ade, che la sua interprete Antonia Fotaras racconta così: "è un'adolescente e quindi alla ricerca di se stessa in un mondo in cui le viene impedito. Si sente una strega, un mostro, viene accolta da una comunità di donne, ma anche lì non riesce a essere se stessa. Vorrebbe solo vivere una vita normale." Un personaggio circondato da altre figure femminili tutte diverse tra loro, "che la fanno guardare dentro se stessa", in cui la magia è sempre "concreta e connessa all'umano" e grazie alle quali si sottolinea come "avere un talento può essere un superpotere": una dopo l'altra parlano tutte le attrici intervenute, da Manuela Mandracchia a Lucrezia Guidone e Barbara Ronchi, e con le loro parole compongono il puzzle di una femminilità forte e variegata, per età, aspetto e attitudine. È uno dei grandi meriti della nuova serie Netflix, che si è presa anche l'ulteriore rischio di dar spazio a ben sette debuttanti.
La controparte maschile
Sul versante maschile troviamo per lo più i loro antagonisti, ovvero i Benandanti, la famiglia di cacciatori di streghe guidati dal Sante di Giandomenico Cupaiuolo, con la principale eccezione del figlio Pietro che vive quel mondo pur sentendosene lontano: "è un uomo di scienza" racconta il suo interprete Giorgio Belli "ha studiato a Roma per essere un innovatore, ma scopre che le persone contro cui lotta sono i suoi familiari. È uno scienziato, ma è anche un adolescente e ha le sue difficoltà nel crescere come tutti i ragazzi." Attraverso di loro si completa il discorso impostato dalla serie, perché sottolineano come "si combatte il diverso perché non si conosce, si ha paura perché si è ignoranti" come spiega Cupaiuolo al quale fa eco Gloria Carovana, l'unica donna della famiglia: "la paura è la risposta animale e istintiva che emerge quando c'è qualcosa di grande che non conosciamo, che spesso si accompagna all'aggressività. Un istinto che si può combattere attraverso la conoscenza."